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Disturbo ADHD. Intervista a Maurizio Pincherle, neuropsichiatra infantile.

| Mara Cozzoli |

ADHD, ovvero Attention Deficit Hyperactivity Disorder, tradotto Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività..
Si tratta di un disturbo del neuro sviluppo caratterizzato da sintomi ben definiti e continui come difficoltà nel prestare attenzione e mantenere la concentrazione, comportamenti impulsivi e, infine, irrequietezza fisica.
Approfondisco, oggi, la problematica guidata da Maurizio Pincherle, neuropsichiatra infantile.

Proviamo a spiegare in modo semplice in cosa consiste  e in  quali difficoltà include il disturbo ADHD.

ADHD è un acronimo che sta perdisturbo da iperattività e disattenzione, quindi è un disturbo del neuro sviluppo che coinvolge bambini che  hanno un comportamento iperattivo, una disattenzione particolarmente marcata negli apprendimenti scolastici , ma che già si vede prima dell’inserimento alla scuola primaria.
Sono bambini disattenti e iperattivi.
Quando l’iperattività è molto forte, questi piccoli sono mal gestiti tanto a casa quanto a scuola e, dato che non riescono a stare seduti,  gli insegnanti hanno serie difficoltà nel controllarli.
Essi si alzano e si muovono  in continuo divenendo, in tal modo, il centro dell’attenzione dei compagni che, inizialmente, li accolgono bene poi però si stancano , perché in generale sono soggetti che non rispettano le regole.
In ambito sportivo vivono completamente fuori da ogni norma.
Se ad esempio praticano il calcio, quando, nel corso di una partita, sono in panchina, loro entrano in campo senza chiedere l’autorizzazione a nessuno. Insomma, creano confusione.


Costituisce, dunque, una patologia.

Certo e bisogna chiarirlo, perché di bambini vivaci ne abbiamo tantissimi, ma quelli con ADHD sono una quota minore  circa il 3-3,5% con un comportamento patologico che si manifesta in qualunque contesto  o situazione vengono inseriti, generando problemi.
Nel momento in cui  tutto ciò diventa invasivo in ogni ambiente, la preoccupazione, allora, è reale.
SI tratta di bambini impulsivi, tendenti a dare una risposta prima che l’insegnante rivolga loro una domanda, così come impulsive sono le risposte su qualunque sollecitazione.
A volte, sono anche molto fisici, irrompono in situazioni e generano disagio ad altri.
Sugli inizi sono interessanti,  vengono visti dagli amici come trasgressori di regole, questa mancanza di rispetto delle regole li porta, inseguito, ad essere isolati.
In Italia, come in tutto il mondo occidentale  è una patologia che si nota sempre più e, ad ora, siamo diventati bravi a diagnosticarla.


Quali sono le conseguenze di una mancata e precoce diagnosi?

Finalmente, dopo mille peripezie, abbiamo anche i mezzi per giungere anche a una cura. 
Una volta che questi bimbi sono stati individuati, possiamo evitare che si arrivi alla deriva della patologia in età adolescenziale e adulta.
Se da piccoli  rappresentano un problema non gravissimo, nel senso di  gestibile,  in adolescenza e in età adulta questa  patologia può sfociare in situazioni più gravi, infatti, se  non si affronta la situazione nel modo giusto, essa tende ad evolvere in modo molto pesante e si possono avere trasformazioni sintomatologiche, nel senso che alla sintomatologia tipica, si associano ulteriori sintomi che portano al disturbo positivo provocatorio,  cioè, sono bambini  che oltre ad essere iperattivi e disattenti divengono molto oppositivi, provocano, raccontano un sacco di bugie, vogliono stare al centro dell’attenzione dei compagni, fino a mettere in atto forme di bullismo.
Questo tipo di disturbo, posto all’interno di una scuola è il più difficile da gestire perché l’insegnante deve davvero essere ben formata.
Se manca un intervento energico e una buona presa in carico, si  può passare al Disturbo di Condotta nel quale questi soggetti possono divenire un problema per la società, in quanto possono diventare molto aggressivi, non riescono a inserirsi in gruppi, assumono il ruolo di leader negativi, commettere reati, esercitare azioni violente sugli animali e, infine, non rientrare la notte a dormire in casa.
Il Disturbo di Condotta dico sempre che è l’anticamera del carcere, nel senso che, spesso, si avvia verso un disturbo anti sociale di personalità e il ragazzino assume, dunque, comportamenti devianti che,  in età adulta, comportano problemi per la società: è necessario pertanto
prenderli in carico subito per evitare derive.


