Evita Perón,cigno bianco o cigno nero?
Amata e odiata.
Figlia illegittima di Doña Juana e Don Juan Duarte, all’anagrafe Eva María Ibarguren.
Solo in seguito al matrimonio con il generale Peròn acquisirà il nome di María Eva Duarte de Perón.
Per chi l’amò e rispettò fu semplicemente Evita.
Di umili origini, nacque nel villaggio di Los Todos, nei pressi di Juinin.
Da cosa nasce questo contrasto, “Cigno bianco” o “Cigno nero?”, “Madonna o Prostituta”?
Il primo aggettivo, tramutava Eva in una sorta di Vergine, donna dalla dolcezza materna e dotata di spirito di sacrificio.
Il secondo aggettivo dava di lei l’immagine di una prostituta, assettata di potere; insomma, una vera e propria arrivista, capace di calpestare tutto e tutti.
Per comprenderne il percorso occorre partire dall’infanzia, e in seguito passare all’adoloscenza.
Un carattere in perenne divergenza: allegra e capricciosa in casa, introversa non appena il suo musetto usciva dalle mura domestiche.
Le sfuriate erano di routine, tanto che, la rabbia la svuotava di ogni forza. All’esterno, come poteva quel corpicino magro sostenere una simile tempesta?
Pallida e bruna di capelli , i suoi capelli castano scuro furono sempre tagliati corti, il che metteva in evidenza la praticità della figura materna.
Le bambine contrariamente sognano capelli lunghi e dal color dorato. Appena raggiunta la libertà, Evita realizzerà il suo sogno d’infanzia e generalmente di stampo femminile.
La storia di Evita, è anche la storia dei suoi capelli :ricci, timidi o audaci, fino a giungere all’elegante chignon che fece di lei una vera First Lady.
Per tutta la vita dimenticò e rifiutò il cibo; non voleva essere come la madre. Plasmò il suo corpo in funzione di quest’ultima: una reazione forte e potente. Il significato fu palese: urlare il suo no alle rotondità materne.
Digiunava, sotto lo sguardo di Doña Juana che, nonostante tutto, dietro quel rifiuto, percepiva asio nei suoi confronti.
Assumeva calcio per via della malnutrizione.
A 15 anni lascia la casa materna, per tentare la carriera di attrice. “ Voglio diventare attrice”, ripeteva a se stessa.
In questi anni, la sua bellezza non era ancora sfociata: pallida, magrissima e malvestita. Si comportava con audacia, ma le sue mani la tradivano: fredde ed umide.
Si credeva bella, ma in realtà, non fece altro che vedere la sua immagine futura. E non ebbe torto.
Nel corso della sua carriera di attrice gli uomini la ferirono, ma la sua vocazione fu sempre al primo posto.
Il suo temperamento focoso le permisero di sacrificare tutto pur di raggiungere i risultati sperati.
Scelse i suoi amanti secondo il suo scopo: ottenere la parte. Gli uomini non furono per lei un fine, ma un mezzo; ammise sempre e senza ipocrisia che questa era la logica della sua vita.
Eva amò il potere, che con il tempo, non fu fine a se stesso, ma non appena divenne “Donna Politica”, utilizzò per portare avanti forti azioni dal carattere sociale.
Fino al 1942, si può affermare che Eva fu una giovanissima attrice , ambiziosa, travolta dalla voglia di riprendersi una rivincita sulla vita stessa, associato a ciò una predisposizione naturale al nazionalismo e ai problemi di natura sociale.
Ne”La Razòn de mi vita”, dichiara il sentimento di rabbia verso le ingiustizie; sentimento così forte che le tolse il fiato fino al momento del decesso.
Donna tutt’altro che fine, cambiò dopo il viaggio in Europa nel 1947, messaggera di Peròn e moglie.
A seguito del colpo di stato del 1943, Evita face il suo ingresso in radio. Inevitabilmente la sua vita subì cambiamenti. Radio considerata la seconda al mondo dopo quella degli Stati Uniti. Ogni giorno, alle 17, padrone di casa, operaie e domestiche vivevano attimi di pura magia, ascoltando quella voce candida, dolorosa e acuta. Per certi versi fu anche una voce goffa, come le sue ascoltarici: donne normali, donne di tutti i giorni.
Divenne amante di Anibal Imbert, nominato direttore delle poste e delle comunicazioni, il quale uscì con un comunicato.” Divieto di diffondere certi “tanghi” negativi(tipo quelli rigirano il coltello nella ferita, ripetendo che la giovinezza perduta non sarebbe più tornata”.
Senza quest’uomo non avrebbe ottenuto ruoli radiofonici brillanti e forse non avrebbe mai conosciuto Peròn.
Evita vinse la sua prima battaglia.
A settembre la rivista “Antena “ annunciò che Evita Duarte, sarebbe stata protagonista di trasmissioni radiofoniche trasmesse da “Radio Belgrado”, dedicate a sole donne e nelle quali interpretava celebrità del calibro dell’ Imperatrice Carlotta, della Regina Elisabetta I d’Inghilterra, Anna d’Austria e Caterina di Russia.
