DEPRESSIONE E DIPENDENZA AFFETTIVA.
La Dipendenza affettiva è simile alla Tossicomania, con la differenza che nella seconda l’oggetto tossico è la sostanza, mentre nella prima si tratta di una persona.
Credo che molti di noi, nella loro vita, abbiano conosciuto, direttamente o attraverso altri, soggetti caduti in questo rapporto.
Io ho un carissimo amico che è caduto in questa trappola. Lo conosco dall’asilo, ma, solo dopo i 20 anni, ho capito che in lui qualcosa non andava. Le sole uscite alle quali partecipava erano quelle culinarie, mai con donne. Ho cominciato a pensare che fosse omosessuale, il che sarebbe stato ottimo: voleva dire che aveva trovato la sua strada.
Ci siamo rivisti dopo un po’ di tempo e si era fidanzato. Invece di essere allegro era sempre malinconico e non voleva dirmi il motivo.
La ragazza, con cui stava, pretendeva da lui che si vedessero tutti i giorni, doveva riscriversi all’Università, andare tutte le domeniche a Messa, lui che, come me, era ateo e non fare sesso.
Cercai di fargli capire che tutte queste cose, che lei pretendeva, non facevano parte di un rapporto paritetico, ma di qualcosa di anomalo che lo metteva in una ceca dipendenza della donna che lui amava. Ricordo che, 15 giorni prima del matrimonio, tappezzai la loro casa. Finiti i lavori, mi disse che lei aveva deciso di lasciarlo. Era distrutto. Io gli dissi che era stato fortunato perché i problemi tra loro sarebbero diventati enormi e chi ne avrebbe fatto le spese sarebbe stato soprattutto lui.
Dopo qualche mese ci ritrovammo. Aveva un’altra fidanzata. Dopo un po’ che stavamo parlando capii che la prima esperienza non era servita a nulla: dipendeva sempre da lei. Dopo mesi non avevano nemmeno accennato al sesso. Poi per un po’ non ci siamo ritrovati. Ho saputo poi che si era sposato, ha avuto una bimba e la moglie si è suicidata. Non lo so perché, ma io non sono rimasto tanto sorpreso.
Quando ci troviamo di fronte al principe azzurro o alla principessa ideali, riponiamo nella relazione affettiva tutte le nostre speranze. Ma come possiamo capire che siamo in presenza di un legame d’amore sano? Il presupposto fondamentale affinché una relazione sia ritenuta sana è la presenza di un amore definito come un accrescimento reciproco e uno scambio tra le persone che si amano, fondato sull’onestà e sull’integrità personale. All’interno di una relazione sana ci si prende cura l’uno dell’altro, vi è equilibrio tra dipendenza e autonomia, è presente cooperazione, tolleranza reciproca e si accettano i cambiamenti della coppia nel tempo. Quando invece la relazione dà origine a sentimenti quali insoddisfazione, umiliazione, competizione e ostilità, quando non sono condivisi i bisogni e la progettualità e vi è mancanza di rispetto, siamo in presenza di quella che viene definita dipendenza affettiva; Può accadere che il soggetto dipendente metta in atto comportamenti volti esclusivamente all’interesse del proprio oggetto d’amore, inizialmente accettabili e apprezzabili, ma che con lo scorrere del tempo diventano pesanti, opprimenti, intollerabili da parte del partner il quale, nella maggioranza dei casi, sceglie di scappare da questo tipo di rapporto. L’amore risulta così a senso unico, che, a lungo andare, sarà percepito come sofferente e insoddisfacente dal dipendente affettivo, in quanto, essendo totalmente ed esclusivamente dedito alla vita del partner, dimentica di appagare i propri bisogni, desideri, e in generale il proprio benessere.Il dipendente affettivo percepisce così un senso di non amabilità, sente di non essere abbastanza degno dell’amore altrui, motivo per cui tende a sacrificarsi per rendersi sempre di più desiderabile. Un’altra importante caratteristica è la costante ansia che manifesta per la paura dell’abbandono e l’incapacità di sopportare lunghi distacchi dal proprio partner. Il soggetto dipendente percepisce che la relazione è senza speranza e generatrice di dolore, ma nonostante ciò è incapace di dire basta, di uscirne fuori e di cominciare a vivere una nuova vita, in quanto ha sfiducia nelle proprie risorse e dipende totalmente da quella del partner. Sul piano sintomatologico il dipendente affettivo è caratterizzato da ansia, depressione, malinconia, pensieri ossessivi, profondo senso di colpa o di rabbia e svalutazione dei sentimenti. Anche