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Vincent Van Gogh, tra pittura e tormento.

| Mara Cozzoli |

Immergersi nel mondo di Vincent Van Gogh è fondamentale per coglierne due aspetti:  in primo luogo i frequenti spostamenti  che, avvenuti tra il 1873 e il 1886, rappresentano l’ansiosa ricerca di sé,  tratto caratterizzante l’intera esistenza del pittore,  in secondo luogo significa ripercorrere attimo per attimo un vero e proprio percorso di iniziazione artistica.
Nato a Grout Zounder il 30 marzo del 1853, è primogenito del pastore protestante Theodorus e di Anna Cornelia Carbentus.
Nel 1857 viene alla luce Theodorus, detto Theo.
Tra i fratelli si instaura un legame molto forte testimoniato da una fittissima corrispondenza, utile agli storici, non solo per ricostruirne il lavoro, ma anche per comprenderne la poetica.
Lasciati gli studi, grazie allo zio paterno, trova un impiego a L’Aja presso la filiale parigina della casa d’arte Goupil, qualificata nella  diffusione di riproduzioni a stampa di opere: concretamente costituisce la prima scuola d’arte frequentata dallo stesso, la quale gli permette di contemplare opere appartenenti ai più innovatori artisti del XX secolo.
Fondamentali per la sua formazione  risultano essere: Jean- Baptiste – Camille – Corot, Jean Francoise Millet, Honoré Dournier.

Il passaggio presso la filiale londinese del 1873 è drammatico: personalità fragile e disagio interiore iniziano a manifestarsi.
Conduce una vita monotona e ritirata, seppur non mancano visite a musei, gallerie e lunghe passeggiate lungo il Tamigi, dove abbozza disegni che immancabilmente distrugge.
Una delusione sentimentale è causa primaria dell’avvicinamento dell’uomo al misticismo che, con il tempo, diviene vero e proprio ardore religioso.
Il trasferimento a Parigi del 1875 non attenua tale crisi.
Coltiva l’amore per l’arte, ma trascura il lavoro per dedicarsi allo studio e al commento della  Bibbia: in questa fase obiettivo di Van Gogh è seguire le orme paterne.
Due anni dopo  giunge ad Amsterdam al fine di sostenere gli esami di ammissione alla facoltà di teologia, il cui corso di studi, che si rivela incentrato solo ed esclusivamente sulla componente teorica, non lo soddisfa in particolar modo.
In seguito,  matura e mette in atto il proposito di abbandonarli.

Nel 1879 accetta l’incarico di predicatore laico a Wasmes, villaggio del Belgio meridionale, entrando così in relazione con le difficili condizioni di vita dei minatori. Di questi ultimi coglie l’aspetto stanco ed emaciato che riproduce poi in schizzi.
Si dedica con accanimento alla lettura e disegna in modo compulsivo, copiando opere di Breton e Millet.
L’arte continua ad essere parte integrante di lui e,  nell’ottobre 1880, si trasferisce a Bruxelles per seguire i corsi all’Accademia di Belle Arti, che  interrompe a causa dell’insofferenza psichica che nuovamente lo colpisce.
Nella primavera del 1881 ritorna a Etten: le fattezze dei contadini segnati dalla fatica ispirano altri disegni, i cui tratti risultano sempre più marcati.
A novembre  si reca a L’Aja per prendere lezioni private di disegno  da Anton Mauve, il quale resosi conto del talento del giovane, lo spinge a testare differenti tecniche.
A questo periodo risalgono inquietanti nature morte come:  “ Natura morta con cavolo e zoccoli ”.

Nel 1882 deciso a intrecciare rapporti con altri artisti si trasferisce definitivamente a L’Aja.
Concretamente, l’ambiente culturale vivace, consente al giovane Vincent  di sviluppare le proprie capacità,  stimolate anche dall’influenza di riviste d’arte inglesi e francesi.
Esegue  nove litografie dedicate alla gente comune, tema tipico del realismo sociale.
Nel frattempo testa la tecnica a olio.
I dipinti, in  questo lasso temporale, rivelano il proposito dell’artista di trasmettere allo spettatore le identiche emozioni che la natura suscita in lui, comunicate per mezzo di pennellate spesse, sovrapposte e confuse.


Dal punto di vista personale il 1882 è un anno duro.
Il disprezzo per le convenzioni sociali, l’inclinazione umanitaria e religiosa, lo portano a legarsi a Clasina Maria, una prostituta alcolista, devastata dal vaiolo e incinta per la seconda volta; donna che  ispira la litografia dal titolo “ Sorrow ” o “ Dolore, nel quale Vincent rappresenta la condizione di miseria che la affligge.
L’anno successivo a causa di problemi economici e delle insistenze del fratello tronca la relazione e trova rifugio nella Drenthle, desolata regione dell’Olanda settentrionale.
Il paesaggio è  tedioso, costellato da capanne di fango e piccole fattorie.
Ad esso dedica numerose tele caratterizzate da toni bassi e pennellate amalgamate tra loro, in cui, talvolta, compaiono sagome di contadini al lavoro: “ Paesaggio con Dune “ e “Contadina che brucia l’erba “, ne sono esempi.


