Quando Freud iniziò alla psicoanalisi.
“Devo dire che mi abbandono io stesso, mentre ascolto, al flusso dei miei pensieri inconsci, non desidero che l’espressione del mio volto offra al paziente materiale per interpretazioni o lo influenzi nelle sue comunicazioni”.
Sigmund Freud, Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi.
Ciò che stupisce il paziente, appena entrato nello studio di Sigmund Freud, è la moltitudine di oggetti che lo ingombrano.
Due stanze, una nella quale riceve gli ospiti, l’altra in cui svolge la sua funzione di ricercatore.
Scaffali ricolmi di libri, fotografie, reperti archeologici e statue.
Uno spazio, il suo, paragonabile a un tempio.
Innanzi alla scrivania, accostato alla parete e ricoperto di tappeti orientali, il famoso divano, donatogli nel 1890.
Dall’istante in cui, l’immagine dell’uomo dallo sguardo profondo, nell’atto di fumare il sigaro che fissa l’osservatore diviene cult, lo stesso oggetto, incredibilmente e delicatamente, entra nell’imaginario comune in tema di psicoanalisi.
Una volta che il paziente si è sdraiato, il terapeuta prende posto, alle sue spalle, seduto su una poltrona verde: finalmente inizia a lavorare.
Il metodo Freud si sviluppa per gradi, a partire dagli studi condotti sull’isteria in collaborazione con Charcot e Breuer, che gli permettono di congetturare il contenuto nascosto dei sintomi isterici, i quali sembrano cessare quando, quest’ultimo, in stato ipnotico rievoca un fatto traumatizzante e dimenticato.
Nel momento in cui viene raccontato, sembra essere rivissuto, insieme alle emozioni ad esso legate: il risultato è il libero sfogo dal peso emotivo.
L’ipnosi si rivela però sedativa, non elimina completamente i sintomi, il trauma rimane e, da ultimo, l’individuo sofferente è totalmente sprovvisto della capacità di padroneggiarlo.A seguito di svariati tentativi, giunge ad adottare una tecnica diversa nella cura della malattia mentale.
A guidarlo, in questa fase, agiate viennesi in cura presso di lui, ignare di conflitti e tensioni di natura sessuale che si celano dietro svariate e distinte sintomatologie.
Invitate a ricordare le circostanze in cui erano comparsi i sintomi, automaticamente, comunicano sogni e pensieri senza alcun ordine apparente.
Una donna, addirittura, ammonisce Freud di avere interrotto il libero scorrere dei pensieri attraverso incessanti domande.
In tal modo, egli comprende la rilevanza delle parole, anche se incontrollate di ogni soggetto, e la necessità di analizzare i racconti delle angosce attuali e dei ricordi ad esse collegate.
Al contempo, con l’autoanalisi, si dedica al paziente più difficile: se stesso.
Prende così nota dei propri sogni.
Tra il 1892 e il 1898, l’esplorazione di tali pensieri, lo inducono ad abbandonare le pratiche ipnotiche per sperimentare il metodo delle “Libere Associazioni”, una vera è propria “arte dell’ascolto” che, seppur in stato rudimentale, consente alla psicoanalisi di muovere i suoi primi passi.
Freud chiede alle proprie pazienti di partire da un determinato elemento (numero, immagine, parola), oppure in modo spontaneo di tradurre in parole quanto passa loro per la mente: fantasie, sogni, sensazioni.
Un vero e proprio decorrere di pensieri, libero, senza scegliere o tralasciare elementi, anche se ritenuti incresciosi, insensati o disgustosi.La supposizione all’origine di questo procedimento è che, una volta rilassato e, lasciata la mente libera di vagabondare, il paziente può aggirare la censura, attiva in particolar modo di giorno.
L’analista può dunque essere paragonato ad un archeologo: se il primo individua elementi del racconto attraverso i quali ricostruire, dopo averli interpretati, la causa dei sintomi, il secondo scava, individua i frammenti, ne studia forma e decorazioni e infine, riesce a ricostruire il reperto.
Afferma Freud: ”Lo psicoanalista alla pari dell’archeologo nei sui scavi, per raggiungere i tesori più preziosi, quelli in profondità, deve prima mettere a nudo, uno dopo l’altro, i vari tratti della psiche del paziente”.
Se il terapeuta si rende conto che il soggetto non si lascia andare, non trasferisce cioè pensieri, si trova difronte a resistenze e difese che vanno oltre la normale censura: vi sono in corso processi difensivi a livello Inconscio.
