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Intervista a Manlio Manvati, pittore ed ex insegnante di storia dell’arte.

| Mara Cozzoli |

“ La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita, annunciatrice di tempi antichi”.
La celebre affermazione  di Cicerone traduce ciò che , materialmente, ho percepito nell’ istante in cui è iniziata la mia lunga chiacchierata con Manlio Manvati, pittore ed ex insegnate di storia dell’arte; i suoi novant’anni  sono rappresentati da una straordinaria lucidità mentale, la quale si traduce in un vaso traboccante  di cultura, ovviamente nelle svariate sfumature che a quest’ultima possono essere attribuite.
Ad oggi, il nostro artista risiede a Busto Arsizio presso Casa di Corte Nuova, residenza pensata per persone anziane che desiderano vivere in una dimensione privata e beneficiare, allo stesso tempo, se necessario,  di una valido supporto rispetto alla quotidianità.

Raccontami la tua storia, Manlio.
Quando ti sei avvicinato all’arte? So che insegnavi.

Mio padre era un pittore, autodidatta, guardavo le sue opere, così, mia madre mi regalò una lavagna che appese al fianco del mio letto: di notte, iniziai ad alzarmi a disegnare.
Sono ricordi che mi fanno commuovere, davvero.
Ho avuto la fortuna di essere sempre stato assecondato nella scelta di frequentare il liceo artistico prima, e poi il magistero d’arte che, in seguito,  mi ha permesso di insegnare e svolgere anche la funzione di Preside per circa tre anni.
Ad un certo punto, coordinare insegnamento e pittura in modo professionale è divenuto difficoltoso, quindi, al momento della pensione, ho deciso di darmi solo ed esclusivamente all’arte.
Prima vivevo a metà, come sai, la scuola è un grosso impegno: tutti dicono che i professori non lavorano, invece non è così: parliamo con ragazzi e colleghi, esponiamo  i programmi, nel pomeriggio, invece,  si prepara la lezione per il giorno seguente.
Di conseguenza, la scuola è un vincolo.

Quindi c’è stato questo passaggio dall’insegnamento all’esporre, al dedicarsi completamente alla pittura.

L’insegnamento mi ha dato una continuità rispetto a quanto già facevo.
Tieni conto che la primissima mostra l’ho fatta a Napoli, con mio padre: ero davvero molto giovane,  ero ancora uno studente.
Diciamo che per me , dunque, è stata una svolta normale.



Parliamo di arte, cosa lega quest’ultima alla filosofia?

Parlando di filosofia ti cito Benedetto Croce, per me incredibile.
Hai presente,  quell’ intuizione che poi diventa razionale?  Ecco, sono andato ad approfondire, insieme alle figure di tanti altri filosofi,  allo scopo di  comprendere cos’è l’arte.
Croce, infatti, diceva: “L’arte è intuizione”, in seguito, però, devi razionalizzarla.
Ricordo che un impressionista francese diceva: “Tutti dicono che nella mia pittura c’è la poesia, però io devo costruirla”.
Ecco, questa è razionalità, anche se, lo stesso discorso vale per l’irrazionale.
Pensa che ho avuto anche di modo di conoscere Picasso, a Roma.

Beh, di questo, allora dobbiamo parlarne.

Ho conosciuto Picasso per caso, quando frequentavo l’ultimo anno di liceo ed eravamo venuti a conoscenza dell’allestimento di una  sua mostra a Roma che, di persona,  dalla Spagna era venuto in Italia.
Per Picasso,  Roma, in quanto  città d’arte era una tappa importante.
Bene, abbiamo deciso di prenderci un giorno di ferie dalla scuola e ci siamo andati.
Lui era lì che ci aspettava, perché illustrava ai ragazzi il modo spagnolo, tra l’altro ai tempi, lo spagnolo era una lingua che non conoscevo e, ora, forse, con l’età ho imparato qualche parola.
Diceva: dobbiamo fare una gallina? Perfetto, prendiamo una forchetta.
Per me e per i miei compagni è stata un’esperienza liberatoria, ci siamo liberati dalla realtà, anzi, abbiamo utilizzato la realtà per giungere all’intuizione.

Hai voglia di sviluppare tale concetto?

