René Magritte.
Nato a Lessines il 21 novembre 1898, Magritte è considerato tra i più grandi esponenti del surrealismo belga.
Affinché la sua arte fosse riconosciuta al di fuori della cerchia dei surrealisti passò oltre ¼ di secolo.
Entrando nello specifico delle opere create è possibile notare come queste ultime assumono svariate tinte, ondeggiando tra poesia, filosofia e sociale; apparentemente semplici, possono però trarre in inganno: difronte a noi un pittore difficilmente comprensibile.
Ad oggetto l’irrazionale che, intollerante al passare in secondo piano, risulta alla ricerca di una propria legittimazione.
Magritte riconduce all’interiorità e alla riflessione, elementi raggiungibili solo attraverso il silenzio, ostile nel raccontare passato ed eventi traumatici legati al proprio vissuto, mette in atto un fenomeno di repressione.
Nel corso della vita d’artista rifiuta l’arte come proiezione di sé, opponendosi a qualsiasi interpretazione di natura personale, psicologica ed estetica; tali esplicazioni, con ogni probabilità, l’avrebbero privata del messaggio da infondere alla società del tempo.
Noto a tutti per il suo disaccordo nei confronti di quest’ultima, vedeva la creatività come strumento visivo in grado di rendere cosciente chiunque.
Ogni immagine, da quelle più coinvolgenti a quelle maggiormente provocatorie, derivano dal palesarsi di quanto è racchiuso nel mistero del mondo.
Agli occhi dell’artista una realtà già svelata, che impedisce di trovare ispirazione nei sogni, nelle allucinazioni o in fenomeni occulti.
Di rilievo, lo stato che precede e si muove di pari passo al risveglio.
Sicuramente Magritte non è un enigma da risolvere, bensì è lo stesso a veicolare l’osservatore verso l’interpretazione del modo di dipingere che gli appartiene e a tutto il processo mentale posto alle fondamenta.
Ne deriva l’insorgere di un conflitto relativo al legame opera/simboli, diniego verso la psicoanalisi, al fine di difendere l’essenza stessa dell’opera.
Artista fuori del comune, presta attenzione alle parole, le quali trovano posizione all’interno dei suoi disegni, di conseguenza, trovarsi innanzi a Magritte significa anche camminare sulla medesima linea di peso e valore conferito alle parole stesse. Ogni opera prende vita per mezzo di oggetti comuni: alberi, sedie, porte e finestre, in perfetta linea con la volontà di essere capito attraverso strumenti semplici.
Del resto, si dissocia dal mondo fantastico e da quello dei sogni.
Max Ernst : “Magritte non dorme e non resta sveglio. Illumina. Egli rivela metodicamente, senza ridere”.
Di particolare importanza le affermazioni del pittore nel corso degli anni parigini: “Quando apro gli occhi, molti pensieri mi affollano la mente. Sono le cose che ho visto il giorno prima. Accade che io mi ricordi così delle cose che ho sognato di notte. Le ricordo sempre con grande felicità: è come una vittoria, per me, quando riesco a recuperare il mondo dei miei sogni. Avevo già pensato quanto i miei pensieri del mattino fossero curiosi; mi sembrava che il problema fosse quello di ricordare più cose possibili e, a quanto posso rammentare , non mi spingevo nel passato oltre le 24 ore.
Me ne rendevo conto subito non appena mi veniva in mente di fare un controllo”.
Si verifica in tal modo l’associazione tra ricordi repressi di persone viste e personaggi mai visti ma sognati.
Da sottolineare la distinzione fra allucinazione e ricordi reali.
Magritte si spegne a Bruxelles il 15 agosto 1967.
Tra le opere ricordiamo:
La condizione umana
Il fantino perduto
Il finto specchio
Scoperta
La coltivazione delle idee