Skip to main content
Milano più sociale. Periodico di informazione online

Camille Claudel

| Mara Cozzoli |

“Mia sorella Camille aveva una bellezza straordianaria, e anche un’energia, un’immaginazione, una volontà eccezionali. E queste superbe doti non sono servite a nulla: dopo una vita estremamente dolorosa, è arrivata a un completo fallimento. Gli splendidi doni che la natura le aveva offerto sono serviti soltanto a renderla infelice”.
Paul Claudel

Scultrice francese, Camille nasce nel 1864.
Sorella maggiore dello scrittore e diplomatico  Paul Claudel, rappresenta una delle figure tra le più tormentate del panorama artisco/culturale del XX secolo.
Vive un’infanzia poco equilibrata circondata da liti tra i genitori.
Se da un lato, il padre, Prospére Claudel riesce a comprendere l’inclinazione all’arte di Camille, dall’altro, non assume lo stesso atteggiamento la madre, che non perde occasione per attaccare le scelte della figlia, non in linea con le regole stabilite dalla borghesia.
Molto vicina a Paul, fratello minore, anch’egli una mente geniale e stravagante nel suo modo di essere.
Trasferitasi a Parigi con la famiglia si iscrive all’ Accadémie Colarossi e allestisce un atelier che divide con tre amiche, tra le quali Jessie Lipscontò, come Camille, allieva di Rodin. Inevitabilmente, l’incontro con il celebre scultore, sfocia in una relazione sentimentale, lei posa per lui e collabora alla realizzazione delle figure per l’opera “Porta dell’inferno”.
Il lavoro della giovane donna si avvicina a quello di Rodin, senza tramutarsi in copia.

Aurore, 1893

Fra i due, si stabilisce un rapporto di collaborazione e confronto.
Basta osservare “Il valzer”. Se Rodin concepisce la coppia come unione di due corpi separati, per Camille, i due soggetti costituiscono una sola figura, interpretabile come fusione di corpi e gesti.
I due frequentano il fulcro della cultura parigina del tempo, e i soggiorni prolungati si traducono in vere fughe d’amore.
Rodin è però impegnato con un’altra donna e non ha intenzione di sposare la sua giovanissima allieva. Nel 1888, il rapporto tra i due è logoro, nella vita di Camille entra Claude Debussy, musicista trentenne emergente.
Anche Debussy è legato a un’altra donna.
Nel frattempo, la scultrice è riuscita a farsi conoscere, le sue opere riscuotono successo e sulle riviste d’arte, appaiono sempre più spesso articoli dedicati a quest’ultima.

L’abbandono, 1888

Fama e successo, non bastano a calmare gli stati d’ansia che la imprigionano frequentemente; Camille soffre infatti di manie di persecuzione e l’ambiente familiare non le è d’aiuto.
La madre e la sorella le sono ostili, il fratello è all’estero.
Nel 1913 viene rinchiusa in manicomio, ma Camille ha rinunciato a vivere molto tempo prima. Si chiude in una solitudine che non rispecchia la ragazza frizzante da tutti conosciuta.
Si sente tradita dal fratello, così come Rodin l’ha ripudiata, abbandonandola in un reparto di psichiatria.

Il Valzer, 1895

Arriva la morte, che sopraggiunge nel 1943.
Una vita triste e tormentata ha generato intorno alla figura della donna una sorta di leggenda. Camille ha ispirato tragediografi, registi cinematografici e romanzieri.
La scultura è un mondo poco adattabile alla femminilità: “Quest’arte disgraziata è fatta per le grandi barbe e le brutte facce” urla la donna, consapevole della propria bellezza, ma è anche il solo mezzo con cui la tormentata Claudel è in grado di esprimere la propria interiorità.
Ogni sua creazione nasce dal più intimo dei sogni, il suo plasmare la materia ha il profumo dell’ardore.

Camille posa per Rodin

Il linguaggio utilizzato oscilla tra la ricerca di Rodin e lo stile visionario dei simbolisti.
“L’arte di Camille” scrive Paul, “fin dall’inizio, splende per le caratteristiche che le sono proprie. Si vede emergere l’immaginazione più forte e più spontanea, il dono di inventare il suo genio è quello delle cose che si è imposta di rappresentare. L’oggetto scultoreo, per lei, è quello diventato suscettibile di essere staccato, colto, posseduto da mani intelligenti”.
Sicuramente le vicissitudini personali ne hanno in parte occultato il talento.

L’età matura, 1897



Mara Cozzoli

Leggi tutti gli articoli