Sceneggiatori: Alberto Insida e Francisco Mufloz Apiri (Scrittore nazionalista), in seguito autore di tutti i testi di Evita, di modo che il passaggio dal mondo dello spettacolo a quello della politica arrivò senza troppo rumore. L’ambiente peronista non dette peso a questi ruoli storici, né tanto meno alla donna.
La realtà è che la nostra Eva avrebbe potuto non saltare mai fuori, è altresì vero che Peròn le garantì l’opprtunità, ma non fu lui a crearla come donna e personaggio.
Ragazza svelta a cui il destino insegnò a fare affidemento sull’acutezza della sua intelligenza, concreta, divisa tra quella di un animale nella foresta e un uomo in guerra: spirito di sopravvivenza.
Se per Eva la radio era un potente fattore d’influenza, per Peròn furono importanti i sindacati. Da qui l’incrocio personale e politico tra i due.
Il 3 agosto 1943, ecco che figura tra i fondatori di “Associazione radiofonica Argentina”, con lo scopo di tutelare gli interessi dei lavoratori della radio argentina; incrocio tra la collera che nutriva e quelle idee che aveva colto al volo.
La storia d’amore tra Evita e il generale Peròn sorse ufficialmente in seguito al terremoto che distrusse San Juan, mietendo vittime e lasciando migliaia di orfanelli in mezzo a una strada.
Tra le commissioni di aiuto alle vittime figurava l’Associazione Radiofonica Argentina, che collaborò all’organizzazione di un grande festival artistico in soccorso ai senza tetto.
Il Festival si svolse il 22 gennaio con la presenza di Juan Domingo Peròn, segretario del lavoro e degli affari sociali e del suo vice Mercante.
La storia è fatta.
Eva con il tempo si tramutò in personaggio politico.
L’esperienza umana che mancarono a Peròn ebbero su quest’ultimo un forte ascendente. Lui visse da sempre nel benessere e nella protezione dell’ambiente militare. Le sole donne che conobbe, per quanto sposo e successivamente vedovo, furono prostitute, mentre le uniche relazioni maschili furono con militari.
Ebbe idee chiare sulla situazione argentina in quanto leader del Paese, ma fu solo teoria. Eva conobbe realmente la gente, fu una sopravvissuta a una fitta rete simile a una giungla senza fine.
Donna da bontà simile un tango, rispettò un principio: fedeltà, qualunque cosa accada, compagna vigile, pronta ad allertarlo. “Attento a quello”. Da ciò si evince la concretezza che la caratterizzò.
Pochi giorni dopo l’inizio del loro amore, Peròn assistette alla trasmissione di Evita insieme a Domingo Mercante.
Lo scopo fu darle appoggio.
Da questo momento l’immagine di Evita cambiò: mantenne una doppia personalità, quella di attrice e quella di politicante, attraverso un suo stile personale nel vestire. Capelli biondi, chignon e taiilleur per manifestare la donna fine e di potere che si accingeva a divenire.
Il I maggio dello stesso anno avvenne la prima apparizione pubblica della coppia Però-Duarte.
“Un tailleur piede di traule, con una doppia fila di bottoni e un colletto di velluto”.
Amò e fu grata fino alla morte all’uomo che l’aveva salvata e per la quale sarebbe poi andata al rogo, fino ad autodistruggersi attraverso il tumore che la colpì.
Nel giugno 1944, nuova avventura radiofonica, con una serie di trasmissioni dal titolo “Verso un avvenire migliore”.
Nel frattempo Peròn assunse tre ruoli: segretario del lavoro, ministro della Guerra e Vice Presidente D’argentina. Le misure popolari che aveva preso, gli assicurarono la fedeltà dei poveri, e misero in evidenza tutto ciò che proclamato da comunisti, socialisti e anarchici, non essendo mai stati al potere, non avrebbero mai potuto trovare fondamenta pratiche.
Lo Statuto dei lavoratori agricoli venne modificato: salario minimo, diritti civili, ferie pagate, indennità di licenziamento e riposo domenicale. E poi c’era Evita che visse in simbiosi con il popolo, odiata dai militari, e dall’opposizione democratica.
Peròn venne messo in discussione e costretto dal Ministro degli Interni a dare le dimissioni, prima di farlo annunciò ai lavoratori e ai sindacati: “Vi chiedo di rispettare l’ordine pubblico affinché si possa proseguire la nostra marcia trionfale. Però, se un giorno si rivelasse necessario, vi chiederò di battervi”.
In strada, in mezzo agli operai, Evita, che il 17 ottobre mattina percorse in macchina i quartieri popolari chiamandoli allo sciopero. Mariano Tedesco, dirigente del settore tessile dichiarò che la donna passò tutta la settimana a contattare gli operai del suo sindacato dando loro appuntamento a luoghi e orari “strani”.
