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L’ERESIA IN MEDICINA

Il dottor Ignazio Filippo Semmelweis e “l’eresia” in Medicina: riflessioni e considerazioni del dott. Tommaso De Chirico

Ho sempre amato la Storia perché, condividendo il pensiero di Giambattista Vico, ritengo che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole.Infatti, la Storia, che è Maestra di Vita ci racconta la verità in modo reale, affinché l’uomo apprenda a non ricadere negli stessi errori.

Personalmente, valuto insufficiente la preparazione degli studenti nella Scuola dell’obbligo allo studio dei temi storici, e scarso l’interesse mostrato dai saggisti e dai mass media, perché la società, velocemente più protesa al futuro che al passato, tende a dare sempre meno importanza ad argomenti non più attuali; purtroppo, se è vero che il livello di civiltà di un popolo, in ogni spazio e in ogni tempo, è proporzionale al grado d’istruzione dei suoi singoli membri, la progressiva perdita del patrimonio di conoscenze acquisite in tanti secoli dall’umanità, non potrà che indurre un processo involutivo irreversibile della cultura generale nelle prossime generazioni.

Spesso, infatti, nei programmi televisivi d’intrattenimento si nota una scarsa erudizione nei giovani rispetto ai più anziani, frutto di un apprendimento scolastico insufficiente e superficiale, troppo stimolato dalla tecnologia degli attuali mezzi d’informazione, ma, soprattutto, scarsamente incoraggiato da chi ha la responsabilità educativa della loro formazione didattica.

Come nella Storia, dove la dialettica è spesso vivace su disparati temi, anche nel campo della Medicina a volte si discute sulla validità di alcuni metodi di diagnosi e cura differenti da quelli abituali, perché fondati su alcuni principi ritenuti, vuoi per mancato approfondimento vuoi per rifiuto a priori degli stessi, “non corretti”.

Tuttavia, è troppo semplice definire “non corretto”, se non addirittura “eretico”, un approccio innovativo, solo perché questo non corrisponde alle nozioni e ai canoni tradizionali del momento.

Occorre ricordare che la Medicina, pur avvalendosi di nozioni scientifiche, di per sé non è una scienza esatta, sia perché la più perfetta funzione biochimica di un gruppo di cellule non basta per definire il complessivo comportamento di un organismo umano, sia perché ciascun individuo nasce, cresce, pensa e opera in modo assai diverso dagli altri.

La Medicina è, fondamentalmente, “conoscenza dell’uomo”, cioè di quell’essere vivente in perenne divenire, al quale la Scintilla Divina diede un’impronta identificativa e un destino del tutto personali; in quest’ambito non possono esistere certezze ma solo dubbi, perché la natura umana non è soggetta a schemi, e perché criteri di giudizio troppo rigidi di sicuro non giovano all’evoluzione del sapere.

Infatti, a volte succede che, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, alcuni giudizi, posti frettolosamente all’inizio, vengono in seguito ritrattati.

Nella Storia della Medicina si trovano degli illustri esempi che evidenziano come i sostenitori del pensiero dominante, basato sulle dottrine di quel tempo, e codificato dalle Istituzioni allora vigenti, nell’incapacità di analizzare alcuni fatti, a volte reagiscono con prepotenza e con un ingiustificato accanimento contro chi propone nuovi approcci, che potremmo così definire “eretici”, evidenziando, con la propria difficoltà di adeguamento alla realtà, un ostinato rifiuto al dialogo[4].

A questo proposito, voglio narrare le vicende occorse al dottor Ignác Fülöp Semmelweis, nato a Buda, poi diventata Budapest una volta unificatasi nel 1873 con la città di Pest posta dall’altra parte del Danubio, l’1 luglio del 1818, e morto a Döbling, nei pressi di Vienna, il 13 agosto dell’anno 1865[5].

Pochi, anche tra i medici, sanno che fu lo scopritore delle cause della malattia detta “febbre puerperale”[6], che tante vittime fece nel passato tra le partorienti, e che fu il primo a introdurre validi metodi preventivi, in era pre-antibiotica, per impedirne la diffusione e la mortalità, fino allora elevatissima.

La nostra storia inizia il giorno di martedì 27 febbraio del 1846, quando il giovane dottor Semmelweis, laureatosi in Medicina nel 1844 presso la Scuola Medica Viennese con una tesi sulla “Vita delle piante”, e specializzatosi due anni dopo in Chirurgia e Ostetricia, appena diventato assistente del primario, il dottor Joann Klein, della prima Divisione della Clinica Ostetrica dell’Ospedale Generale di Vienna, l’Allgemeines Ktankenhaus der Stadt Wien, inaugurata dall’Imperatore Giuseppe I nel 1784, e a quel tempo dotata di circa 1600 letti, si accorge che la mortalità delle partorienti del suo reparto, assai elevata, coincideva con la presenza, diventata obbligatoria dal 1823[7], degli assistenti cui veniva imposto dal Primario di eseguire le autopsie[8] prima di visitare le pazienti; invece, nel secondo reparto, fondato sempre dal dottor Klein nel 1834, ma gestito allora dal dottor Barch, adibito unicamente a Scuola per le ostetriche[9], la mortalità era bassissima.[10]

Tanto per citare delle statistiche, tra il 1841 e il 1846, mentre nella 1° Clinica ci furono 2.000 decessi su 20.000 ricoveri (il 10%), nella 2° solo 700 morti su un numero analogo (il 3,4%). Differenza non da poco, né altrimenti giustificata, se non dalla presenza di un muro, neanche tanto imponente, che separava le due Cliniche.