La permanenza in questo luogo è di breve durata, nel dicembre dello stesso anno raggiunge i genitori nella nuova residenza  a Nouemen, dove vi trascorre due anni e, con la consapevolezza di avere la pittura nel  sangue, esegue circa duecento dipinti dal cromatismo angosciante che, per via dei colori utilizzati, vengono definiti  “ Pittura nera “.
Data la mancanza di modelli, spesso, dipinge nature morte intrise di oggetti di uso quotidiano, disposti con meticolosa accortezza compositiva.
Tra i paesaggi, lo sguardo cade sulla vecchia torre del cimitero del villaggio, diroccata, circondata da storni di corvi, che si sposa con l’animo cupo e romantico che gli appartiene.
Dipinge “ Vecchia Torre di Nouemen al Chiaro di Luna “.

Il soggetto più interessante è l’uomo.
Nell’inverno del 1884 realizza studi di figure e teste di contadini raffiguranti la vecchiaia e l’abbruttimento causati da stenti e difficoltà..
Sono quadri di piccole dimensioni, i quali fungono da preparazione  a “ I mangiatori di patate “, prima elaborazione di gruppo dell’artista.
Vincent si concentra spesso sui tessitori, non solo per il fascino generato dall’oggetto, ma  per l’opportunità di spiegare l’analogia tra il lavoro degli operai e il suo: se il primo mescolava fili, il secondo, i colori , con il fine comune di conseguire l’armonia sperata.
Sul finire del febbraio 1884, ad insaputa di Theo, altro cambiamento: la capitale francese torna ad essere sua dimora.
L’artista, ormai trentaseienne,  ha raggiunto consapevolezza di sé, testimoniata anche dai numerosi autoritratti eseguiti nel corso dei due mesi successivi all’arrivo nella capitale: circa quaranta, quasi una sorta di autobiografia pittorica.
Dall’autunno 1886 alla primavera 1887, frequenta l’atelier di Fernand Piestre, professionista il cui compito è preparare gli artisti all’esame di ammissione all’ Ecole des Beaux  Arts:  un ambiente tradizionale, dunque,  pronto a rigettare le novità apportante dall’Impressionismo.
Studenti ribelli azzardano nuove sperimentazioni cromatiche, tra questi: Henri Tolouse – Lautrec ed Émile Bernard.
Van Gogh viene etichettato con l’espressione  di “ Rivoluzionario indiavolato”.

Dal punto di vista artistico e culturale, la capitale francese è una tappa fondamentale: entra nel vivo dell’Impressionismo , visita l’ottava mostra del movimento e, grazie al fratello, entra in contatto con i protagonisti: Camille Pisarro, Edgar Degas, Claude Monet e Renoir.
A Parigi frequenta luoghi di ritrovo per artisti, come il “ Café de Taumborin “  gestito da Agostina, giovane italiana con la quale intreccia una breve liaison.
La ritrae in “ Nudo di donna sdraiata di tergo “,“  Nudo di donna sdraiata di fronte  “, ispirato a
Nudo con le calze bianche di Delacrois ” .
Nella primavera, organizza nel locale una mostra delle proprie opere, di Tolouse – Lautrec, Bernard e Paul Gauguin riuniti nel gruppo dei “ Perintres de petit boulevard “.
Sotto l’influenza dell’arte giapponese e dell’effetto che  l’impressionismo ha prodotto su di lui, dipinge “ Autoritratto “ e ritratto di “ Agostina Segatori “.
Nel febbrai del 1888, devastato dagli effetti che l’alcol ha prodotto sul corpo e  dall’atteggiamento tenuto altri pittori, decide di lasciare l’ambiente parigino.
Altro cambiamento, altra svolta.
Nuova destinazione è il sud della Francia, dove le sue aspettative cromatiche sono finalmente appagate.


Giunto nella fredda Arles sente forte il desiderio di dipingere, anche se, è con la bella stagione che le potenzialità cromatiche della Provenza si svegliano.
Questo scenario lo pone innanzi ai diversi elementi che lo hanno accompagnato fino a quel momento: i colori di Delacrois, le masse semplici e severe tipiche di Paul Cézanne, gli impasti cromatici di Monticelli e la fiorente natura delle Antille svelata da Gauguin, inoltre, è sempre più sedotto dall’arte giapponese, tanto dal punto di vista estetico, quanto intellettuale.
Attratto dai maestri orientali, per avvicinarsi alla nitidezza del colore, utilizza china e cannuccia appuntita, al fine di tracciare segni veloci e sottili, in grado di cogliere nella natura ogni spasmo di vita.


