Esperto di Harvard conferma: nessuna prova che l’elettroshock funzioni.
Ricercatori hanno rivisto i risultati dei maggiori studi fatti nel passato per dimostrare sicurezza ed efficacia dell’elettroshock (o TEC – Terapia Elettroconvulsivante – il suo nome edulcorato) scoprendo che è inutile e dannoso.
Premessa. Nell’articolo ricorrono i termini ‘placebo’ e ‘cieco’. Uno studio clinico, cosiddetto di terza fase (o ‘randomizzato’ – dall’inglese ‘random’ che significa ‘a caso’) prevede il confronto tra la cura che si sta testando e il placebo – una sostanza priva del principio attivo, di solito soluzione fisiologica (acqua e sale) oppure, nel nostro caso, una TECS (Terapia Elettroconvulsivante Simulata). Ai volontari partecipanti allo studio viene spiegato che alcuni di loro riceveranno la cura, e altri il placebo, ma senza dire loro a quale dei due ‘rami’ ciascuno di loro appartiene (studio cieco = il paziente non sa se gli è stato somministrato una TEC vera o simulata). Normalmente questi studi sono a ‘doppio cieco’: nemmeno il ricercatore sa cosa in quali dei due rami sia finito il paziente. La scelta tra cura e placebo viene fatta in maniera casuale. Perché lo studio fornisca risposte attendibili, è necessario che i volontari non possano capire, intuire o sospettare quale dei due rami gli sia toccato.
Autori
- Irving Kirsch è direttore associato del programma in studi Placebo e docente di medicina presso la Harvard Medical School di Boston e il Beth Israel Deaconess Medical Center. È anche professore emerito di psicologia all’Università di Hull e Plymouth nel Regno Unito e all’Università del Connecticut negli Stati Uniti, e uno dei massimi esperti di studi randomizzati con placebo.
- John Read è uno psicologo e ricercatore di salute mentale dall’Inghilterra. È professore di psicologia clinica presso la School of Psychology dell’Università di East London. Read era precedentemente uno psicologo clinico presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Auckland
- Laura McGrath è psicologa e ricercatrice presso la School of Psychology dell’Università di East London
Pubblicato su: Ethical Human Psychology and Psychiatry – vol 21, nr 2
L’articolo originale è lungo 40 pagine, di cui tre di bibliografia, e la sua lettura presuppone una certa familiarità con i metodi statistici impiegati nella ricerca in medicina. Abbiamo dunque deciso di riassumere alcuni punti salienti e pubblicare il link all’articolo originale per chi desiderasse approfondire. Ci auguriamo che l’Ordine degli Psicologi possa proporne una traduzione completa in italiano.
https://connect.springerpub.com/content/sgrehpp/21/2/64
La maggior parte degli studi sulla TEC sono concentrati sul confronto tra TEC e altre forme di trattamento della depressione. Questi studi contengono nelle loro premesse la presunzione che l’elettroshock sia efficace contro la cosiddetta depressione, e che occorre solo verificare se funzioni meglio o peggio di altre terapie. Gli autori di questo articolo, invece, sostengono sicurezza ed efficacia dell’elettroshock dovrebbero essere valutate, come si fa tutti i campi della medicina, con uno studio randomizzato in cui il trattamento viene paragonato al placebo. Il placebo, in questo caso, consiste nella somministrazione dell’anestetico cui, però, non fanno seguito le scariche elettriche. Gli autori hanno trovato solo 5 studi in cui l’elettroshock veniva confrontato col placebo (TECS) per il trattamento della cosiddetta depressione maggiore.
Nel seguito riassumiamo cosa gli autori hanno scoperto.
Esistono degli studi che suggerirebbero un piccolissimo effetto positivo dell’elettroshock rispetto al placebo (ma limitato ai primi 5 giorni dopo il trattamento. I miglioramenti sembrano sparire dopo il primo mese, e non lasciano alcuna traccia dopo sei mesi. L’unico studio che asseriva di dimostrare la superiorità dell’elettroshock rispetto al placebo riguardava solo 4 pazienti, insufficienti a trarre qualsiasi informazione statistica.
La qualità degli studi sottoposti a revisione è stata giudicata perlopiù scarsa, con grossolani errori di procedura, di randomizzazione e di cecità. Per esempio, solo uno degli studi soggetti a revisione escludeva pazienti che avessero già ricevuto elettroshock (l’inclusione di tali pazienti nullifica la cecità dello studio perché chi ha già subito un elettroshock sa bene come ci si sente subito dopo il risveglio, e quindi scopre facilmente se fosse capitato nel ramo con la scossa o nel ramo placebo).
