Storia dei TG in Italia
Il primo telegiornale fu trasmesso nel settembre 1952, quando le trasmissioni erano ancora sperimentali. Con l’inizio delle trasmissioni regolari (3 gennaio 1954) fu varato anche il primo telegiornale ufficiale, di 20 minuti di durata e con un’unica edizione, serale.
Nei primi anni di esistenza il TG non prese a prestito i modelli esteri, ma le modalità dei tre media informativi preesistenti: il giornale radio (che sino al 1956 fu più seguito dei TG), il cinegiornale dell’Istituto Luce, il quotidiano. Come nel giornale radio era curata la dizione dello speaker che doveva essere esente da inflessioni dialettali, e doveva mantenere un’intonazione distaccata dalla notizia, in questo lontano dal timbro enfatico che i cinegiornali avevano ereditato dall’epoca fascista. Il primo speaker era un attore, Riccardo Paladini, che lesse le notizie fino al 1958. Era solo, inquadrato dal torace, non sorrideva mai, leggeva il testo alzando ogni tanto la testa verso il pubblico. Questa modalità di ripresa sarebbe durata per molti anni, e uno dei primi critici televisivi, Sergio Saviane, definì ironicamente “mezzobusto” il conduttore dei TG in un articolo del 1972 su L’Espresso, un termine destinato poi ad essere usato da alcuni come equivalente di Piano Medio. I contenuti erano invece assai simili a quelli di un cinegiornale. Significativamente il primo TG sperimentale conteneva servizi dedicati alla regata storica di Venezia, al funerale del Conte Sforza, alla campagna elettorale negli USA, alla corrida portoghese e al Gran premio di Monza. Nei cinegiornali, infatti, abbondavano inaugurazioni, serate mondane, tradizioni popolari: erano tesi ad offrire un’immagine buona del paese, rassicurante. Al cinegiornale come alla tv, il pubblico non chiedeva notizie “vere”, fresche, perché queste le otteneva dalla radio. Nei primi anni la televisione era guardata spesso collettivamente (nei bar, nei circoli o da un vicino…) e quindi si “usciva” come per andare ad uno spettacolo. Verso la fine degli anni ’50 invece si fece sentire anche l’influenza dei quotidiani: le notizie del TG erano raggruppate per pagine (politica interna, politica internazionale, cronaca…).
Il TG era nato nella fase in cui la Democrazia Cristiana governava il Paese con l’ausilio di piccoli partiti di centro. Il telegiornale cercava di dare l’immagine di un Paese senza conflitti, l’informazione riguardava l’azione di governo, e qualsiasi notizia riguardante i partiti di opposizione o i sindacati era bandita. Il telegiornale era pervaso però più da preoccupazioni moraleggianti che da intenti politici propagandistici. Ecco un brano di un documento del 1953 del consiglio di amministrazione dell’ente (citato in “I telegiornali”, di Omar Calabrese e Ugo Volli, Laterza, 1995):
[…]. Il divorzio potrà essere rappresentato, quando la trama lo renda indispensabile e l’azione si svolga in paesi dove questo sia ammesso dalle leggi. Il divorzio non deve essere trattato in maniera tale da indurre a ritenerlo come mezzo indispensabile per la soluzione dei contrasti tra i coniugi, specie se detti contrasti non abbiano serio fondamento […]. Deve essere posto in rilievo che le relazioni adulterine costituiscono grave colpa […]. Attenta cura deve essere posta nella rappresentazione di fatti e di episodi in cui appaiano figli illegittimi […]. L’incitamento all’odio di classe e la sua esaltazione sono proibiti […]. Sabotaggi, attentati alla pubblica incolumità, conflitti con le forze di polizia, disordini pubblici possono essere riprodotti o rappresentati con somma cautela, e sempre in maniera tale che ne risulti ben chiara la condanna […]. Le relazioni [sessuali] illegali debbono essere sempre configurate come anormali e non debbono suscitare incitamento alla imitazione […]. Sono vietate le vicende che abbiano per oggetto o facciano cenno a malattie veneree, a perversioni sessuali, a forme patologiche, alla prostituzione ed ai luoghi ad essa destinati […]. Le scene erotiche sono proibite: i baci, gli abbracci, altre pose che abbiano comunque esplicita relazione con l’istinto sessuale, possono essere rappresentati con discrezione e senza indurre in morbose esaltazioni […]. Le vesti e gli indumenti non debbono consentire nudità immodeste che offendano il pudore o che abbiano carattere lascivo […].
