Mariangela Melato, l’artista dalle mille sfumature.
“Mariangela Melato era una via di mezzo tra una divinità egizia e un extraterrestre”
Federico Fellini
Nata a Milano nel 1941, venne battezzata come Mariangela Caterina Melato.
La sua infanzia non fu delle migliori, cagionevole di salute, un parto avvenuto in casa, con la piccola che si dimostrò subito podalica, tanto che, la situazione degenerò in breve tempo: madre e figlia vennero trasportate al “Fatebene Fratelli”. Inseguito la situazione non migliorò, le venne infatti diagnosticata una “crosta lattea”, che provocò escoriazioni sulla pelle e con il passare del tempo generò una “dermatite atopica” che portò con sé fino all’adolescenza, e che non ebbe una vera e propria cura.
Fin dai primi tempi fu soggetta a eritemi, vesciche e croste dolorose. Il suo piangere di giorno e di notte influenzò notevolmente le dinamiche familiari. Il padre preoccupato per la situazione economica, chiese di essere aiutato per le cure della piccola affetta da eczema essudativo; ottenne così un sussidio per una costosa cura.
Nel corso del tempo Mariangela peggiorò sotto vari aspetti: tra i quattro e i cinque anni non fu ancora in grado di parlare, tanto che i genitori si fissarono su probabili problemi d’apprendimento e di linguaggio. Non solo, venne fasciata a mani, gomito, ginocchia e collo. La pelle iniziò a lacerarsi e le bende si macchiarono i sangue. Avrebbe dovuto essere medicata spesso, ma i genitori sempre presi da faccende lavorative non furono in grado di seguirla.
Rimase sempre chiusa in casa, perché camminando si ruppero le croste alle caviglie, le calze bianche si macchiarono di sangue e misero in evidenza la sua diversità.
Carla Villa, vicina di casa disse:” Era una bambina bruttina, timida, introversa e complessa. Le sue labbra avevano un eczema molto forte, una bocca sfigurata. Si vergognava e forse per questo non riusciva a capirsi con gli altri”.
La sorella Anna, nata molti anni dopo di lei, così la descrisse: “ Mariangela era bambina molto difficile, si rifiutava di mangiare, si faceva del male fisico dicendo a mamma : Lo faccio per colpa tua.”
Il primo anno scolastico fu una vera tragedia, così che, venne iscritta presso l’istituto “La casa del sole”, struttura differenziale per bambini problematici. Le sue condizioni migliorarono notevolmente, e i voti scolastici risultarono sempre tra i migliori.
La scuola la portò a frequentare corsi di teatro, musica e danza classica.
Si può affermare che la svolta iniziò proprio qui.
A dieci anni e mezzo la maestra la fece recitare nel primo spettacolo teatrale, il testo teatrale fu “Gli innamorati “ di Carlo Goldoni.
Aveva un problema alla bocca, la piccola era di una timidezza, imbarazzo e dolcezza infiniti, ma sulla scena tirava fuori il suo carattere deciso.
E da adulta?
Si può innanzitutto dire che proprio i traumi infantili la resero affamata di vita.
Scelse la via dell’arte malgrado il parere contrario della famiglia.
Mariangela era all’avanguardia, stile personale, trucco forte, capelli cotonati molto simili a Mina.
Frequentò locali di Brera, a sua volta frequentati da noti o aspiranti artisti. Proseguì il suo percorso scolastico presso la scuola d’arte del Castello Sforzesco e ottenne la qualifica di disegnatrice in pittura decorativa.
Passiamo all’evolversi della sua carriera artistica: si preparò al test d’ingresso dell’Accademia dei Filodrammatici, dai quali uscirono tra l’altro Giorgio Strehler e Franco Parenti.
Il suo punto forte fu la sicurezza in se stessa: prese una decisione, per certi versi discutibile, ma che si rivelò vincente.
Lasciò l’accademia e si unì alla compagnia teatrale “Il Carrozzone” fondata da Fantasio Piccoli, una compagnia che girava per l’Italia.
