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Tutto il pane del mondo. Cronaca di una vita tra anoressia e bulimia.

| Mara Cozzoli |

Sto male anche senza una ragione apparente perché il mio disagio non è di oggi.
Fabiola De Clerq

Anoressia, rifiuto del cibo.
Bulimia, abbuffata.

Per quanto apparentemente differenti, non è propriamente vero: si incrociano e incontrano tra loro.
Vi sono due sottotipi di bulimia: con condotte di eliminazione tramite vomito autoindotto, uso di lassativi e diuretici; senza condotta di eliminazione, nel quale vengono utilizzati altri comportamenti “compensatori”, quali il digiuno o l’eccessivo esercizio fisico.
Identico discorso vale per l’anoressia, vi è un sottotipo con restrizione e un secondo con abbuffate di eliminazione.

Ad affiancarle il fenomeno del Binge-eating disorder, ovvero il disturbo da alimentazione incontrollata. In quest’ultimo caso, non viene messa in atto alcuna strategia rivolta a ridurre l’incremento del peso.
Nella stragrande maggioranza dei casi l’origine è di natura familiare: si tratta di famiglie le cui peculiarità risiedono in anomalie basiche e carenze affettive.
Fabiola De Clerq, autrice di “Tutto il pane del mondo, cronaca di una vita tra anoressia e bulimia, attraversa un lungo percorso: bulimica e in seguito anoressica, fino a giungere dopo molti anni, a raggiungere equilibrio e funzionalità.
In “Tutto il pane del mondo, cronaca di una vita tra anoressia e bulimia”, narra il suo disagio, un testo tanto introspettivo da sondarne e sviscerarne ogni perché.
Ridotta ad un mucchio d’ossa, l’autrice mente spudoratamente a se stessa, si nasconde all’ombra di una pseudo vita regolare, crea una sua identità che protegge, fino allo stremo delle forze.
Colei che soffre di DCA, associa identità e magrezza, nel momento in cui è magra, si ritrova, se ingrassa non si riconosce, non è più lei.
Assume atteggiamenti di sfida: verso se stessa e il mondo che la circonda, duella con  freddo, caldo e fame, viene risucchiata da un vortice dal quale non riesce a riaffiorare.
Dopo un episodio di vomito indotto, tutto sfugge.
Ogni qual volta mangia e si svuota, raggiunge la libertà da angosce, è felice. Una sorte di morte e rinascita.
Questi meccanismi rappresentano una soluzione a problemi di cui non ha ancora un’esatta consapevolezza.
Ciò che si mette in atto è una  una lenta autodistruzione, fisica e psichica: diete rigidissime fino a giungere a completi digiuni, il peso cade a picco e l’umore è inevitabilmente legato a quest’ultimo.
Abbuffate compulsive e susseguente espulsione di cibo. Poi ancora: nutrimento quasi nullo, di nuovo perdita di controllo, ripresa peso al punto da superare il precedente. L’ autostima cade a picco. Di nuovo dieta e ancora estrema riduzione del peso. Amenorrea, che nel suo caso si protrae per sei anni.