Come si vede il controllo dell’informazione era più di influenza vaticana che democristiana. Quando la DC si accorse della crescente importanza di questo media ne prese più direttamente il controllo nel 1957. La direzione della RAI fu tolta a Filiberto Guala (diventerà frate) e direttore del TG divenne Massimo Rendina. Fu in questi anni di crescita del controllo politico sul TG che si introdusse l’uso della “velina”, cioè i suggerimenti del governo su come presentare le notizie. Ci furono innovazioni nella confezione del TG: lo speaker unico fu sostituito da un gruppo di speaker e giornalisti, si affermarono i giornalisti “inviati” il cui volto appariva a video (ad esempio Ruggero Orlando da New York, o Vittorio Orefice, corrispondente parlamentare) e aumentarono le edizioni. Qualche innovazione anche nella scenografia: nel 1959 su uno schermo scorrevano immagini registrate.
Gli anni Sessanta
Il nuovo direttore generale dell’azienda Ettore Bernabei (dal 1961) consolidò la presa del potere democristiano sul TG, ma fu anche costretto a concessioni seppur a volte di facciata (ad esempio Enzo Biagi come direttore del TG, che però si dimise nel giro di un anno) perché il PSI stavano avvicinandosi all’area di governo in alleanza con la DC. Nel 1961 nacque la seconda rete, con il suo TG, all’inizio (sotto la direzione di Ugo Zatterin) più vivace di quello della prima rete, poi normalizzato da Bernabei che ne fece per anni un rapido bollettino con pochi servizi filmati della durata di circa 15 minuti. In questi anni si consolidò la pratica delle assunzioni di giornalisti strettamente controllate dal punto di vista politico senza molta attenzione alla professionalità. I socialisti pur al potere insieme ai democristiani non riuscirono ad intaccare seriamente il potere di Bernabei. La notizia scomoda era dirottata in edizioni di scarso ascolto, i programmi di giornalisti scomodi erano fatti coincidere con trasmissioni popolari. Nonostante questo RT-Rotocalco Televisivo di Enzo Biagi e Tv7 di Giorgio Vecchietti avranno successo e costituiranno un modello per i successivi settimanali di approfondimento e di inchiesta.
Le innovazioni degli anni sessanta riguardano i servizi di tutta una serie di corrispondenti residenti nelle capitali estere con servizi approfonditi; le notizie sono lette solo da giornalisti, collettivamente; lo studio mostra se stesso (scrivanie, giornalisti ripresi da varie angolazioni, telecamere a vista); la lettura più vivace e partecipe si rivolge direttamente al pubblico, anche senza leggere.
Verso la fine degli anni sessanta aumentarono le edizioni, ed anche il numero di ascoltatori. I TG erano ormai i programmi più popolari. Coprivano grandi eventi rendendoli indelebili nella memoria collettiva. Tra questi: l’assassinio di Bob Kennedy, lo speciale referendum sul divorzio, la trasmissione fiume condotta da Tito Stagno in occasione dello sbarco sulla Luna. Il ’68-’69 e gli anni successivi furono anche gli anni delle grandi proteste sociali; i TG non potendo più nasconderle per le loro dimensioni, ne davano notizia in modo assai ambiguo: una lunga serie di brevi notizie che parevano un bollettino di guerra e che tendevano a dare un’immagine allarmante della sinistra e dei sindacati.
Gli anni Settanta
Nel Paese cresceva la richiesta di una riforma della RAI che garantisse un maggiore pluralismo politico. E questa discussione aveva allentato nei fatti il controllo governativo sui TG. I giornalisti ne approfittarono per inaugurare uno stile più spregiudicato, con più servizi, commenti, inchieste. Anche giornalisti non DC ottennero incarichi importanti, come Andrea Barbato chiamato a dirigere il TG2 dal 1975. I TG aumentano ancor più la propria audience e puntarono a far concorrenza ai quotidiani sul piano dell’approfondimento della notizia.