Alcuni degli studi includevano addirittura pazienti soggetti a trattamento involontario (elettroshock forzato contro la loro volontà), e dimostrano efficacia zero (ma va?).
Secondo le linee guida in vigore nel Regno Unito (e, aggiungiamo, anche secondo le linee guida italiane contenute in una circolare ministeriale del 95) l’elettroshock dovrebbe essere usato solo per la cura della cosiddetta depressione maggiore in pazienti ‘resistenti’ alla cura farmacologica quando siano in pericolo di vita. Gli studi sottoposti a revisione dagli autori non contenevano informazioni che potessero confermare questi due requisiti (depressione maggiore e resistenza al trattamento farmacologico) oppure riguardavano pazienti con depressione ‘normale’ (non maggiore) e, in un caso, riguardavano persone senza diagnosi di depressione. Solo uno degli studi sottoposto a revisione dichiarava esplicitamente se i pazienti fossero stati precedentemente trattati con antidepressivi e trovati ‘resistenti’ alla ‘cura’, specificando però che solo il 46% rientrava in questa categoria.
Solo 4 studi contenevano le opinioni dei pazienti (circa l’effettività), e nessuno di questi ha preso in considerazione l’impatto dell’elettroshock sulla qualità di vita.
Per quanto riguarda la bontà statistica dei dati, tutti gli studi sono stati definiti di scarsa qualità per il piccolo numero di pazienti coinvolti: da 8 a 72 con una media di 38 (nei due rami: scossa e placebo).
La statistica insufficiente e la pletora di fondamentali errori metodologici riscontrata dagli autori non rende possibile determinare l’efficacia dell’elettroshock rispetto al placebo durante il periodo di poche settimane in cui viene somministrato il trattamento (o il placebo).
Ancora più buia la situazione per quanto riguarda i benefici nel periodo successivo al trattamento. Uno degli studi, addirittura, evidenzia che il placebo funziona meglio dell’elettroshock.
Persino se questi studi dimostrassero un vantaggio generico per l’elettroshock, nessuno dimostra l’efficacia sulla categoria di pazienti che sarebbero candidati a riceverlo: depressione maggiore resistente al trattamento farmacologico.
Nessuno degli studi presi in considerazione ha dimostrato un effetto nella prevenzione dei suicidi – uno degli argomenti più utilizzati dai paladini della scossa e gli autori concludono: “non c’è nessuna evidenza che l’elettroshock possa prevenire il suicidio”.
Di fronte alla palese assenza di effetti benefici, ci sono invece le prove schiaccianti degli effetti negativi: danno cerebrale, perdita della memoria e, in qualche caso, decesso.
Gli autori citano una nota del governo neozelandese: “La TEC può danneggiare in maniera permanente la memoria, e a volte questo assume una particolare rilevanza per la persona” e una dell’Associazione Psichiatrica Americana: “In alcuni pazienti il recupero della memoria sarà incompleto, e ci sono prove che la TEC può comportare una perdita di memoria permanete o persistente”.
In una recente causa di gruppo (class action) l’azienda SOMATICS, produttrice della macchina per la scossa, ha patteggiato con il gruppo di pazienti dopo che la corte federale aveva stabilito come il produttore non aveva avvisato i ricorrenti circa pi possibili danni cerebrali. Subito dopo, la Somatics ha aggiunto “danni cerebrali permanenti” all’elenco dei rischi associati alla terapia.
Rischi di decesso
Sebbene l’Associazione Psichiatrica Americana ripeta, senza prove, che il rischio di morte riguarda un paziente ogni diecimila, numerosi studi riferiscono un numero molto più alto, pari a uno ogni 627. Quando alcuni ricercatori si proposero d’intervistare 183 persone che avevano ricevuto elettroshock un anno prima, scoprirono che due di queste (una su 91,5) era morta. Studi eseguiti in Gran Bretagna e in Francia evidenziano numeri simili.
Gli autori concludono che non esistono prove dell’efficacia dell’elettroshock rispetto al placebo, mentre esistono prove irrefutabili della sua pericolosità e commentano:
“L’incredibilmente scarsa qualità della ricerca in questo settore, e la sua accettazione acritica da parte degli addetti ai lavori, i quali tutti riconoscono l’elettroshock come trattamento sicuro ed efficace, rappresentano una triste accusa nei loro confronti, e rendono un pessimo servizio al pubblico.”
Se avete subito elettroshock e ritenete di avere ingiustamente subito dei danni, potete contattare il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani www.ccdu.org
info@ccdu.org
Comunicato da CCDU . Comitato dei cittadini per i diritti Umani.