La resistenza è un principio fondamentale della teoria freudiana; quest’ultima costituisce una sorta di muro tra le componenti che versano al benessere e quelle che ne ostacolano il miglioramento.
Giunge a questa conclusione non solo dalla sua esperienza professionale, ma anche dalle innumerevoli letture, tra le quali Friedrich Nietzsche che in “Al di là del bene e del male” scrive: Ho fatto questo dice la mia Memoria. Non posso aver fatto questo, dice il mio Orgoglio e resiste inesorabile. Alla fine la Memoria si arrende”.
Prima forma di resistenza è rappresentata dal blocco che si manifesta nelle libere associazioni.
Compito del terapeuta è comprenderle e portare il paziente ad averne coscienza.
Quindi, il processo analitico ha come fine mettere in luce, passo dopo passo, ogni resistenza, farla a pezzi e scoprire cosa protegge.
Altro meccanismo importante che entra in gioco è il transfert, nel quale la persona tende a spostare alcune caratteristiche della sua infanzia, da una relazione significativa del passato ad una attuale.
Processo inconscio che si attiva automaticamente in ogni relazione importante, così viene spiegato da Freud: “ Il paziente scorge sul medico un ritorno di una persona importante del passato, e perciò trasferisce su di lui sentimenti e reazioni che sicuramente spettano a questo modello”.
In sintesi, l’analista viene rivestito delle caratteristiche di quella persona, e le emozioni ad essa congiunte vengono sperimentate nel rapporto terapeutico.
Vi sono due tipi di transfert, positivo e negativo, a seconda della tipologia di emozione che si instaura con il terapeuta.
Da un lato stima, affetto, ammirazione, dall’altro, invece, vi è un atteggiamento ostile, aggressivo e spesso sorge competitività con esso.
Il 1900 è l’anno de “L’interpretazione dei sogni”, la cui stesura prende il via nel 1895, attraverso l’autoanalisi dei propri sogni.
Se per la scienza ufficiale, i sogni sono fenomeni causali nella mente del dormiente, per Freud non così.
A suo dire, il sogno ha un significato che può essere analizzato e successivamente compreso, per mezzo dell’interpretazione.
Ogni sogno è un rebus, dietro al quale si nasconde una rappresentazione dell’Inconscio, il quale esprime desideri, in particolar modo di natura sessuale, censurati in quanto considerati inaccettabili.
Può essere formato da ricordi, frammenti di eventi, situazioni già vissute, combinati con differenti stimoli sensoriali, che contribuiscono al suo sorgere, ma non sono i fattori principali da cui traggono origine.
Contestualizzata in esso, la censura è meno attiva rispetto alla veglia, ciò permette il manifestarsi di appetiti celati, i quali assumono significato per via dell’interpretazione simbolica affidata all’intuito dell’analista; quest’ultima non smette però di operare del tutto e utilizza dei simboli per rappresentare il rimosso.
Freud classifica i sogni in tre categorie: sensati e comprensibili, apparentemente incoerenti, e sogni che, sebbene dotati di senso e coerenza interna, risultano incoerenti rispetto alla vita quotidiana.
Risale al 1901 “Psicopatologia della vita quotidiana”, nel quale sottolinea come i lapsus e gli atti mancati rappresentano l’espressione di un conflitto, oltre a rammentarci l’assidua presenza dell’inconscio dietro ogni scelta o azione.
Rammenta però che, simili episodi, non devono porci in allarme, ma offrono la possibilità di scoprire e conoscere noi stessi.
All’interno della produzione freudiana, emerge l’immutabile diligenza nello scandagliare la psiche umana per coglierne e descriverne le regole di funzionamento, struttura e intero impianto.
Conseguenza è la suddivisine della psiche umana in tre luoghi:
Inconscio, il regno delle pulsioni che urlano soddisfacimento, ivi regnano sovrani irrazionalità atemporalità.
Rappresenta una forza dinamica che lotta per emergere.
Preconscio, la terra di mezzo, filtro e barriera che separa Inconscio e Conscio in stato di belligeranza tra loro.
In questa zona risiede tutto quel materiale psichico non immediatamente presente, ma facilmente rievocabile e attualizzabile.
Conscio, ovvero ultima regione psichica, zona a contatto con il mondo esterno.
I suoi contenuti, a differenza delle precedenti zone, sono dotati di linguaggio e tempo, regolati inoltre dalle norme e dalla logica del mondo.
