Io, Audrey K. Hepburn
Elfo, gazzella, puledra e monella furono solo alcuni degli aggettivi attribuiti a una giovane Audrey Hepburn.
Dal punto di vista artistico nacque con la danza, nel 1941 infatti, in piena guerra, la madre la iscrisse a scuola di danza e musica presso il conservatorio di Amhem.
Fin da subito dimostrò enormi potenzialità, talento naturale e passione.
Le capacità in questa disciplina non bastarono, l’insegnante, negli anni che seguirono, fu sincera nel spiegarle che data l’altezza e gli studi iniziati troppo tardi, il massimo che avrebbe potuto fare si sarebbe ridotto ad una compagnia di ballo o ballerina di seconda fila. Una piccola alternativa avrebbe potuto essere l’insegnamento
“Quando iniziai a seguire le lezioni di danza” raccontò Audrey “desideravo diventare ballerina”.
Non solo l’altezza divenne un problema: ”La mia abilità tecnica non poteva reggere il confronto con quello delle altre ragazze che avevano frequentato per cinque anni la Salder’s Wall e avevano sempre avuto cibo decente e rifugi antiaerei. Il buon senso mi fece comprendere che non potevo essere così ostinata da insistere a studiare danza. Tuttavia, consideravo il lavoro nei musical un impiego al di sotto della mia dignità”.
Nel 48’ venne ingaggiata come ballerina di fila per la prima londinese High Button Shoes, commedia americana.
Nel maggio 49’ Cecil Landeaw le offrì una parte per uno spettacolo. Ancora una volta ballerina di fila con l’aggiunta di qualche battuta nel corso di scenette.
Chi la vide esibirsi affermò : “ Si distingueva per vivacità, entusiasmo e grazia. Agile come Peter Pan, era sempre attenta e pronta, benché il riflettore fosse immancabilmente su qualcun’altra”.
Scritturata anche per il seguito “ Souce Piquante”, scenette comiche e numeri musicali, i quali satireggiavano film e spettacoli teatrali in voga in quegli anni.
Colpiti dalle sue interpretazioni, Thorold Dickinson, sceneggiatore e Mario Zampi, cineasta.
Secondo Bob Monkhouse, trasmetteva solitudine, bisogno di protezione e ingenuità, sembrava volesse dire: “ Sono sola e indifesa nel mondo, e ho bisogno che tu mi salvi”.
Studiò arte drammatica con Felix Aymero.Con Mario Zampi recitò una piccola parte in “Risate in Paradiso”.
Nel 1950 con Dickinson, prese parte a un giallo poliziesco: “ The Secret People”.In questo lasso di tempo non abbandonò mai il suo lavoro da modella, che le permise di farsi conoscere a livello pubblicitario.
Audrey possedeva gambe lunghe, portamento elegante e dignitoso, aria fredda e impassibile che la resero ricercata da ogni fotografo.
Vivere il mondo della moda, apportò a quest’ultima un grosso insegnamento, ossia la cognizione circa l’abbigliamento, elemento che contribuì al suo successo cinematografico.
La notorietà e le prime soddisfazioni per Audrey arrivarono inaspettatamente e per caso. Scoperta da Gabrielle Colette, recitò a teatro in Gisellle; da questo momento giunse la giovane il massimo della visibilità.
A suo dire: “ Ho paura, non ho alcuna esperienza di recitazione sul palcoscenico. C’è gente che passa la vita prima di arrivare da qualche parte. Credo che dovrò recitare d’istinto finché non imparerò”. Queste parole misero in luce le sue dote principali: l’umiltà e la voglia di crescere.
Si considerò l’eterna alunna che apprese recitando.
Ebbe l’arguzia di scegliere parti adatte a lei…intelligenza, niente più.
Interpretò ruoli di donne perennemente sfidate dalla vita, che arrivarono al trionfo grazie a perseveranza e coraggio.
“La mia carriera è per me un mistero assoluto. Fu una vera sorpresa fin dal primo giorno. Non avrei mai pensato che un giorno avrei fatto l’attrice girando film, che sarebbe tutto successo come invece è accaduto”. Così la descrisse Edith Head, capo costumista alla Paramount: “Ragazza avanti rispetto alla moda. Deliberatamente indossava abiti diversi dalle altre donne, tutto ciò ne evidenzia la magrezza, atteggiamento che divenne in seguito il suo punto di forza”.
Sostenne sempre le sue idee e il suo modo di essere, se la moda dei tempi prescriveva reggiseni imbottiti, lei se ne discostò, e, in ultimo non utilizzò mai spalline.
Giunse il momento di “Vacanze Romane”, al fianco di Gregory Peck e regia di William Willer.
Interpretazione la sua “Ironica, naturale, credibile e intensa”.
Recitò in “Cenerentola a Parigi”, al fianco di Fred Astaire. Seria e determinata, affrontò mesi di canto e di ballo. Cantò :” How Has Been Going On”.
Sicuramente la pellicola che più la rese fiera di se stessa fu “ Storia di una monaca”, copione estremamente serio, azzarderei anche drammatico quanto autobiografico.
Recitò in Sabrina a fianco di Bogart.
Nel 1954 “Ondine “ spettacolo teatrale. Robert Sherwood la scritturò per il seguente motivo. “ Ha studiato da ballerina e questo è molto importante, dato che tutto il dramma pare avere le qualità di un balletto.”
Recensione del New Yorker. “Il dono della signorina Hepburn è che qualunque cosa faccia è dotata di un’irresistibile fascino. La più flebile delle battute acquista, se pronunciata da lei una dimensione ulteriore. Sembra sul momento una brillante ispirazione.”
Al di là di una strepitosa carriera, Audrey fu una donna fragile e insicura di stessa: incapace di vedere la luce che lei stessa emanava.
Un padre e una madre inabili ad apprezzarne le qualità, le impedirono a sua volta di amarsi.
Soffrì di depressione, così forte, da portarla a pensare al suicidio, iniziò a dormire poco e a volte il sonno la colpiva per giorni e notte ininterrottamente.
Mangiò bene, ma poi per giorni perse appetito.
Si morse le unghie fino a farle sanguinare.
Fumò in modo compulsivo, pianse irrefrenabilmente e a volte senza un’apparente motivo.
Subì ben cinque aborti spontanei. Dopo il primo la sensazione che provò si avvicinò alla pazzia.
Qualcuno diagnosticò “infelicità cronica”.
Robert Anderson la descrisse cosi: “ Era triste, bella, triste e romantica”.
L’amore per i bambini, la resero ambasciatrice Unicef, del quale non si limitò a prestarne il volto, ma si spostò da un luogo all’altro: Somlia, Equador,Etiopia, Turchia e Venezuela.
In prima linea per i diritti dei fanciulli.
Audrey si spense nel gennaio 1993.
I suoi più grandi amori furono i suoi due figli.
Il primogenito la ricorda con le seguenti parole: “ La tristezza anteriore la accompagnanò per tutta la vita”.
Nonostante le difficoltà fu un elegante combattente, sensuale nella sua semplicità, autenticità e sofferenza.