Passando in taxi davanti alla Scuola d’ingegneria, il taxista la denunciò agli studenti, i quali fatta scendere dal mezzo la colpirono, ma ad ogni colpo, il nostro cogno si sentì rinascere. Si sentì purificata da ogni vigliaccheria. Nel frattempo Peròn è imprigionato e susseguentemente liberato.
Si sposano, in quanto figlia illegittima Evita si trova costretta a manomettere in proprio atto di nascita.
Portavoce della propaganda elettorale, alla vittoria delle elezioni terrà il suo discorso balcone di Casa Rosada al popolo.
Messaggera in Europa in rappresentanza del suo uomo di relazionerà con il generale Franco, si recò in Italia per una visita informale, e in Francia , nella maniera più formale, dove mise piede a Notre Dame affiancata da Madame Suzanne Bidault e dal conte di Parigi.
Evita si recò in Europa per creare un ponte tra i due continenti. Ciò a confermare il suo ruolo di intermediaria. “Sono il ponte che collega Peròn al popolo. Attraversatemi”.
Fece scalpore il suo arrivo in Italia: De Gasperi ebbe un colloquio con la donna. Il partito comunista rifiutò, invece, la sua presenza.
Eva giunse alla biblioteca Pontificia e si trovò faccia a faccia con Pio XII, venti minuti di colloquio nel quale ricevette la benedizione del Papa.
Piano, piano la sua salute divenne sempre più fragile.
Non ci fu luogo in cui non andò a visitare orfani, ospedali e quartieri degradati aiutando attraverso fondi alla ricostruzione e al supporto.
Rientrata in Argentina, ogni giorno ricevette operai, bambini bisognosi, donne in difficoltà, lavoratori, trovando per essi una reale soluzione alle necessità, Evita acconsentiva a ogni richiesta.
Fu lei a portare le Donne ad avere il diritto al voto, creando addirittura una Fondazione a soccorso dei poveri, e un partito al femminile, atto che fino a quel momento fu rinnegato da chi deteneva il potere.
“In politica, la donna deve stare a fianco dell’uomo, ma senza permettersi di immischiarsi nei suoi affari. Nessun Uomo nell’unità di base: in politica il peggior nemico della donna è l’uomo”
Piano, piano, il tumore iniziò a sbranarla, nonostante le operazioni a cui venne sottoposta non riuscì a sfuggirvi. Lavorò con il corpo scheletrico fino all’ultimo dei suoi giorni a difesa dei più deboli, a Natale parlò alla radio uscì nei giardini della residenza per fare regali ai bambini: giocattoli, sidro, panettoni, dando a tutto ciò un immenso valore simbolico: La condivisione con gli umili.
Grazie a lei, 25 donne ottennero un incarico parlamentare.
Il I maggio, si trascinò nuovamente sul terrazzo di Casa Rosada per tenere il suo ultimo discorso.
Donna dalla mente lungimirante, si rese conto che un nuovo colpo di stato era alle porte, e che questa volta avrebbe portato al crollo del peronismo. Destinò quindi un’ingente somma di denaro al fine di armare il suo popolo. Il decesso avvenne il 26 luglio 1952.
Il suo corpo mummificato.
A settembre Peròn come previsto da Evita venne destituito. Il corpo della donna nascosto e trafitto da coloro che salirono al potere, fino a che, a distanza di anni, venne ritrovato al Monumentale di Milano, fece ritorno in patria riparato dai danni che da morta subì.
Sicuramente Evita fu il perno, la luce del peronismo e di una rinascita sociale: grande stratega politica, senza di lei tutto scomparve.
Passò alla storia per aver affrontato i potenti, così, senza peli sulla lingua, utilizzò spesso un linguaggio volgare. Arrivata al potere insultò pesantemente ministri e ambasciatori con toni mai sentiti in quelle stanze dai tappeti rossi e dai rivestimenti in legno. Legò la propria voce a difesa dei diritti dell’infanzia, delle donne e dei lavoratori. Rappresentò gli umili, fondendosi e dialogando con essi in prima persona, non rinnegò il suo passato, fatto di terra, strada e miseria. Il suo fu un trascorso pesante e per certi versi doloroso.
Per tornare alla domanda iniziale, prova a dare una risposta Alice Dujovne Ortiz, scrittrice e autrice di una biografia della donna: “Tanto il mito bianco bianco, quanto nero partono dallo stesso principio. Gli uni amavano Eva per la sua purezza. Gli altri la odiavano perché impura. Per entrambi, il sesso era condannabile. La vergine e la puttana non erano che le immagini di un unico e medesimo ideale. Borges vedeva in Evita una prostituta. Esaltarla o denigrarla assumeva proporzioni sovrannaturali. La si amava religiosamente e religiosamente la si odiava”.
Poco prima della morte pronunciò le seguenti frasi: “ Su Evita è stato detto tutto. O forse, resta ancora tutto da dire”.
Cigno bianco e vergine, ecco tutto.