La Santa Anoressia Digiuno e misticismo dal medioevo ad oggi.
Quale legame esiste tra l’odierna anoressia e le sante ascetiche che eliminarono ogni loro desiderio, fino a distruggere la loro carne, attraverso un totale rifiuto del cibo ed estreme penitenze?
Rudolph Bell tenta di giungere a una conclusione, tenendo conto di autobiografie, testimonianze di confessori, cause di santificazioni. Ricostruisce il percorso che portò queste donne alla santità. Per citarne alcune: Santa Caterina da Siena, Veronica Giuliani, Chiara D’Assisi.
Quanto emerge sono profonde analogie rispetto al disturbo alimentare contemporaneo.
Molte di queste sante portarono su di sé gli stessi sintomi clinici di coloro che attualmente soffrono di anoressia nervosa.
Su 261 Sante riconosciute tali dalla Chiesa Cattolica romana, beatificate e ritenute serve di Dio, vissute in Italia a partire dal 200, ben 170 attuarono un modello comportamentale tipicamente anoressico.
Donne sicuramente discutibili, ma allo stesso tempo degne di studio e attenzione.
Ciò che si evince è che non ci troviamo difronte a un male tipico del nostro secolo, la cui causa, non è insita nella moda e nei modelli pubblicitari proposti che, certo, ne accentuano il problema, ma non possono esserne causa a trecentosessanta gradi.
Il comportamento di Caterina e il suo rifiuto del cibo venne considerato scandaloso e, nei tempi che furono, si sospettò fosse posseduta dal demonio. Sin da giovane si sottopose a digiuni, ma non eccessivamente rigorosi.
Raimondo suo confessore riportò: “Non solo non aveva bisogno di cibo, ma nemmeno lo prendeva senza pena. Se si sforzava di mangiare ,il suo corpo pativa moltissimo, la digestione non avveniva e bisognava che il cibo riuscisse per forza dalla via per la quale era entrato”
All’età di 6/7 anni passò una giornata con fratello e sorella sposata. In quel momento vide Gesù vestito di bianco con il bastone pastorale che le sorrise.
Da quel preciso istante iniziò a trarre la propria forza interiore dalla sua personale relazione con Dio.; trascurò tutti e si oppose se necessario all’influenza del mondo esterno.Intorno ai 10 anni cominciò esperienze religiose estreme, la madre allora le rammentò gli obblighi a cui era soggetta, in quanto bambina speciale sopravvissuta alla sorella gemella.
Intorno ai 25 anni la situazione peggiorò.
Nel corso del tempo però, questo vuoto alimentare andò ben oltre i classici digiuni a cui si sottoposero i maggiori santi uomini e donne del sue tempo.
Bevve acqua fredda e masticò erbe amare che successivamente sputò.
Sempre Rimondo suo confessore raccontò che sembrava sul punto di morire, fino alla fine però, per onorare Dio e fare voto di carità, dimostrò una sorta di iperattività.
Trasse nutrimento dall’ Ostia. Alla domande se l’appetito aumentasse nel momento in cui non ricevette il sacramento, la risposta fu” Quando non posso ricevere il sacramento , basta a saziarmi chi gli sta vicino e lo vede, anzi, anche vedere un sacerdote che ha toccato il sacramento mi consola, tanto che perdo ogni memoria di cibo”.
Il suo stomaco non digerì niente. Quanto ingurgitò, necessariamente dovette uscire dall’ente abilitato all’entrata del cibo; i rischi furono altrimenti dolori e gonfiori, per tutto il corpo.
Secondo Caterina, il vomito fu una punizione per i suoi piaceri e preferì ricevere le giuste punizioni in questa vita, piuttosto che in un’altra.
Cercò di distruggere la propria volontà personale.
Secondo testimonianze, il digiuno fu dettato da ispirazione religiosa, fino a che sfuggì al controllo.
Fisicamente molto attiva, perse molto peso. Assicurò di mangiare volontariamente pur senza appetito.
Quando amici e confessori, le imposero di mangiare, il risultato fu la caduta nel ciclo mangio-vomito. Il fisico fu controllato dalla malata, e le conferì un ovvio significato: delirio di onnipotenza.
Per comprendere una personalità come quella di Caterina, occorre partire dall’infanzia.
Caterina ebbe una gemella, entrambe cagionevoli di salute. La madre scelse di allattare Caterina, decisione che portò alla morte la gemella Giovanna.
Sicuramente quest’ultima non dimenticò mai il modo in cui venne nutrita. Prima allattata e successivamente svezzata, in quanto la madre rimase incinta, ma solo dopo molto tempo. Ovviamente non si po’ essere certi che la sua infanzia privilegiata, avesse lasciato un segno permanente sulla fanciulla. Da adulta non utilizzò mai il termine svezzamento, ma Toilere el latte de bocca.
Intorno ai 10 anni cominciò esperienze religiose estreme, la madre allora le rammentò gli obblighi a cui era soggetta, in quanto bambina speciale sopravvissuta alla sorella. Furono proprio questi obblighi a cui era soggetta a creare in lei instabilità.
Il giorno della sua prima comunione, votò la sua verginità alla Vergine Maria, anche se con ogni probabilità non fu fondamentalmente preparata a una tale celta.
L’essere speciale per lei ebbe come conseguenza la morte di altre.