Mise in  relazione i due fatti (autopsia sui cadaveri e visita diretta sulle puerpere) senza dare, al momento[11], una valida spiegazione.

Sennonché, dopo la morte del collega e amico Jacob Kolletschka, di anni quarantatre, avvenuta proprio a causa di un’infezione a seguito di un’autopsia praticata su una neo mamma deceduta da poco in Clinica, in cui rilevò le stesse lesioni purulente riscontrate nella donna, pensò che non si trattava di mera coincidenza, e che  i due fatti potevano essere correlati tra loro.

A quel tempo non esisteva il concetto d’infezione batterica, né erano noti i germi responsabili delle malattie; si pensava a fluidi ristagnanti nell’intestino e nell’utero, a gas venefici prodotti dall’organismo a seguito di processi di putrefazione, addirittura al latte della puerpera (assai simile al pus) che prende “altre direzioni”, oppure a una vaga teoria miasmatico–tellurica-cosmico-igrometrica, se non addirittura alla mancata espulsione della placenta, oppure all’autosuggestione  dovuta a fatto che il rumore della campanella dei preti che passavano per dare l’estrema unzione alle decedute poteva indurre il timore della morte imminente nelle pazienti, e, di conseguenza, causarla in loro; inoltre, alla gastrite e alla stitichezza (per cui si abbondava negli emetici e nei purganti), o anche all’involontaria risposta all’offesa al pudore procurata dagli studenti (tutti maschi) che dovevano visitare le partorienti.

Nulla di più falso!

Considerando le precedenti ipotesi, la sua, frutto di felice intuizione, fu la migliore. Infatti, il dottor Semmelweis, ritenendo che la causa della malattia fosse imputabile solo alla mancanza d’igiene[12], decise di imporre a tutti, medici, studenti, assistenti e levatrici, di lavarsi le mani con cloruro di calce[13], dopo ogni dissezione e prima di ogni visita diretta[14].

Così, nel mese di maggio del 1847 la mortalità nella 1° Clinica fu del 12,2%, e nei successivi sette mesi scese subito al 3%[15].

Un ottimo risultato, che però non piacque al Primario, il dottor Klein, il quale, vuoi per invidia vuoi per ripicca, ma, sicuramente, con irrazionale pregiudizio misto a cieca ignoranza, lo sconfessò, contestandolo con tutti i mezzi possibili. Raggiunse così il suo obiettivo, nonostante l’appoggio incondizionato e la sincera fiducia mostrata nei confronti del dottor Semmelweis da illustri personalità mediche contemporanee: Karl von Rokitansky, anatomopatologo di fama internazionale dell’Università di Vienna, Joseph Skoda, grande clinico della Scuola Medica Viennese, e Ferdinand von Hebra, celebre dermatologo.

Il Primario prima lo osteggiò e poi, nonostante fosse stato pubblicato nel dicembre del 1847 nella Zeitschrift della Gesellschaft der Artze zu Wien, a cura dello stesso dottor Hebra, il suo articolo: Esperienze cliniche della massima importanza sull’etiologia della febbre puerperale epidemica nelle maternità, in cui era esposta tutta la teoria, articolo che peraltro suscitò notevole interesse nella Classe medica, il 20 marzo 1849 non gli rinnovò il contatto nella Clinica.

Pertanto, il dottor Semmelweis fu, non solo screditato, ma anche licenziato.Perse il lavoro e, immeritatamente, anche la stima di tutti i dipendenti della Clinica: studenti, assistenti e ostetriche.

Pur non esistendo allora gli Ordini professionali, ma solo Società mediche istituite per difendere i colleghi accusati di malpractice oppure per giudicare la correttezza del loro comportamento, queste non intervennero a suo favore, ritenendo la decisione del professor Klein corretta e inappellabile[16]; pertanto, si confermò la rimozione del dottor Semmelweis dall’incarico, con conseguente impossibilità ad assumerne altri pubblici, almeno a Vienna.

A questo punto, il dottor Semmelweiss, deluso e amareggiato, abbandona Vienna e ritorna nella sua città natale, Pest, dove accetta un modesto ruolo come assistente presso la Divisione di Ostetricia del locale Ospedale di San Rocco.