Tra gli innumerevoli temi ricorrono i girasoli, suscettibili, altresì, di interpretazione filosofica.
Georges Battailes, collega l’amore che l’artista nutre nei confronti del fiore e della luce solare alla tensione della sua anima verso un ideale, di cui considera il sole la sua più grande forma d’espressione e il girasole la trasposizione reale e deperibile allo stesso tempo.
Opta per l’uso arbitrario del colore come mezzo capace di imprigionare e presentare con immediatezza il sentimento racchiuso in ciò che dipinge.

Le tetre passioni  che inondano “  Interno di caffè di notte “ sono rese dall’accostamento di rosso, verde e blu.
“ La stanza è rosso sangue e giallo cupo con un bigliardo verde al centro, quattro lampade giallo limone, con una luce giallo arancione – verde. Ovunque vi è uno scontro o contrasto dei rossi e dei verdi più diversi, nelle figure degli accattoni addormentati, piccoli nella triste stanza vuota, viola e blu. La palandrana bianca del padrone, che da un angolo osserva questa fornace, diventa giallo limone o un pallido verde luminoso “.

Il cromatismo intenso è riscontrabile anche in  “ Notte stellata sul Rodano “, dipinto sotto a un lampione a gas, dove il cielo assume un colore blu – verde, l’acqua è blu,  mentre  il terreno riconduce alla malva

Il 22 ottobre 1888 Gauguin si stabilisce a casa di Van Gogh, se il  primo periodo  di convivenza è tranquillo ed euforico, fatto d’incessante lavoro, lo stesso non può dirsi del seguito.
Vincent , come ricorda Gauguin nella sua autobiografia, dipinge  “ I girasoli ““ Donna nel fieno “,
“ Ricordo del giardino di Etten – Le donne di Arles “ , opera che segna, in parte,  l’adesione di Vincent allo stile di Gauguin.
Con il passare delle settimane i due entrano in conflitto.

Scrive Gauguin: “ Tra due esseri, lui e me, l’uno un vulcano, l’altro anche in ebollizione, c’era in qualche modo una lotta in preparazione “.
Gauguin dotato di un temperamento meticoloso e opportunista è infastidito dal disordine che, di contro,  stimola la creatività in Van Gogh.
A dividerli non solo lo stato crescente di disorientamento vissuto da Gauguin ad Arles, ma la stessa pittura.
“Vincent e io ci troviamo in generale ben poco d’accordo” scrive a Bernard “ Lui ammira Daumier, Zeim e il grande Rosseau, tutta gente che io non posso neanche sentire parlare, mentre detesta Ingres, Raffaello e Degas, persone che io ammiro… Per quanto riguarda il colore, lui accetta le audacie di Monticelli, mentre io odio i lavori pasticciati“.
Un dibattito relativo a Delacrois, porta al tragico epilogo del 22 dicembre, quando Vincent minaccia l’amico con un rasoio e poi si recide l’orecchio sinistro che recapita, avvolto in carta di giornale, a una prostituta.
Un gesto estremo che, con ogni probabilità, racchiude la consapevolezza dell’uomo, che la sua arte è minacciata dalla pittura poetica – astratta di Gauguin e dei suoi seguaci.
Si giunge così al primo ricovero presso l’ospedale cittadino.

Tra il gennaio e il marzo 1889 esegue  “ Ritratto del dottor Felix Rey “, che lo assiste in ospedale.
In Febbraio Vincent è colpito da un nuova crisi nervosa che lo costringe ad un secondo ricovero, nel corso del quale non abbandona né disegno, né pittura.
In aprile riceve la visita di Signac, che accompagna alla “ casa gialla “ ( chiusa dalla polizia ), per mostragli i suoi capolavori: “ Viale degli Alyscamps “, “ Caffè di Notte ”, “ L’ecluse “,  “ Veduta di Saintes – Marie ”, “ Notte Stellata ” : la parete è invasa di colori che splendono in tutta la loro freschezza.
L’8 maggio lascia Arles: decide volontariamente di farsi internare all’ospedale di Saint – Paule ­– de Mausole.
In istituto si sente a suo agio essenzialmente per due motivi: le cure del dottor Peyron che gli diagnostica l’epilessia e il contatto con altri “ pazzi “, che lo aiutano a superare la paura della
 “ follia “ e, forse, ad accettarla, imparando a conviverci.

