“La centralità del consenso per una sessualità consapevole e sicura”. Intervista dott.ssa Mitia Rendiniello, membro Ordine degli Psicologi Lombardia.
Lo stupro, reato contro la persona, viene così definito dal codice penale : “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.. “
Fondamentale, quando si tratta un argomento come la violenza sessuale è il concetto di consenso, nucleo centrale che conduce al raggiungimento di una sessualità consapevole e sicura, oltre ad essere strumento di prevenzione
Dialogo, oggi, con Mitia Rendiniello, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale integrato, nonché membro Ordine Psicologi Lombardia.
Al fine di informare l’uomo che esercita violenza e non solo, rammentiamo l’esatta definizione di consenso che non è così difficile da comprendere.
In effetti non è difficile comprendere di cosa parliamo quando facciamo riferimento all’importanza che qualsiasi attività sessuale debba richiedere il consenso. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione di Istanbul specifica in modo chiaro ed inequivocabile che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“. Va da sé, quindi, che si tratta dell’espressione LIBERA, e che perdura per TUTTA LA DURATA, della propria volontà di partecipare a qualsivoglia attività sessuale. Questo vuol dire che la propria volontà, quindi il consenso, può essere revocato in qualunque momento dell’attività sessuale stessa.
Bisogna, infine, tener conto delle condizioni psicofisiche di chi deve poter esprimere il consenso, ad esempio la persona in condizioni di alterazione da alcol o da sostanze non può essere considerata in grado di manifestare consapevolmente e liberamente la propria volontà. Ma questo è solo un esempio.
Proviamo a cambiare l’espressione: mancato consenso. In quanti modi può essere esercitato, sottolineando che, necessariamente, deve essere rispettato.
Mi viene spontaneo dire che il consenso può essere esercitato solo attraverso un “si”.
La mancata espressione, così come un esplicito “no” sono rappresentativi di mancato consenso
Per prevenire la violenza sessuale occorre entrare nel merito di consenso e libertà espressiva.
Come si può educare a tali principi e, conseguentemente, lavorare sulla consapevolezza?
Ad esempio sarebbe necessario educare alla conoscenza e all’ascolto di se stessi, nonché al rispetto dell’altro. Potrebbe essere utile un lavoro sulla regolazione emotiva, sulla conoscenza del proprio corpo, sulla sessualità e sulla necessità di dialogare su di essa all’interno delle relazioni. Si dovrebbe educare alla consapevolezza perché questo facilita la comprensione di quelli che sono i limiti tra sé e l’altro.
Esiste un filo rosso che lega affettività e sessualità. Spieghiamolo.
Sono due temi strettamente, profondamente, legati e imprescindibili. La sessualità è parte della relazione, non può prescindere dalla comunicazione con l’altro. È inoltre frutto di un processo di crescita che ha a che fare con la capacità di percepire il proprio corpo e le proprie emozioni in un scambio sano tra sé e l’altro. Questo processo diventa fondamentale in adolescenza, quando diventano di notevole importanza i cambiamenti, fisici, relazionali e psico-emotivi.
A tal proposito le chiedo: non sarebbe utile portare tale argomentazione già all’interno delle scuole?
Certo! Sarebbe auspicabile che già dai primi anni di scuola fosse introdotto il tema della sessualità e del consenso. Quello che in alcuni Paesi si chiama appunto “educazione al consenso”
L’articolo 36 comma 2 della Convenzione di Instabul ratificata dall’Italia nel 2013 stabilisce che : “Lo stupro è un rapporto sessuale senza consenso e che quest’ultimo deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto. “
Quali sono le situazioni e i contesti a cui tale articolo fa riferimento e, in funzione, di esse come è possibile manifestare il proprio dissenso rispetto al rapporto sessuale?
Si riferisce a tutte quelle situazioni in cui il consenso non è esplicito, libero e duraturo. Quindi alle situazioni di violenza sessuale in cui, per esempio, la vittima è in stato di alterazione da sostanze o da alcol, oppure non è cosciente, oppure si trova in una condizione di coercizione/violenza psicologica che ne impedisce la possibilità di reazione (freezing, ad esempio). Si tratta quindi di tutte quelle situazioni in cui la vittima sente violato il proprio diritto al “no”.
Chiudo gli occhi e immagino svariati scenari: una donna, afferrata con forza, magari insultata, o con un pugnale puntato. Spaventata. Situazioni differenti che portano a un “consenso” che non è un consenso, ma il cui fine è evitare che la mostruosità a cui sta per essere sottoposta possa, ulteriormente, degenerare. Vuole approfondire questo quadro?