La riforma RAI varata nell’aprile del 1975 portò alla separazione netta delle due reti. Dal marzo 1976 si ebbero due TG nettamente distinti, uno targato DC e l’altro PSI, ognuno con tre edizioni e in concorrenza tra loro (ma ad orari diversi). Il Tg1 tornò all’origine dando vita ad un telegiornale che voleva essere pacato, istituzionale, con un conduttore unico. Il TG2 puntò invece sull’innovazione con moltissime prese dirette, il giornalista che leggeva solo appunti e non aveva testo scritto, edizioni fiume per coprire grandi avvenimenti.
Nel 1979 iniziarono le trasmissioni del TG3, assegnato al PCI che usciva così per la prima volta dall’oscuramento televisivo, con una breve parte nazionale e poi quella regionale. Ai suoi inizi il TG3 ebbe scarso successo, per i pochi mezzi a disposizione, perché il suo segnale copriva solo il 55% del territorio nazionale ed anche perché aveva l’aria di una sorta di bollettino quasi tutto letto e con poche immagini.
Gli anni Ottanta
Nel corso degli anni ottanta i TG divennero sempre più “lottizzati”, vincolati alle tre parti politiche di cui i direttori erano in qualche modo garanti (TG1 alla DC, TG2 al PSI, TG3 al PCI). Le novità rigurdarono il crescente successo del TG3 sotto la direzione di Sandro Curzi, che essendo svincolato da lealtà governative (il PCI era tornato all’opposizione) poteva permettersi una informazione disinvolta, di inchiesta, non ingessata. Da una costola del TG3 nel 1987 nacque Samarcanda che segnò la fortuna di Michele Santoro ed anche l’inizio del talk show politico destinato negli anni novanta a grandi successi.
Crebbe la concorrenza tra i TG, specchio della concorrenza sul terreno politico dei tre partiti di riferimento, strumento per misurare il raggio d’influenza dei vari TG divenne l’Auditel, introdotto nel 1986. Nella corsa alla conquista di fette maggiori di pubblico divenne dominante la ricerca dell’anchorman, sul modello USA. I primi divi dell’informazione furono Enrico Mentana sul TG2, Piero Badaloni sul TG1, Italo Moretti sul TG3. Sul TG2 apparirono anche le prime donne come Carmen Lasorella. Il TG3 rispose con Bianca Berlinguer e il TG1 assumendo Lilli Gruber e Maria Luisa Busi. Anche le sigle si fecero più accattivanti dal punto di vista grafico.
Nel 1986 la RAI subiva la prima concorrenza esterna, quella di TeleMontecarlo, con un TG di 15 minuti. La Fininvest intanto si allenava con una serie di rotocalchi televisivi diretti da grandi firme del giornalismo come Giorgio Bocca, Guglielmo Zucconi, Arrigo Levi, Gianni Letta, che vennero in gran parte esautorati, poi, quando partirono i TG.
Gli anni Novanta
Nell’agosto 1990 fu approvata la cosiddetta Legge Mammì che disciplinava il sistema radiotelevisivo pubblico e privato. Questa legge permetteva la diretta nazionale alle reti private e limitava a 9 le reti che ne potevano usufruire (a TeleMontecarlo e Videomusic che non avevano appoggi politici non fu concesso, se non nel 1994, dopo un ricorso alla Corte Costituzionale) e obbligava tutti a produrre un tg per rete. La Fininvest così cominciò a produrre i suoi TG in diretta concorrenza con quelli RAI. Nel febbraio 1991 iniziava le trasmissioni Studio Aperto, diretto da Emilio Fede, trasmesso su Italia 1. Dal gennaio 1992 partiva il TG5, diretto da Enrico Mentana e nel giugno 1991 il TG4 diretto da Emilio Fede (mentre Studio Aperto passava a Paolo Liguori). I TG Fininvest puntavano su un forte potere interno del direttore che era allo stesso tempo anche il conduttore e che godeva di una autorità nei confronti della redazione giornalistica che i direttori dei TG RAI non avevano mai avuto; erano molto più teatrali e drammatizzanti con un ritmo molto veloce; cercavano l’effetto più dell’approfondimento; erano trainati da altri programmi (ad esempio il TG5 dopo La ruota della fortuna di Mike Bongiorno) e con uno stile di conduzione vicino al pubblico della rete; la successione delle notizie non rispondeva a criteri di pagine, ma alla necessità di mantenere l’attenzione dello spettatore.
