Kabul, l’inferno in terra.
Chiudo gli occhi e posso vedere la scena, fino a sentirla scorrere, dentro di me: Persone in attesa di conoscere il proprio destino, una risposta che cambierà la vita.
Due esplosioni, vicine tra loro, squarciano la quotidianità degli ultimi giorni, e allora…Urla, grida, disperazione, feriti intrisi di sangue e morti, ammassati l’uno sull’altro.
Veloce accade tutto, senza nemmeno il tempo di elaborare quanto sta accadendo.
Pochi metri separavano uomini, donne e bambini da un futuro migliore, futuro squarciato dal vile e meschino attentato firmato dallo Stato Islamico nel Khorasan, meglio noto come Isis-k o Isk.
Attacco complesso, così viene definito, previsto, ma inevitabile.
A più di ventiquattro ore di distanza conosciamo tutti le dinamiche, non entro quindi negli aspetti tecnici.
A pagare le conseguenze loro, persone inermi, bambini, privi di colpe, con la sfortuna di essere nati dalla parte sbagliata del mondo, un mondo che non ha mai conosciuto i significati di libertà e democrazia, nonostante fossero state “promesse”.
Nel frattempo, una corsa contro il tempo per evacuare il maggior numero di anime possibili e un ultimatum imposto dai talebani: entro e non oltre il 31 agosto.
Ancora pochi giorni, dunque, ma la realtà dei fatti racconta che quella data non scriverà certo la parola fine.
Cosa accadrà a tutti coloro che non lasceranno il Paese? Quale maledetta sorte li attende?
A rischio le categorie vulnerabili, i più debili e non solo.
Questo è il nodo fondamentale, incognite e riflessioni che dovrebbero impedirci di dormire la notte.
Ad oggi, innanzi a noi, un Afghanistan sprovvisto di un Governo, un territorio, al cui interno, a contendersi il potere sono due forze terroristiche contrapposte, prive di umanità, soggetti (perché non saprei in quale altro modo definirli) sprovvisti di empatia e moralità, che impongono folli e discriminatori dettami, che non si fanno scrupoli a sparare indistintamente su chiunque non li appoggi, a stroncare con la violenza ogni sorta di ribellione, senza guardare in faccia nessuno, a giustiziare, anche in massa, se serve.
Una legge non scritta , una consuetudine per questa zona, che perpetuandosi ormai da anni, tanti, troppi, permette il compimento di tali atti, i quali si traducono nell’affossamento dei diritti umani.
Il bilancio parla di quasi duecento decessi, tra i quali tredici marines e tre brittannici, i feriti ammontano a centocinquanta. Dietro questi numeri, nomi, vite e storie, che l’inferno ha inghiottito, strappandoli a quella benefica luce appena intravista che, seppur non tutti, li avrebbe accolti e salvati.
Evolversi di eventi che, probabilmente, tra un numero imprecisato di mesi, due, tre, quattro, così come spesso succede, fingeremo di avere scordato.
Nel corso della conferenza stampa, un Biden visibilmente scosso avverte: “L’ America non si lascia intimidire, sappiamo chi siete, non dimenticheremo, la pagherete”.
Qualcuno ha svegliato il leone. A priori, grazie alla storia passata, sappiamo quali possono essere le conseguenze.
L’ ultimo ponte aereo italiano è concluso.
Kabul è nel caos e l’Occidente anche.