Arte al femminile: Angelica Kauffmann
“Se fosse consuetudine mandare a scuola le bambine e insegnare oro le stesse cose materie che vengono insegnate ai ragazzi ,apprenderebbero altrettanto bene e potrebbero comprendere la sottigliezza di ogni arte e scienza”.
Cristine De Pisar
Essere donna e artista nel corso dei secoli non fu facile.
Pagine di arte al femminile narrano storie di talenti rimasti di talenti rimasti incompiuti nei vari capitoli storici dell’antichità: 400’, rinascimento e barocco, settecento, ottocento, primo novecento, secondo novecento.
Argomento principale è la difficoltà nel conciliarne identità femminile e vocazione artistica.
Problema di fondo non poteva che essere di natura culturale.
Noto a tutti come il gentil sesso venne a lungo tempo escluso da scuole d’arte e Accademia e fu vietato dipingere nudi dal vero.
Tra le “tante” che, nonostante tutto, riuscirono con forza a emergere vi è Angelica Kauffmann.
Figura di spicco del XIII secolo.
Figlia (come numerose altre artiste che videro la gloria) di un pittore, che da sempre ne appoggiò la vocazione: bambina artisticamente brillante.
Intorno ai dodici iniziò a ritrarre personaggi in vista, durante un soggiorno a Milano attirò l’attenzione del duca di Modena che le commissionò alcune opere
Da adulta fu stimata da intellettuali, tra i quali Goethe e Whinkelmann.
A soli 23 anni le si aprirono le porte dell’Accademia di San Luca a Roma e quelle di noti cenacoli tra i quali il Circolo Londinese di Joshua Reynolds, uomo tra i più in vista nella vita vita cuturale anglosassone e del quale si prodigò nel ritrarlo.
L’istituzione in seguito, la vide anche tra i menbri fondatori.
La sua abilità fu il ritratto, anche se amò avventurarsi in svariati temi, inoltrandosi nella pittura a sfondo storico.
Alla prima esposizione della Royal Academy presentò solo tele a soggetto storico.
Molto impegnata su suolo inglese, fu proprio l’Italia a conferirle notorietà e apprezzamento, slegandola da ruolo di semplice ritrattista.
Uno stile il suo che spazia, dividendosi da spunti settecenteschi a temi tipici del neoclassicissismo.
Affronta soggetti religiosi, e con disinvoltura anche temi mitologici, il che le permise di avere una forte influenza tra le corti e i collezionisti di tutta Europa.
Ogni suo estimatore ne apprezzò non solo le qualità artistiche, ma altresì le doti intellettuali.
Occorre mettere in evidenza come per una donna debba superare ostacoli per raggiungere una posizione di rilievo in ambito artistico. Intelligentemente, prestò attenzione alle leggi del mercato, e una volta giunta a Roma dipinse un ritratto del già citato WInchelmann, teorico del Neoclassicismo. In questo modo riuscì a mettersi in evidenza tra gli intellettuali della città.
Entrò a far parte dell’Arcadia, ma allo stesso tempo divenne la più importante rappresentante.
Ippolito Pindemonte, letterato del secolo e affascinato dalla pittrice, scrisse di lei “ Saffo della Pittura”, facendo riferimento a quella famosa vittoria che la poetessa riportò su Pindaro durante i giochi pubblici.
La pittrice non è comunque l’unica donna a conquistare l’Arcadia, con essa si può trovare Lavinia Fontana.
Siamo nel 1758, quando venne pubblicato un volume dal titolo “Il trionfo delle donne forti”, in cui si mise in luce la componente intellettuale appartenente al sesso femminile.
Angelica si spense nel 1807, la città di Roma le organizzò un funerale seguendo il modello di Raffaello. Nel Pantheon, venne collocato un busto ritratto dalla pittrice.
Venne sepolta a Sant’Andrea accanto al marito, Antonio Zucchi, anch’esso pittore di successo, che trascurò la sua carriera per occuparsi di quella della moglie, fugendo all’attuale figura di manager.