Ovviamente, la scelta della ragazza non fu condivisa dalla famiglia. Il primo spettacolo della compagnia fu a Bolzano.
” Avevamo paghe da fame “. Venne scritturata per compilare la rassegna stampa dello stabile del teatro e come ricercatrice di oggetti e costumi di scena ed entrate in palcoscenico. Oltre a piccole battute assunse il ruolo di suggeritrice.
Lo spettacolo fu “Lady Cathleen” di Wiilliam Butler Years, con regia di Piccoli, debutto 5 dicembre 1962.
Mariangela si rivelò un vero e proprio leone da palcoscenico: carattere forte e sguardo seducente.
Tra teatro e piccoli spettacoli di Cabaret, arrivò la collaborazione con il duo Dario Fo e Franca Rame.
Rimase per due anni nella compagnia dei due coniugi.
Debuttò con “Settimo ruba un po’ di meno”, ciò che fece scandalo fu la locandina che riportava “ Battona seconda suora: Mariangela Melato”.
Spettacolo realmente duro e di stampo politico, il cui scopo fu denunciare il mondo ruotante intorno alla politica: “rubi, ma se sei coperto e ti fai amicizie…..”.
Nel 95/96 ennesimo spettacolo con Fo. Proprio l’opera “La colpa è sempre del diavolo” le permise di sfoggiare davanti al pubblico la prima operazione di chirurgia plastica al naso, dal quel momento, infatti, iniziò a curarsi molto dal punto di vista fisico.
Anche in questo caso la paga è minima.
Donna che non si fece mai il problema di protestare se qualcosa non le andò a genio.
Come ogni artista per poter sopravvivere eseguì qualche piccolo lavoretto per la Scala e per la Rai.
Momento cruciale fu il viaggio a Roma per in contrare Luchino Visconti, il quale era alla ricerca di giovani per la “ Monaca di Monza”. L’intraprendenza di Mariangela giocò a suo favore: “C’erano una quarantina di altre aspiranti, tutte più belle di me, eleganti e disinvolte, mi sentii un brutto anatroccolo più che mai. Volevo quella parte, ma come competere con quelle là?”
Femmina dalla rapida soluzione: scappò in bagno, si tagliò i capelli e si struccò. ”Io sono diversa, sono un’altra cosa”.
Il brillante istinto la premiò, vinse il provino e stipulò l’accordo con il regista.
Lo stesso Luca Ronconi rimase colpito da questa ragazza, non tanto per la presenza, quanto per il carattere.
Mariangela piacque perché divertiva, rappresentò la vita nel suo svolgersi.
Visconti la ritenne portatrice di sensualità. Fu un attrice molto professionale, quando scoppiarono liti, si distanziava, il linguaggio verbale forte e volgare non le appartenne mai.
Collaborò con Luca Ronconi, uomo all’avanguardia con un suo nuovo modo di fare regia. Inizialmente le riuscì difficile adattarsi alla personalità di colui che rivoluzionò la cultura e il teatro italiano, ma che non sempre ebbe una lineare visione di ciò che cercava.
Luca fu sempre alla ricerca di un rinnovato modo di recitare. Interpretare ruoli nel caos della contemporaneità di azioni sceniche volute da Ronconi, fu per Mariangela un gettarsi nel buio.
In seguito riuscì però a misurarsi alla pari con quest’ultimo, nonostante una cultura teatrale differente.
Recitò ne “L’orlando Furioso” e “Orestea”.
Intraprese anche la carriera cinematografica diretta da Lina Wertmuller in Mimì Metallurgico ferito nell’onore.
Iniziarono i primi seri guadagni con Il generale dorme in piedi e Lo chiameremo Andrea.
Da femminista insieme a Catherine Spaak si scagliarono a favore del diritto all’aborto e sposarono cause relative ai diritti delle donne.
Nel 1971 vinse il David speciale per “La classe operaia in paradiso” e “ Mimì metallurgico ferito nell’onore”.
Nel 1975 miglior protagonista per “La poliziotta” diretta da Steno, 1985 Segreti segreti, con regia di Giuseppe Bertolucci.