Qui, prosegue il lavoro, riaffermando le sue idee sulla genesi e sulla profilassi della febbre puerperale, ma gli eventi storici non gli sono favorevoli; nel 1848, infatti, ci sono i moti rivoluzionari in tutta l’Europa, che non risparmiano Budapest, città dove, il 12 settembre, Lajos Kossuth, proclamato dal popolo in rivolta protettore della Nazione Magiara, decreta la scissione dell’Ungheria dall’Austria[17].

Il dottor Semmelweis, mal sopportato in Austria perché di lingua e cultura diversa, crede che sia finalmente giunto il momento in cui, nella sua vera Patria, possa esprimere al meglio le sue opinioni senza essere boicottato o malvisto, ma ancora una volta si sbagliava; anche in Ungheria, a Pest, le cose non cambiano.

1 pubblica, presso l’Editore Hartleben[18], il libro: Etiologia, concetti e profilassi della febbre puerperale, nel quale sono dettagliatamente espoNel 186sti i motivi, i principi e i risultati della ricerca, alla luce delle sue esperienze ospedaliere, il tutto documentato con accurate statistiche.

Quest’opera, assai moderna nell’esposizione e assai logica nelle conclusioni, avrebbe meritato maggior considerazione e diffusione.

Lo faranno i posteri, i quali ne riscatteranno sia l’immagine sia l’importanza del suo studio, iniziando dal dottor Georges Fernand Isidor Widal[19], il quale nel 1889, dunque già in epoca pasteuriana, così scrisse[20]: […] Il dottor Semmelweis ha indicato sin dal primo momento quali mezzi profilattici si devono adottare contro l’infezione puerperale, con una tale precisione che l’antisepsi moderna non ha avuto nulla da aggiungere alle regole che egli aveva prescritte.

 Tuttavia, nulla a quel tempo avvenne, anzi, d’allora aumentarono i dissensi e le critiche.

Così dicevano coloro, cui il dottor Semmelweis si rivolse con le sue “lettere aperte”:[…] Non sono le sale parto che bisogna chiudere per far cessare i disastri che si deplorano, ma sono gli ostetrici che conviene far uscire.

L’insuccesso del libro, la mancata risposta dei Clinici e dei Cattedratici d’Europa alle sue richieste, l’incomprensione del pubblico, lo scherno dei colleghi, la gelosia e l’invidia della Classe medica, e, soprattutto, l’aver constatato che le morti in corsia si avvicendavano come prima, e che i suoi suggerimenti, frutto di tanti anni di pratica clinica, non erano ancora tenuti in nessun conto, minano la sua salute fisica ma, soprattutto, quella mentale.

Né il matrimonio nel 1857 con una bella ragazza di 18 anni, Mária Weidenhoffer, né l’incarico, l’anno successivo, di Primario presso la Clinica Ostetrica dell’Ospedale S. Rocco in Pest (cinque stanze con 26 letti in tutto, al secondo piano della Facoltà di Medicina), colmeranno l’insoddisfazione e la delusione per l’incomprensione dei medici, pur essendo sempre più che mai convinto della sua tesi.

Morirà ancora giovane, ma precocemente invecchiato, all’età di quarantasette anni, il 13 agosto del 1865, in un Ospedale per malattie mentali, a causa della stessa infezione che tanto aveva cercato di evitare, contratta occasionalmente nel corso di un’autopsia.Le percosse durante la degenza da parte del personale dell’Istituto, il manicomio viennese Niederösterreichische Heil-und Pflegeanstald, in cui fu portato invece che nell’Ospedale in cui lavorava a Pest, fecero il resto.

L’autopsia fu eseguita nella stessa sala anatomica dell’Allgemeines Krankenhaus di Vienna in cui, nel passato, aveva portato a termine migliaia di dissezioni.

Per molti anni le sue intuizioni furono ignorate; solo nel 1879 Louis Pasteur dimostrerà, con la scoperta della microbiologia e dei batteri come causa di malattie, che aveva ragione.

Il professor Ferdinad von Hebra scrisse il suo epitaffio:Quando si farà la storia degli errori umani, difficilmente si potranno trovare esempi di tale forza. E si resterà stupiti che uomini così competitivi, così specializzati, potessero – nella propria Scienza – rimanere così ciechi e stupidi.

 La municipalità di Budapest decise di erigergli un monumento funebre solo nel 1894; nel 1904, l’Ospedale di San Rocco, a Budapest, scoprirà una sua statua all’ingresso, opera dell’artista Alajos Stróbl[21], e in seguito intitolerà a suo nome la Clinica Ostetrica. Dal 1969, l’Università di Budapest si chiama “Università Semmelweis” in suo onore.

SEGUIRA’ PARTE SECONDA: Il dottor Ignazio Filippo Semmelweis e “l’eresia” in Medici

 

 

De Chirico Tommaso

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