la paura del cambiamento è una caratteristica essenziale, dal momento che il soggetto dipendente tende a limitare il proprio compagno nello sviluppo di capacità individuali e interessi a causa del timore che la relazione cambi o diventi instabile. Infine, un ultimo aspetto determinante nel dipendente affettivo, è una sorta di presunzione di riuscire ad ottenere ciò che vuole, cioè di essere amato e apprezzato dal proprio compagno come egli desidera. Pur essendo un disturbo con un’incidenza psicopatologica statistica nettamente superiore nel genere femminile, la dipendenza affettiva insorge anche nel sesso maschile. La dipendenza affettiva maschile appare più mascherata e più drammatica rispetto a quella del genere femminile. Il mascheramento di tale patologia è connesso ad un condizionamento culturale che impone all’uomo di apparire un essere forte e padrone di sé, delle proprie emozioni e dei propri affetti. Tutti gli esseri umani nascono e vivono all’interno di una rete di relazioni e di legami con le altre persone. Difatti alla base dell’esistenza umana vi è il bisogno d’amore che necessita di un suo pieno soddisfacimento attraverso il contatto che ognuno di noi ha con il benessere psico-fisi
Non tutte le persone depresse sono dipendenti affettivi. Ma ogni dipendente affettivo attraversa profonde crisi depressive. La depressione è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi che si presentano in modo continuativo per settimane come la marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, diminuzione o aumento dell’appetito. I più diffusi sintomi sono:
Senso di fallimento, perdita di piacere nei confronti della vita.
Insonnia o ipersonnia.
Agitazione o rallentamento psicomotorio.
Faticabilità o mancanza di energia anche per le più banali mansioni.
Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (che possono essere deliranti).
Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione. I
n casi estremi: pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidarla.
In Lutto e Malinconia (1918), Freud affronta il tema della depressione e la distingue da una normale fase della vita di lutto per la perdita dell’oggetto amato. Se una persona cara viene a mancare, è fisiologico ritirare l’energia libidica che si aveva investito su di lei, si attraversa una fase di forte tristezza, rabbia, elaborazione che richiede un impegno emotivo, cognitivo, e quando il processo si conclude, la persona avrà di nuovo energia disponibile per investirla su un altro oggetto.
La depressione invece, Melanconia come la definisce Freud, è un’identificazione con l’oggetto perduto, da cui non ci si riesce più a staccare. Si resta così invischiati in uno stato d’animo dove il senso di perdita e di nostalgia sono costanti.
Ben conosce questa sensazione il dipendente affettivo. Egli ha dentro una tristezza che sembra non lasciarlo mai.
L’unico modo per far cessare questa fame, questa ‘assenza’, pare essere la vicinanza dell’oggetto amato, cioè il partner, cui egli si aggrappa, come a una stampella. Tale vicinanza arriverà, però, a essere percepita ben presto come distanza emotiva e psicologica. Il senso di lontananza è dovuto a una mancata interiorizzazione di una figura accuditiva capace di fare sentire l’individuo in grado di accudirsi da solo. Così la persona che sente di aver perso la figura di accudimento, si avvicinerà al partner con richieste di tipo infantile, non alla pari, uomo/donna, ma ripresentando un tipo di relazione asimmetrica, adulto/bambino. Il malinconico, avvertirà dentro di sé un sentimento invischiante, oscuro, uno struggimento costante appena il partner si allontana, o non soddisfa tutte le sue richieste affettive. L’altro non potrà mai saziare questa mancata introiezione dell’oggetto buono. Il dipendente affettivo sentirà solo di averlo perduto, e urlerà il suo bisogno al partner, che resterà attonito, incapace di placare la sua sete d’amore insaziabile.
Una volta che si riconosce dentro se stessi l’origine di questo stato d’animo ricorrente, si dovrà cessare di pretendere l’accudimento dall’altro, e trovare strategie per costruirsi di nuovo un oggetto interno buono, che soddisfi prima di tutto da dentro le esigenze affettive, e ponendosi verso l’altro in una dimensione non di sola richiesta ma di scambio adulto/adulto.