1986, ancora teatro, Medea di Euripide con regia di Giancarlo Sepe. Sempre nel 1986 ancora cinema con Lina Wertmiller : “Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico”.
Il 1988 è l’anno di Anna dei Miracoli di William Gibson con regia di Giancarlo Sepe. Film introspettive che la mise difronte alle problematiche della sua infanzia.
Impossibile dimenticare l’invito fattole da Pippo Baudo a Canzonissima, con il numero “La ragazza nella valigia”. Proviamo a immaginare: una valigia, una voce prigioniera che si lamenta…vuole uscire. Pippo apre e… dall’interno si srotola come un sensuale serpente la divina ospite, con capelli mèchati alla David Bowie e un abito da pop star dell’epoca.
Ricalcare una carriera equiparabile a quella di Mariangela è quasi impossibile: cinema, teatro, televisione, valanghe di premi.
Se qualcosa nel lavoro non andava, riuscì sempre a trovare la soluzione dell’ultimo momento, che portò l’elemento superiore e mancante a quanto si stava mettendo in scena.
Di lei si può raccontare di una donna dalla bellezza primitiva, naturale, d’altri tempi, dotata per questo, di immensa sensualità.
Personificazione di anticonformismo e indipendenza.
Fu un personaggio fuori dal comune, ruppe le regole ed ebbe una visione e concezione della realtà tutta sua, e proprio queste caratteristiche la resero una spanna sopra tutti. Certo, soggetta anch’essa a fragilità di natura psichica come molte artiste.
Ebbe una lunga e intensa storia d’amore con Renzo Arbore, con cui convisse e rimase in ottimi rapporti di amicizia.
Al decesso di Mariangela l’uomo fu al suo fianco.
Chi la fece soffrire fu Giorgio Gaber, che per quanto affermò di amarla, codardamente non lasciò la moglie.
Con ferocia derivante dall’amore per la vita combatté il tumore al pancreas che inaspettatamente la colpì e la stroncò nel giro di tre anni. Fino al momento in cui non fu più in grado di reggersi in piedi, non smise di lavorare, nonostante fosse trafitta da dolori.
Anche in quei duri momenti riuscì a essere lucida e a far sorridere.
La storia di Mariangela insegna come un brutto anatroccolo, come una bimba ritenuta difficile possa nonostante tutto esplodere in talento e bellezza.
Fu una cucciola umiliata e offesa, figlia di una società arida e conformista, destinata a diventare sarta come la madre, invece riuscì a mutare il fato ; raggiunse il mondo artistico attraverso lo strumento del sapere, forza e genialità di pensiero che si tradusse in avvenimento.
Allora rimane una domanda: è possibile dare una definizione assoluta di ciò che è bello? Per quanto mi riguarda no: la bellezza è data da una serie di elementi comprendenti tanto piccoli difetti, quanto intelligenza, carisma, carattere e voglia di vivere; la bellezza sta in un particolare che cattura la mente altrui.
“ Sono una donna difficile che cerca di semplificarsi. Lo sono sempre stata, solo che prima mascheravo meglio le mie difficoltà.
Riuscivo a sembrare superficiale, allegra, sempre divertita. Una volta non uscivo senza trucco, perché mi sentivo sicura solo dietro a un trucco pesantissimo. Avevo i capelli neri, gli occhi bistrati all’inverosimile. Poco per volta anche questa cosa l’ho cambiata. Voglio che la gente mi conosca con la mia vera faccia. Anche quando giro un film mi trucco molto meno, cerco sempre di essere me stessa, quasi sempre. E quindi affiora la mia vera identità, che non è semplice. Ma penso che questo sia un processo comune i tante donne: la voglia di andare in giro con la faccia lavata è un desiderio molto profondo, addirittura inconscio, il desiderio di dire:io sono così, accettatemi per quello che sono.”
Mariangela si spense l’ 11 gennaio 2013. Ai suoi funerali a ricordarla fu Emma Bonino anch’essa colpita da una forma tumorale.
Sicuramente fu un personaggio fortemente incisivo per quanto riguarda lo spettacolo italiano.