Certo, per quanto mi sia possibile.L’intuizione è una sensibilità, evidentemente,  che porta a conoscere l’uomo al di là di quelli che sono i fattori reali, appariscenti.
TI faccio un esempio: osservare un uomo camminare, è un modo per comprenderne la psicologia e tutta la problematica che gli ruota intorno.
Nel caso dell’uomo, faccio ricorso al neo arcaismo, una forma arcaica che risponde alle domande: com’è nato l’uomo? Com’è nata la sua intuizione?
Il Padre Eterno ha messo una pietra al centro di questo Globo Terrestre, da quella pietra è sorta la carne, cioè l’uomo…  questo è il processo che ho voluto riproporre.
La mia pittura funziona così: ritorno all’infanzia, ritorno al potere primordiale e poi dare il senso della carne.
Questo è il neo arcaismo.
In fondo, però, faccio di tutto: ritratti, paesaggi, figure..Ho preso anche lo stucco da carrozziere e  vi ho dato il senso della carne attraverso il colore, ciò dopo aver piazzato lo stucco sulla tela.
Non so se ho fatto bene o male, però l’istinto mi ha portato ad agire così.



Cosa hai trovato nel corso di questi tuoi novant’anni?

Sicuramente, la sofferenza di avere perso mia moglie che mi ha donato  una bella famiglia: ho quattro figli che ora vivono a Formia, dove c’è un mio capannone con tutti i miei quadri, circa trecentocinquanta e oltre mille disegni, compresi gli scambi con altri artisti. 


Hai dipinto davvero tanto.
Quello che voglio chiederti è: come scegli cosa dipingere? Nasce tutto dall’istinto o deriva dall’elaborazione di un pensiero?

La mano va da sola,  così fa la mente.
Ad esempio: hai questa mascherina davanti alla bocca, che dal punto di vista cromatico si abbina bene alla sciarpa nera che indossi, in aggiunta i tuoi capelli, anch’essi scuri,  fanno da cornice al tuo volto.
Ecco, per me questa è una costruzione, razionale, seppur intuitiva.
Io, quindi, potrei ricordarmi di questo ovale (il tuo viso) e nel momento in cui mi trovo con il pennello in mano dipingo.
Insomma, il pittore è così.
Ho dipinto chiese, personaggi, mia moglie che ha posato per me in veste Madonna e scritto dieci libri.


C’è un ricordo che reputi il più importante di tutta la sua carriera artistica?

Può sembrare strano, ma il più importante è legato a Gallarate.
Una volta, una società di serigrafi mi ha fatto fare dei disegni e ha stampato delle serigrafie, era solo la sintesi di un personaggio umano, di linee che si intersecano e assumono fattezze umane.
Questi, hanno fatto migliaia di copie che poi hanno girato per il mondo.
Il regalo più bello, devo dirti che me lo hanno fatto proprio loro. 
Inoltre, lo ripeto, molto importante è stata la presenza  mia moglie che, inevitabilmente, ha lasciato il suo segno.

Un avvenimento, in particolare, ha consacrato non solo il tuo talento, ma anche anni di duro lavoro.

Sì, certamente.
Mario Draghi, da poco,  mi ha inviato una dedica.. tra l’altro, non richiesta.
Sono stato nominato cavaliere ufficiale della Repubblica.


Secondo te, l’arte è solo tecnica, solo anima o un’ insieme di entrambi gli elementi?

Tutti e due.
La mano non va avanti da sola se non c’è una mente.
AI ragazzi dico sempre: voi vi preoccupate della linea precisa, ma lasciatela perdere!
Partite dagli schizzi e poi andate avanti.., tanto, poi,  la mano cammina in modo autonomo.


Oggettivamente, io non sono capace di disegnare, potrei imparare?

Potresti, questo è il bello.
Innanzi tutto in piena libertà e poi piano piano vedrai che la mano procede da sola.
Parti con uno scarabocchio, due righe, saprai farle.

Ti faccio un’ultima domanda: se dovessi tornare indietro, rifaresti tutto ciò che hai fatto? Mi riferisco al liceo artistico, all’insegnamento e all’attività di pittore o faresti altro?

Mi dedicherei alla scultura, quella mi manca, anche se al liceo ho fatto sculture in ceramica e creta.
Mi sarebbe piaciuto fare scultura, in quanto legata al problema iniziale che mi sono posto,  cioè che la pietra permette il primissimo movimento della carne, avrei voluto sentire questo passaggio sotto la mia mano.
Sarebbe stato interessante, molto.

Mara Cozzoli

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