Come si tratta il disturbo ADHD?

Per quanto riguarda il trattamento vi sono tre colonne portanti: psicoterapia cognitivo comportamentale, educazione genitoriale ( i genitori sono predisposti nel DNA a trattare con figli dal comportamento “normale”, in questo caso vanno riprogrammati per affrontare queste patologie nel modo giusto) e, molto importante, il trattamento farmacologico eseguito tramite Ritalin.
Detti trattamenti andrebbero portati avanti in contemporanea perché abbiamo visto che il farne uno solo o due, riducono sensibilmente  e possibilità di successo terapeutico.
La terapia farmacologica ci sta dando molte soddisfazioni e, quando risponde, risponde a meraviglia.
Ovviamente viene fatta una prova, la pasticca viene somministrata in ospedale in regime di day – hospital e ripetiamo i test fatti prima che il bambino assumesse la terapia, soprattutto sul discorso attenzione, misurata in due componenti: selettiva e sostenuta.


Ricordiamo che sono bambini intelligenti.

Certo, sono bambini che, spesso,  hanno un livello cognitivo perfettamente nella norma, se non, a volte, superiore ad essa.
Se noi non riusciamo a fare niente per loro risultano essere intelligenze buttate, ma se riusciamo a fare sì che il problema attenzione venga risolto, lo sviluppo cognitivo sarà normale.
Ho pazienti con ADHD che si sono laureati in fisica nucleare: gente che nella vita riesce a fare cose davvero particolari, sono tipi  stranetti e genialoidi, molto molto in gamba, che da piccoli ci hanno fatto sudare “Le sette camicie”.
Occorre essere in grado di capirli.


Nei casi di ADHD se l’insegnante non entra in sintonia con essi, cosa può accadere?

Se l’insegnante non riesce a entrare in sintonia con questi bambini, se ne disinteressa  e non li considera, l’anno successivo è peggio del precedente e questo diventa un tormento sia per il ragazzo sia per il corpo docente che non riesce a tirare fuori niente di nuovo da queste menti che sono, invece, menti con ottime capacità.


Come si può veicolare genitori e insegnanti a relazionarsi con questi bambini e ragazzini  che, in ogni caso, stanno seguendo un percorso terapico? Chi esce da “Scienze della formazione” dovrebbe avere una preparazione su queste forme. Ci sono, quindi, insegnanti, preparati e in grado di far fronte alla situazione.
Il punto è questo: insegnare a chi insegna che esistono determinate dinamiche, ma che se affrontate nei giusti termini, portano i loro alunni a dare grosse soddisfazioni.
Ad esempio noi organizziamo i “Teacher training”, ovvero i corsi a quegli insegnanti che hanno una formazione un po’ carente, ai quali bisogna spiegare tutto.
La scuola deve comprendere che all’interno delle proprie mura si trova di tutto ed essa deve essere preparata ad affrontare situazioni sempre differenti, non solo per quanto riguarda psicopatologie, ma anche per quanto riguarda la multietnicità e i differenti contesti sociali.
Io dico sempre che la scuola deve essere messa nella condizione di venir percepita come un polo di cultura, dove ci si reca divertendosi e imparando al contempo.
 Gli insegnanti dovrebbero rappresentare coloro che ti conducono all’apprendimento.
Giocando l’apprendimento è più semplice.

Un ADHD, se mal trattato, fino a che punto può incidere sulle facoltà cognitive?
Quali possono essere le conseguenze?

Le conseguenze possono essere molto gravi: infatti si deve tener conto che l’iperattività con il tempo tende a ridursi, la disattenzione persiste, rimane costante, fino, addirittura, alle scuole superiori. In altre parole se non sono attento, pur essendo intelligente, non mi entra dentro niente di quanto viene spiegato e non apprendo. Se ho le capacità cognitive, ma non ho l’attenzione, è quasi come se non avessi le capacità cognitive.
Se l’insegnante non capisce questo, il bambino viene trattato come se avesse scarse capacità cognitive: rimane indietro, si formano lacune.

Questo disturbo ha un’origine specifica?