La morte della sorella maggiore, che l’ aiutò nell’inserimento della vita sociale, procurò in lei un enorme trauma, affiancato all’imposizione del matrimonio con il cognato, un uomo più anziano di lei.
Difronte alla morte della sorella si sentì una sopravvissuta, e il disturbo alimentare si manifestò in tutta la sua potenza.
Eccolo, il valore con cui i familiari considerarono la ragazza: no affetto, ma soldi, un futuro investimento per la famiglia.
Rifiutò quindi di non prendere altro sposo che non fosse Cristo, decise quindi di conquistare il proprio corpo come donna.
Da questo momento, raggiunse con polsouna battaglia contro la famiglia.
Per quanto l’amasse, niente l’avrebbe fermata dalla sua opera di salvezza. Si recò quindi da un parente parroco, il quale per capire circa le sue intenzioni di dedicarsi a Cristo, le impose di tagliarsi i biondi capelli. Caterina prese un paio di forbici e compì quando le fu chiesto.
I familiari decisero di dare una lezione alla ragazza, sottoponendola a dure regole, ma neanche questo ebbe successo.
“Ora poiché con la grazia di Dio son giunta a una età discreta e ho maggior conoscenza, sappiate che certe forme sono in me così ferme, che sarebbe più facile intenerire un sasso che levarmelo dal cuore. È inutile che vi affanniate ; sarebbe tempo perso, e perciò vi consiglio di mandare a morte ogni impegno di nozze, perché in ogni nessun modo intendo di fare il comodo vostro, ed io devo obbedire più a Dio che agli uomini.”
Caterina arrivò al punto di flagellarsi. Nella sua mente stabilì un patto con l’eternità che la portò ad essere una salvatrice, nonostante, il prezzo da pagare fosse fin troppo alto. Per mezzo di un accordo con Dio, la tubata Caterina, ottenne un potere su padre e madre, che le permisero di combattere ogni sorta di battaglia terrena. E anche in questo caso, ritorna il discorso delirio d’onnipotenza.
Caterina contribuì in parte al ritorno del Papato a Roma con Gregorio XI.
Nelle vite delle Sante, accade, molto spesso, che il convento e la vocazione rivolta a Dio siano un mezzo per raggiungere l’autodipendenza rispetto a una società patriarcale.
Caterina ad un certo punto, sfinita e distrutta da penitenze perse totalmente la voglia di vivere, cedette e decise di lasciarsi morire. Tre mesi, con stralci di lucidità, in cui ripensò alla sua adolescenza, fu anche tormentata dai suoi fallimenti.In stato di delirio urlava: “ La vanagloria no, ma la vera gloria e la lode di Dio, Sì!”
Insomma, è dire “NOOO”, gridato a suon di digiuni e penitenze pesantemente inflittesi; ricerca di una propria identità.
In conclusione si può però osservare come l’anoressia descritta da Bell in realtà non abbia colpito queste Sante. Sì, i digiuni permettevano loro di perdere il 25% del peso corporeo, possedevano tutti i sintomi fisici che accompagnano un grave stato di malnutrizione.
Ciò che lascia dubbi, è il fatto che le Sante Anoressiche non ricercavano la magrezza, non fu questo il loro desiderio, non ebbero paura di ingrassare. Nonostante tutto, la Santa Anoressia e l’ Anoressia Nervosa odierna possiedono similitudini.
Rifiuto del cibo: da un lato per raggiungere la santità, dall’altro per essere magra.
Nell’Italia medioevale e in quella odierna, le anoressiche sono perfezioniste, iperattive e mai soddisfatti dei risultati raggiunti.
Assaporarono il forte terrore di restare prive della gestione dei loro scopi, così tanto perseguiti attraverso il corpo, e di conseguenza rimasero sempre sulle sue, e furono molto autocritiche.
Pensieri: rivolti alla santità o alla magrezza, così che, il tempo per pensare ad altro divenne pressoché nullo.
Entrambe affermano di non avere alcun interesse verso i comuni rapporti umani.
Altro punto importante: la santità femminile, fu portata al massimo punto
da Santa Caterina da Siena e Santa Chiara D’Assisi. Alle donne vennero presentati modelli di santità a cui dovettero ambire.
Questo sforzo inutile avrebbe dovuto portarle a riacquistare fiducia in se stesse…ovviamente, è la via decisamente sbagliata.
Nella cultura contemporanea occidentale, la “magrezza” è indice di bellezza e femminilità.
Ancora non ci si rende conto che il problema disturbo alimentare è molto più profondo di quanto si possa pensare.
Il disturbo alimentare traduce attraverso il corpo ciò che non si riesce a tradure in parole.
Per quanto il riguarda il discorso medioevo, concordo con chi afferma che il comportamento era volto a ribellione verso una società patriarcale, sicuramente non a possessione demoniaca o divina; lo stesso patriarcato fu in qualche misura insito nella stessa chiesa, la quale mise al rogo Donne con l’accusa di stregoneria; il loro rifiuto del cibo venne considerato imposto dal demonio. Certo questo modus operandis rispetto al disturbo alimentare portato avanti dalla chiesa in parte ridusse il fenomeno.
Queste donne vennero in ogni caso condotte innanzi al Tribunale Dell’ Inquisizione.