Ulteriori studi conducono, nel tempo, Freud, a ridefinire l’impianto psichico.
Nel 1923, in “ L’io e l’Es ”, propone un nuovo modello strutturale definito “ Seconda Topica “, caratterizzata da tre strutture collegate tra loro; Es, Io e Super-Io.
La prima struttura psichica, Es, è la personificazione degli istinti e degli impulsi; mossa dal principio del piacere , il suo obiettivo è la soddisfazione dei desideri , ignara però dei limiti imposti dalla realtà.
L’Io prende vita dall’Es e viene plasmato dal contatto con l’ambiente.
È la porzione più superficiale, ha natura cosciente e confrontandosi continuamente con l’Es, ha una dimensione inconscia.
La sua funzione è di mediatore, intermediario fra le componenti della psiche e la realtà.
Quando viene sopraffatto da Es e Super Io, si ha lo sviluppo delle nevrosi.
Ultimo strato dell’ossatura psichica è il Super-Io, parte più rigida del sistema, di fatto, censore morale.
Struttura della psiche in parte conscia e in parte inconscia, incarna la legge ed è tramandato di generazione in generazione.
È in grado di generare senso di colpa, minacce persecuzione quando dette norme non vengono rispettate.
Si tratta di regole che derivano in primo luogo dall’interiorizzazione del Super Io del genitore, in secondo luogo di quello del contesto socio – culturale.
Per semplificare, sono modelli consegnati alla persona e da questa fatti propri.
Il Super – io è la conseguenza dell’educazione ricevuta dall’individuo.
Nel 1905 con “Tre Saggi sulla teoria sessuale” riflette sull’importanza dello sviluppo sessuale a partire dell’infanzia.
Il testo segna un cambiamento, una rivoluzione, per mezzo di parole forti, nel quale il bambino viene definito un “Perverso polimorfo”.
Sono quattro le fasi in cui si articola lo sviluppo psicosessuale:
Orale, il piacere deriva dalle labbra e dalla bocca, ad esempio, l’atto di succhiare il seno della madre.
Quest’ultimo è l’oggetto primario per mezzo del quale è soddisfatta la pulsione: gli atti della suzione del capezzolo e della ingestione del latte, sono due momenti in cui viene vissuto il piacere di incorporare qualcosa che diviene proprio.
Anale, si colloca tra i diciotto e i trentasei mesi.
Il bambino prova appagamento nel gestire i movimenti sfinterici in autonomia; le pulsioni vengono soddisfatte imparando a sviluppare autostima e indipendenza.
L’incapacità nel risolvere i conflitti in questo lasso temporale può generare una fissazione anale ritentiva o esplosiva.
Fallica, si pone a un’età compresa tra i tre e i sei anni.
L’energia della libido , principale pulsione di natura sessuale, si sposta nella regione genitale, nella quale ha inizio il Complesso di Edipo per i maschi o di Elettra per le femmine.
Genitale, che inizia con la pubertà e permette all’adolescente di sviluppare relazioni con il sesso opposto.
È presente, inoltre, un periodo detto Latente, il cui inizio è riscontrabile a sei anni e termina con la pubertà.
Non è considerata una fase psicosessuale, in cui di fatto, la libido è spenta.
Le fasi orale e anale, dette anche pregenitali, sono di notevole importanza per l’organizzazione sessuale della vita adulta; per il bambino costituiscono esplorazione e conoscenza del mondo che lo circonda.
Siamo agli inizi del 1939, quando le sue condizioni di salute subiscono un improvviso peggioramento: il cancro si ripresenta e questa volta non può essere operato.
Max Schur, suo medico dal 1929, lo raggiunge a Londra in settembre.
Il ventuno dello stesso mese rispetta le volontà espresse anni prima dal suo paziente: inietta a Freud una dose di morfina più alta del solito e ripete l’iniezione il giorno successivo, inducendo il coma.
Freud si spegne due giorni dopo alle tre del mattino.
Infine, va ricordato che, con la presa del potere di Hitler nel 1933, la psicoanalisi è dichiarata scienza per ebrei e specificato il suo ruolo primario nell’esaltare gli istinti brutali dell’uomo.
A tali affermazioni, Sigmund ribatte con ironia: “Hanno fatto un passo avanti rispetto al medioevo, decidendo di bruciare in pubblico i miei libri e non me”.
Fonte Bibliografica: Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi
C.E. Hachette