Zygmunt Bauman. Intervista sull’identità.
“L’idea di identità è nata dalla crisi dell’appartenenza e dallo sforzo che essa ha innescato per colmare il divario tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è, ed elevare la realtà ai parametri fissati dall’idea per rifare la realtà a somiglianza dell’idea”.
In “Intervista sull’ identità” pubblicato nel 2004, Zygmunt Bauman, sociologo, filosofo e accademico polacco, cerca di approfondire l’enigma che si cela dietro l’identità.
Nel tentavo di giungere a una esatta definizione di essa afferma : “ L’identità è un grappolo di problemi piuttosto che una questione unica, e ci si rivelano unicamente come qualcosa che va inventato piuttosto che scoperto; come il traguardo di uno sforzo, un “obiettivo”, qualcosa che è ancora necessario costruire da zero o selezionare tra offerte alternative, qualcosa per cui è necessario lottare e che va poi protetto attraverso altre lotte “.
Il saggio in questione costituisce, dunque, un libro- intervista, una conversazione straordinaria, nel quale le parti chiamate in causa non si trovano una innanzi all’altra, il cui risultato finale è una riflessione in grado di creare collegamenti tra differenti fenomeni sociali.
Fondamentale spiega Bauman: “È cogliere la verità di ogni sentimento, stile di vita e comportamento collettivo. È necessario, svelare il contesto socio- culturale e politico in cui un determinato fenomeno viene a collocarsi“
Tutto ha origine da un ricordo: il conferimento della laurea Honoris Causa attribuitagli dall’ Università Carlo di Praga.
Nel corso di dette cerimonie è d’uso suonare l’inno Nazionale e, al nostro sociologo, viene posto il quesito circa quale intonare.
Del resto, tutti ne conoscono la storia: nasce in Polonia, ma è costretto a lasciare il suo Paese e ad accoglierlo, la Gran Bretagna.
A tal punto, non possono che sorgere spontanee una serie di domande: qual è il tuo Paese? Quello in cui sei nato, o quello in cui vivi?
Da questo momento, Bauman accompagna il lettore attraverso quella che definisce “modernità liquida”, cioè quel periodo storico in cui la società e l’impianto sulla quale si fonda è soggiogato a un processo di “ fluidificazione” come diretta conseguenza dei fenomeni globali.
Ogni entità dallo stato solido subisce una metamorfosi, passando allo stato liquido, perdendo, di conseguenza, il proprio reale profilo: atteggiandosi a fluidi, privi di una forma propria, assumono quella del loro recipiente.
In questa società, tutte le certezze derivanti da Stato- Nazione, Istituzioni, famiglia e lavoro, subiscono un duro colpo venendo indiscutibilmente a mancare.
Il soggetto si trova solo, privo di un punto di riferimento.
Ciò induce a vedere l’identità come concetto ambivalente, equiparabile a un abito che si indossa finché materialmente utile: sessuale, religiosa, politica o nazionale essa sia, la singolarità che ci è propria, rimane, sempre, in stato di precarietà, appesa, quindi, a un filo.
Come se non bastasse, le relazioni non oltrepassano la soglia temporale del breve periodo, ma vedono il loro termine nel momento in cui il bisogno è soddisfatto.
Riprendendo un passo del libro :“Animali o esseri umani, cani o partner, ha importanza? Siamo tutti qui per lo stesso scopo: soddisfare (o quanto meno è per questo che li teniamo). Se non soddisfano diventano privi di qualsiasi scopo e quindi anche di qualsiasi ragione per tenerli con noi. Possiamo citare la famosa affermazione di Anthony Giddens, secondo cui la vecchia idea romantica dell’amore come associazione esclusiva finché morte non ci separi è stata sostituita dall’ amore confluente, una relazione che dura solo fintanto, e non un istante di più, che dura la soddisfazione che porta ai due partner. Amare significa essere determinati a condividere due biografie ognuna delle quali reca con sé un differente carico di esperienze e memoria e percorre un suo corso proprio; significa, nello stesso senso, accordarsi per un futuro che è una grande incognita “.
Eccola, quella che viene definita “comunità guardaroba”, dotata di raggio d’azione a tempo determinato, dalla vita, inevitabilmente, breve.
Così la spiega Bauman : “ Quelle comunità che prendono corpo, anche se solo in apparenza, quando si appendono in guardaroba i problemi individuali, come i cappotti e i giacconi quando si va a teatro. (…) Le comunità guardaroba vengono messe insieme alla bell’e meglio per la durata dello spettacolo e prontamente smantellate non appena gli spettatori vanno a riprendersi i cappotti appesi in guardaroba. “
L’identità non è un banalissimo dato anagrafico, bensì un processo storico di costruzione: “Ogni volta che senti questa parola, puoi star certo che c’è una guerra in corso. Il campo di battaglia è l’habitat naturale per l’identità. L’identità nasce solo nel tumulto della battaglia, e cade addormentata e tace non appena il rumore della battaglia si estingue. dunque inevitabile che abbia una natura a doppio taglio. La si può forse estromettere dal desiderio, ma non la si può estromettere dal pensiero”.
Per sottolinearne la disorganicità, determinati soggetti, nel corso del tempo, assimilarono quest’ultima a un puzzle, evidenziando l’espressione “ Identità Puzzle”.
La risposta arrivò immediata: “Un puzzle parte da una soluzione definita, esistono un determinato numero di pezzi, e un’immagine conosciuta da comporre; nel costruire un’identità non conoscono i pezzi in loro possesso e neanche quale figura ne uscirà “
Esiste, inoltre, una sottoclasse, composta da tutti coloro ai quali è negato il diritto ad assumere una propria individualità la quale subisce una privazione o cancellazione: è il caso dei profughi, dei senza Stato, di coloro che Bauman definisce “ I non territoriali in un mondo di sovranità basata sul territorio”.