L’intervento di Theo gli consente di ottenere due stanze, di cui una a uso studio, che si affaccia al parco e alla catena delle Alpilles.
I dipinti eseguiti durante i giorni di ricovero testimoniano l’identificazione dell’artista in qualunque soggetto decide di affrontare, le pennellate tracciate con energia, segnano il ritmo delle tensioni e delle emozioni che gli nutrono l’animo.
Tra i temi prediletti la natura, nel quale i vari elementi (stelle, foglie, zolle, nuvole, etc…) sembrano combattere tra loro per avere il sopravvento l’uno sull’altro.

A luglio la nuova crisi che lo colpisce lo priva per alcuni giorni dello stato di coscienza.
Tra agosto e novembre riprende a lavorare, immortalando non solo quanto osserva dalla sua cameretta, ma anche paesaggi esterni alla casa di cura e si dedica all’esecuzione di incisioni tratte dalle opere di artisti che ritiene suoi “maestri”.
Parigi viene a conoscenza dei suoi dipinti e, grazie a Theo, Vincent riesce a esporre due dipinti: Notte stellata sul Rodano e Iris.

A gennaio 1890 il “Mercure de France” pubblica il primo articolo su di lui.
Albert Aurier lo descrive come: “Un artista vero, gagliardo ,dai nervosismi di donna isterica, dall’anima illuminata, così originale, così a se stante in mezzo alla nostra miserevole arte odierna”, prosegue:” e anche un simbolista sui generis, poiché prova di continuo l’urgenza di rivestire le proprie idee di forme precise, ponderabili, tangibili, di involucri intensamente carnali e materiali!
Van Gogh rimane infastidito dall’etichetta “simbolista”, tanto che, in febbraio,  gli chiede, tramite il fratello, di non scrivere più di lui.
Convinto che i colori utilizzati possono influenzare i suoi già fragili nervi, decide di non creare più  impasti.
Da questo spirito nascono : “ Coppia che passeggia sotto la luna”, Strada con cipresso sotto cielo stellato” e Ritratto della signora Ginoux“.

La fiducia del pittore nei confronti degli aspetti terapeutici dei colori crolla verso la fine di febbraio: un’ennesima esplosione di origine psichica lo costringe all’immobilità per un intero mese.
Intanto, in marzo, dieci delle sue opere che ricevono l’apprezzamento di Monet, vengono esposte al Salon des Artistes Indépendants.

Nel mese di maggio, in accordo con Theo e con il Dottor Peyron, l’artista lascia Saint- Remy  e parte alla volta di Parigi: vi soggiorna per tre giorni ospite in casa fraterna.
Da pochi mesi Vincent è divenuto zio e per il lieto evento dipinge in febbraio  “Rami di Mandorlo in fiore”.

La nuova dimora dell’inquieto artista è Auvers – sur – Oise, piccolo villaggio a nord della capitale parigina, nel quale risiede Ferdinand Gachet, il quale lega subito con Van Gogh e ne apprezza le opere.
L’uomo diviene  spunto per un ritratto eseguito in due differenti versioni cromatiche.
I dipinti, realizzano il proposito espresso dall’artista ad Arles di dipingere: “Uomini o donne con un non so che di eterno”.
Volto color marrone e surriscaldato dal sole, capelli rossi e berretto bianco, colline blu cobalto a fare da sfondo, abiti blu che fanno risaltare il volto rendendolo pallido e mani più pallide  del volto, testimoniano il desiderio di svincolarsi dalla foga visionaria che lo ha  accompagnato durante il periodo d’internamento.

Seppur in quel momento è invaso da uno stato di serenità connesso al paesaggio di Auvres, il fragile equilibrio viene destabilizzato dalla scoperta delle cattive condizioni di salute del nipote e della crisi finanziaria che ha colpito il fratello, rispetto al quale sente di essere un peso.
Dipinge “Campo di grano con volo di corvi”, opera caratterizzata da una pennellata nitida e violenta, il cui accostamento di  colori evidenzia la disperazione che di lì a poco lo avrebbe portato a togliersi la vita.

Contemporaneo o di poco successivo è “ Il giardino di Daubigny”, nel quale le pennellate iniziano a deformarsi, a inarcare verso guizzi nervosi, infondendo inquietudine ad un soggetto generalmente pastorale.

Poco dopo, “Campo di grano”: il colore steso in modo fluido e dolce, mostra l’affievolirsi dell’ansia.
Tra il 26 e il 27 luglio esegue “Strada ad Auvers” , che per il moderato utilizzo del colore ci racconta una raggiunta serenità.


Sempre il 27 luglio si spara un colpo di pistola al cuore, quasi ad accettare la malattia e la resa ad essa.
Gravemente ferito si trascina alla locanda dei signori Ravoux presso i quali alloggia.
Dopo avere trascorso l’intera giornata a letto, fumando la pipa in compagnia del fratello Theo, si spegne il 29 luglio 1890.

Omaggio a Van Gogh di Vito Centonze

Mara Cozzoli

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