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Eduardo Galeano. Le labbra del tempo.

| Mara Cozzoli |

“Siamo fatti di tempo./ Siamo i suoi piedi e le sue labbra./ I piedi del tempo camminano nei nostri piedi./Prima o poi, si sa, i venti del tempo cancellano le tracce./ Traversata del nulla, passi di nessuno?/ Le labbra del tempo raccontano il viaggio”.



Eduardo Galeano nacque a Montevideo nel 1940, città nella quale iniziò la carriera di giornalista, imprigionato ed espulso dal suo Paese nel 1974 a seguito di un golpe militare. 
Esule politico, visse in Argentina e in Spagna fino al 1985, anno in cui, la caduta della dittatura ne permise il rientro in terra natia.
Difensore dei diritti umani e della giustizia, nel 1999 ricevette il Premio per la libertà Culturale.

“Le labbra del tempo”,  brevi  racconti che rivelano e analizzano la Storia , attraverso temi sempre vivi nel cuore dell’ autore, il cui tono, forte e incisivo, oscilla tra il sentimentalismo e l’ironia.
Infanzia, amore, legalità, illegalità, povertà, iniziano a vivere: la mano dello scrittore regala voce a coloro che vissero quella particolare situazione, così, come se  tutto, stesse accadendo in quel preciso istante.
Denunciò Eduardo, sfidò  il potere politico e le limitazioni da quest’ultimo imposte. Nessuno si salvò.
Lui, un fulmine, che squarcia il buio dell’abisso.
Puntò il dito contro gli Stati Uniti e il loro falso buonismo.
Si domandò: Come possiamo liberare gli iracheni? Beh, bombardiamo fino a farne poltiglia. Ovviamente, applichiamo la stessa regola per Afghanistan, Iran e ancora Iraq. C’è un piccolo problema, sottolinea: qualcuno, si è scordato di pronunciare la parola petrolio ( La guerra infinita).

Altro attacco, e questa volta, a finire nel mirino è Israele. Ne “L’artigliere”, viene presentato un lato dello Stato in questione che nessuno conosce. Breve riassunto: Il Primo Ministro prende una decisione, trasmessa in seguito dal Ministero della Difesa. Di cosa si tratterà mai? Fare ricorso alla chemioterapia contro i palestinesi paragonati a un cancro. Viene ordinata la distruzione di casolari, campi coltivati, inviati carri armati e proibito l’ingresso alle ambulanze. Il capitano ordina di fare fuoco, il tenente stabilisce colui che avrebbe dovuto sparare il primo missile.  Sorge un piccolo imprevisto: Yigal Bronner, ultimo anello della catena degli ordini risulta essere assente. Motivo? Già messo agli arresti per essersi rifiutato di compiere la strage".
Con maestria esaltò acutezza e innocenza con la quale i bambini scrutano, pongono instancabilmente domande, giungendo a loro naturali conclusioni. Ecco, ciò che emerge da “Lezioni pratiche”.
Joaquìn de Souza sta imparando a leggere, e fa pratica con i cartelli che vede per strada. Crede che la lettera P sia la più importante dell’alfabeto, in quanto, tutto ciò che le ruota intorno, inizia proprio per quella lettera, o meglio, con uno specifico verbo, proibire : ”Proibito il passaggio/ Proibita l’entrata ai cani/Proibito gettare spazzatura/Proibito fumare/Proibito sputare/Proibito parcheggiare/Proibito affiggere cartelli/Proibito accendere il fuoco/Proibito fare l’amore/Proibito…“ .

La prima età, troppo spesso viene tradita e sfruttata.  
“Manodopera” mostra come il calcio, sport con il maggior numero di tifosi al mondo, è il primo a compiere questi atti ignobili.
Mohammed Ashraf non va a scuola, da quando sorge il sole fino a che spunta la luna, taglia, ritaglia, mette insieme e cuce palloni da calcio. Mohammed ha solo otto anni, e fa questo dall’età di cinque. Se sapesse leggere, e leggere in inglese (ci manda a dire Galeano), potrebbe capire l’iscrizione che lui stesso appiccica quotidianamente su ognuna delle sue opere: “Questo pallone non è stato fabbricato da bambini”. 

Non dimenticò mai il suo passato di esiliato e, attraverso la figura di Leonardo Rossiello, narra in modo indiretto la sua esperienza: continui viaggi, emozioni e sensazioni incise sulla pelle, senso di spaesamento e rabbia verso una dittatura militare che innumerevoli privazioni gli comportò. 
A conclusione, una domanda, comparsa su un muro, a cui dare risposta: “E allora, dov’eri?  Che parole dicevi? Con che gente parlavi?”.

Descrisse, infine,  la situazione dei migranti un secolo fa. 
Il seguente stralcio, pone in rilievo l’estrema attualità del libro pubblicato nel 2006, con l’ovvia conclusione che nulla è cambiato: donne, bambini, uomini in fuga dalla miseria, nel disperato inseguimento del sogno di una vita migliore, che, ancora oggi, trovano pietra sepolcrale nella profondità del mare immenso.

Le sue parole sono un pugno nello stomaco, vera,  assoluta e cruda realtà : “…Altri sono cadaveri che il mare consegna sulle coste proibite o corpi senza nome che giacciono sotto terra nell’altro mondo dove volevano arrivare. Sebastian Salgado li ha fotografati, in quaranta Paesi, per diversi anni. Del suo lungo lavoro rimangono trecento immagini e le trecento immagini di questa immensa sventura umana stanno tutte, in un secondo. Totalizza solo un secondo tutta la luce che è entrata nella macchina fotografica, nel corso di tante fotografie: il tempo di un semplice occhiolino del sole, nient’altro un breve istante nella memoria del tempo”.

È la storia che si ripete, o l’agire umano non è soggetto a modifiche?

Sono stralci di indignazione posti anche in forma poetica, quasi a rendere dignità a dolore e abusi, senza cadere in alcuna forma di compassione, dal quale, però, affiorano provocazione e caparbietà.

Autore cult della sinistra, Eduardo Galeano,  divenne  punto di riferimento della letteratura di denuncia sudamericana.
Scrittore rivoluzionario creò un suo stile personale posto tra documentazione e poesia.

Mara Cozzoli

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