Gli avvenimenti a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta (la caduta del Muro, Piazza Tien An Men, la guerra del Golfo, Falcone e Borsellino, la crisi della prima repubblica, Mani Pulite, la trasformazione del PCI in PDS, la guerra nella ex Jugoslavia, ecc.) rilanciarono l’informazione dandole un ruolo di primo piano non solo nell’accompagnare gli eventi, ma anche, in qualche modo, per produrli. La caduta della prima repubblica con la sparizione dei vecchi partiti, ad esempio, fu senz’altro favorita dal’influenza che ebbe sull’opinione pubblica la diffusione di determinate notizie. Il programma più in sintonia con questa fase fu probabilmente Milano Italia condotto da Gad Lerner, una sorta di tv di piazza con l’intervento diretto dei cittadini, come aveva già cominciatoa fare Samarcanda. E per le stesse ragioni il TG3 aumentò fortemente la propria audience.
Nel 1993 durante il governo Ciampi furono dimessi tutti i direttori dei TG RAI nel tentativo di superare la precedente stagione della lottizzazione, anche se in realtà molti parlarono di un tentativo di attaccare il TG3. Tutti i TG cercarono di “americanizzarsi” cercando a Tg più dinamici anche sul piano visivo: i giornalisti stavano in piedi e giravano intorno alla scrivania; un sommario delle notizie del TG veniva annunciato nella trasmissione precedente; le sigle cambiavano di nuovo con un maggior spazio agli effetti elettronici e sonori. In casa Fininvest, dopo la decisione di Berlusconi di entrare in politica TG4 e Studio Aperto si trasformarono in bollettini di partito, mentre il TG5 di Mentana si manteneva più defilato.
Con la vittoria di Berlusconi nel 1994 Letizia Moratti divenne presidente RAI e subito si tornò alla vecchia pratica di lottizzazione. Il TG1 fu affidato a Carlo Rossella, già vicedirettore di Panorama, settimanale di Berlusconi, il TG2 a Clemente Mimun, già videdirettore del TG5 mentre il TG3 fu lasciato a una giornalista non legata alla Fininvest, Tana de Zulueta.
Durante il governo del centrosinistra dal 1996, i direttori del TG1 cambiarono varie volte, recuperando alla testata le sue caratteristiche politiche “centriste”, mentre il TG2 rimaneva in quota al centro destra e il TG3 alla sinistra.
Gli anni Duemila
Con la vittoria politica della coalizione guidata da Berlusconi cambiavano di nuovo gli assetti RAI con il TG1 che tornava espressione della nuova maggioranza governativa, il TG2 che già lo era e il TG3 che era messo sulla difensiva, sempre minacciato di un intervento che normalizzasse del tutto la redazione. Il TG4 ha mantenuto le sue caratteristiche di testata di partito, legata al “personaggio” Emilio Fede, mentre Studio Aperto sotto la direzione dal 2000 di Mario Giordano ha assunto la fisionomia di un TG slegato sostanzialmente dall’informazione politica, e occupato invece raccontare gossip e fatti di costume. Alla vigilia delle elezioni del 2006 Mentana è stato repentinamente sostituito con Carlo Rossella che ne ha fatto un TG più allineato alle posizioni del centrodestra, anche se non con la risolutezza del TG4.
La vittoria politica del centrosinistra nel 2006, ha portato al cambio della guardia al TG1, con un direttore politicamente centrista, Gianni Riotta, già vicedirettore del Corriere della Sera.