Tramite la negazione di fame, sete,  stanchezza, chi è affetto da questo tipo di disturbo esercita un forte controllo sul proprio fisico e sui propri bisogni.
Si vive una “non vita” fatta di astensioni e ingannevole autonomia rispetto a quanto un normale essere umano è sottoposto.
In sintesi: onnipotenza. L’abbuffata rappresenta la perdita di siffatto controllo, che deve necessariamente e tassativamente essere ristabilito, un imperativo categorico.
Imboccare questa via inevitabilmente porta ad allontanarsi dalle ragioni reali del malessere.
Il corpo decadente, a sua insaputa, altro non è che uno strumento di comunicazione.
L’autrice parla di “un’altalena di orge alimentari e digiuni atroci”.
Ingrassare si tramuta in tragedia, in seguito si generano, improvvisamente, depressione e aggressività. 
Le motivazioni sono così spiegate: ”Non riesco ad affrontare il pensiero di dover vivere minuto per minuto il periodo di tempo necessario per riperdere non solo quei due etti, ma molto di più, in modo da allontanarmi il più possibile da quel peso insopportabile”.
La dispercezione del corpo è ormai in corso.
Perché flagellarsi a tal punto?
Si evince nel racconto una rapporto conflittuale con la figura materna, ai troppi desideri della madre, Fabiola risponde sopprimendo i suoi, combatte contro il modello di femminilità rappresentato dalla figura genitoriale.  Come lei stessa afferma, si tramuta in:  “un antimadre”.
“Mia madre, diversamente da me, ha sempre accaparrato tutto per non subire privazioni”.
In seguito al decesso del padre, cerca un rapporto affettivo soddisfacente con quest’ultima, che assente da sempre, risulta essere “solamente” presa dai suoi problemi.
Nel complesso un vero equilibrio familiare non è mai esistito.
Oltre a ciò, un’ ulteriore serie di problematiche emergono: scarsa autostima, necessità di anteporre le necessità e desideri altrui ai propri, difficoltà nell’ adattarsi a  modifiche stressanti della vita.
Si rende conto di non essere neanche mai stata bambina.
Il vuoto che sente dentro lo riempie per mezzo di crisi bulimiche, che la portano ad un aumentare di 4kg tra liquidi e solidi nel giro di poche ore, già, perché dopo la grande mangiata, non manca il rito della bilancia, poco prima di liberarsi. Scaglia su di sé e sul proprio corpo la rabbia che sente dentro.
L’autrice non ha mai avuto la difficoltà nel classificare come deviato il proprio comportamento.
Ad un certo punto decide di affrontare la fase più dura, quella della ricerca del perché, fase in cui si guardano in faccia dolore e paure, momento che conduce alla creazione di una reale identità.
Parte sana e malata entrano in conflitto, la flebile voce che urla della prima, trascina in terapia la seconda.
“Quando si comincia un’analisi”, racconta Fabiola “non si sa dove si va, non si sa quando si arriva, Il tempo si misura attraverso le stesse sofferenze che non sembrano mai diminuire e perciò non sembra neanche che il tempo passi”.
Proprio il percorso psicoanalitico è fondamentale per ricostruire se stesse.
“Tutta la logia ufficiale riconosciuta nei rapporti esterni è messa a soqquadro. Parlare con l’analista con il quale si ricrea di volta in volta ogni rapporto di coppia vissuto in precedenza restituisce l’opportunità di capire dove e come si è instaurato il difetto di comportamento che ha reso il rapporto con se stessi precario, oppure inadeguato, falsato. Svanisce la paura di non essere accettati per ciò che si è, non si ha più bisogno di giustificarsi. L’analista sta lì, ti da il respiro necessario per la tua crescita, non ti giudica, ti accetta qualunque cosa tu dica. E non succede niente se incominci ad esistere, non crolla nulla. Si mollano lentamente gli ormeggi, ci si può avventurare per la propria strada. Arrivano anche i passi falsi, le ricadute nel buio della paura. Ma lui, l’analista è sempre lì, testimone della tua nascita, per ricordarti, solo con la sua presenza che si può ritentare, provare di nuovo a camminare, come un genitore incoraggia un figlio ai primi passi alternati alle prime inevitabili cadute”,
Dopo una dura battaglia trova maturità ed equilibrio.
“Mi rendo conto di essere finalmente una persona libera questa volta, fragile ma capace di rischiare di vivere. Ci sono tante cose che mi importa di salvare fuori da questo bagno, tante cose per cui pianegere davvero. Cose a cui dire addio per sempre e altre a cui dare il benvenuto”.
Diviene madre di Luca e Marzia.
Luca nasce quando il disturbo alimentare è ancora nel pieno del suo deliro.
A questo fagotto, dona tutta la parte sana di sé.
Così descrive quei momenti: “ Luca cresce, la sua evoluzione continua si contrappone alla mia involuzione interiore. ‘ un bambino felice, allegro e particolarmente bello. Sono riuscita a dargli tutta la mia parte sana, e le sua fondamenta, come quelle di una casa, credo siano solide”.
La dinamica DCA può scaturire da abuso sessuale avvenuto nel corso dell’infanzia.
Tra le pagine del libro, scatta la denuncia di un abuso subito in seguito alla morte del padre. A macchiarsi di un tale atto, un soggetto fidato, insospettabile: un amico di famiglia.

A titolo informativo.
Bulimia, definita da:
Episodi ricorrenti di abbuffate. Un’abbuffata è caratterizzata da due caratteristiche fondamentali: mangiare in un periodo circoscritto, una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior parte della gente mangerebbe nello stesso tempo. Un senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio.
Comportamenti ricorrenti di compenso indirizzati a prevenire aumenti di peso, come: vomito auto indotto, abuso-uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci. La valutazione di sé è influenzata dalle forme e dal peso del corpo. Il disturbo non capita solo nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Anoressia, caratterizzata da:
Oltre alla fobia del peso ( paura morbosa di ingrassare anche quando le condizioni fisiche sono al limite della cachessia), sono state riscontrate utleriori alterazioni:
Un disturbo nella percezione dell’immagine del corpo, che porta l’anoressica a negare il carattere patologico della propria magrezza. Un paralizzante sentimento di impotenza, incapacità, inadeguatezza.
Amenorrea, assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi.
Scarsa consapevolezza di malattia, almeno in fase iniziale.
Fonte: Disturbi della condotta alimentare, diagnosi e terapia. A cura di Emilia Costa, Camillo Loriedo.


In conclusione : L’ANORESSIA È LA PRIMA CAUSA DI MORTE TRA LE MALATTIE DI NATURA PSICHICA.



Mara Cozzoli

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