Non credo ci sia molto da approfondire. È uno dei tanti scenari di cui sopra. Una di quelle situazioni in cui la vittima non è nelle condizioni psicoemotive e di contesto per poter esprimere un reale e libero consenso. Ripeto: il discrimine è la LIBERTÀ, il CONTESTO/SITUAZIONE, la PERMANENZA nel tempo delle condizioni di un eventuale consenso.
La violenza sessuale distrugge la vita della vittima condizionandone fortemente l’avvenire. Quali sono i traumi di natura psicologica che ne possono derivare e come intervenire?
La sintomatologia traumatica connessa all’aver subito una violenza sessuale varia a seconda delle caratteristiche della vittima, delle caratteristiche della violenza e di tutta una serie di variabili che non rendono universale il trauma subito. Schematizzando, però, possiamo trovare sintomi compatibili con il PTSD (sintomi di intrusione, sintomi di evitamento, alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all’evento traumatico, marcate alterazioni dell’arousal e della reattività associati all’evento). Oppure ed anche possiamo trovarci dinanzi alla RAPE TRAUMA SYNDROME, in fase acuta (ad esempio shock, paura/terrore, smarrimento, vergogna, ecc.) e/o di riorganizzazione (depressione, ansia, dissociazione, ecc.). per quanto riguarda l’intervento con le vittime di violenza sessuale, è necessario lavorare sull’elaborazione del trauma attraverso percorsi di sostegno psicologico e/o psicoterapeuti. È necessario che tali percorsi vengano attivati presso professioniste/i specializzati in materia.
C’è una domanda che mi sono sempre posta e che ora porrò a lei: oltre al controllo sulla vittima, quale altro piacere può derivare a un uomo nel corso di un rapporto violento e non consenziente?
La violenza di genere è una questione di POTERE E CONTROLLO pertanto, al di là del soddisfacimento del singolo stupratore, in generale i bisogni soddisfatti hanno a che fare con tale dinamica.
Uno stupratore, può essere rieducato?
Esistono centri specializzati nel trattamento degli uomini violenti. Tali trattamenti, come qualsiasi altro, necessitano della reale volontà dell’autore di violenza di assumere consapevolezza e lavorare sul reato commesso.
Quali dinamiche si celano dietro a uno stupro di gruppo?
Spesso è frutto di precise progettualità e non di raptus, di pulsioni sessuali che “prendono la mano”. Comporta, per la vittima, un grado di umiliazione elevatissimo in quanto, attraverso il suo stupro avviene la trasmissione di messaggi ed il consolidamento di vincoli e ruoli che riguardano solo le relazioni tra i suoi carnefici. “Lei” è solo un mezzo, un oggetto, uno strumento di un’interazione tra altri (i componenti del gruppo) che non la riguarda, ma che la usa.
Le chiedo di spendere tutte le parole che vuole su una condizione che spacca, sempre, in due l’opinione pubblica e la giurisprudenza: stato d’ebrezza della vittima, stupro e consenso.
Non esiste giustificazione ad una violenza sessuale subita in condizioni di alterazione da sostanza/da alcol, come detto sopra. Qualsiasi “processo”, giudiziario, sociale e mediatico, che va nella direzione della responsabilizzazione/colpevolizzazione della vittima è VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA.
Infine, in quale stato psicofisico le sono giunte donne che hanno subito uno stupro?
In stato di shock, di confusione, di smarrimento. Sono incredule, si vergognano, si colpevolizzano. Hanno paura, si sentono impotenti.
La psicologia per i diritti umani
ONLY YES MEANS YES – La centralità del consenso per una sessualità consapevole e sicura
Data evento: 25/11/2022
Orari: 21:00
Luogo evento: Casa della Psicologia – piazza Castello 2, Milano – Online su piattaforma GoToWebinar
Apertura lavori e saluti istituzionali:
Laura Parolin, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia
Introduce:
Gabriella Scaduto, Segretario dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia e coordinatrice del progetto La Psicologia per i Diritti Umani
Relatori:
Barbara Giussy, Medico, Pronto Soccorso e Accettazione Ostetrico-Ginecologica, SVSeD e Consultorio Familiare Clinica Mangiagalli
Francesca Gentilini, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Milano
Laura Belloni Sonzogni, psicologa e psicoterapeuta
Modera:
Anita Pirovano, Referente del Gruppo di Lavoro per i Diritti delle Donne
Evento gratuito e aperto a tutti
Info per partecipare
https://www.opl.it/evento/25-11-2022-ONLY-YES-MEANS-YES-La-centralit-del-consenso-per-una-sessualit-consapevole-e-sicura.php