Sì, ha una base genetica. L’ambiente è importante, ma la base è genetica, è un disturbo del neuro sviluppo che può entrare in comorbilità con altre patologie per esempio i DSA, ovvero i disturbi dell’apprendimento, quindi dislessia, disgrafia e discalculia.
Quindi avremo bambini disattenti che non leggono e scrivono bene o non apprendono le tabelline.

In  presenza di questa comorbilità, come si interviene?

In presenza di comorbilità molto forte, non c’è altra soluzione che l’attribuzione di un insegnante di sostegno.
Nel bambino con ADHD assolutamente non deve essere dato il sostegno, come non lo si deve dare al bambino solo dislessico o disgrafico, ma in casi di comorbilità dove gli stessi movimenti potrebbero essere scoordinati e quindi origine di difficoltà a scrivere a  causa di problemi motori, capirà, che essi necessitano di insegnante di sostegno perché non riescono a raggiungere quel grado di autonomia nell’apprendimento che gli permettono di lavorare in autonomia all’interno di una classe.

Prima mi parlava di agiti violenti rispetto alla società, quindi, è possibile che un ADHD  non trattato  divenga origine di fenomeni quali bullismo e “baby gangs”?

Anche, può essere una delle cause, soprattutto se si arriva da un contesto di emarginazione scolastica: il bambino scarica questa sua aggressività, questa sua  carica di negatività sugli altri. Ci sembrano soggetti negativi, in realtà sono vittime e, da vittime, diventano carnefici.
Il bambino sottopone ad atti di violenza fisica e psichica altri bambini pensando a se stesso come vittima dell’adulto.
Per questo i bambini vanno capiti e osservati.
Se non vengono capiti da genitori e insegnanti svuoteranno la loro rabbia, a volte, verso l’adulto, ma il più delle volte verso i coetanei, perché l’adulto, in ogni caso lo spaventa.
I bambini che sembrano aggressivi, sono vittime di situazioni pregresse, le quali vanno studiate bene.

Quant’è importante l’ascolto empatico da parte del genitore?

Tantissimo, è fondamentale. Di solito i nonni hanno un ascolto empatico maggiore rispetto ai genitori. I ragazzi ma anche i bambini un po’ più piccoli preferiscono andare a parlare con i nonni, perché questi ultimi si pongono su un piano di empatia differente, mentre i genitori sono presi da tante cose e non riescono a instaurare una relazione empatica.
Lo vedo, spesso, durante le visite che faccio in ospedale.
Ragazzini di undici anni che non riescono a parlare con i propri genitori, mamme che mi dicono che, sebbene, vivano in casa insieme, da mesi non riescono a dialogare con la figlia.
Si cerca allora di andare dal neuro psichiatra infantile sperando nella bacchetta magica di Mago Merlino.Ad esempio,  l’autolesionismo è una dolorosa richiesta d’aiuto e, una madre solo mesi dopo si è resa conto di centinaia di tagli sulle braccia della figlia solo mesi dopo.

Tra l’altro utilizzano stratagemmi, strumenti per coprirsi e questo rende difficile l’individuazione del problema.

Certo, sono brave, ma una madre, dallo sguardo della figlia dovrebbe capire se quest’ultima sta bene o sta male.

Esatto.
Vede la nostra società è una società di adulti, in cui l’attenzione verso quest’ultima generazione è davvero scarsissima e agli adulti importa poco se figli o nipoti stanno bene, salvo poi recarsi dl medico chiedendo aiuto immediato.. o dico, quando si arriva a questo punto, e una ragazza ingerisce cinquantotto compresse di tachipirina o altro, significa che i genitori non si sono accorti di un disagio che va avanti da anni. Insomma, ci sono sempre segnali d’allarme, ma se non vengono colti, si arriva in ospedale con la pancia piena di compresse.
Anche l’uso di sostanze serve a questi ragazzi per uscire da una situazione di totale infelicità. Quando chiedo ad essi: siete felici? Mi rispondono di no. Una ragazza mi ha risposto che l’unico interesse che aveva era trovare un modo di uccidersi.

Non ci si rende conto, parlo tanto del genitore, quanto dell’insegnante, che tutte queste aspettative, a lungo andare creano .realmente tanti problemi.

Le aspettative sono spesso enormi, con l’inizio dell’anno scolastico, fino a Natale, generalmente, abbiamo un incremento della quantità di problematiche psichiche, oltre a ragazzi che non vogliono più andare a scuola.

Il ritiro sociale…

Esatto, ne abbiamo tantissimi, una volta non si vedeva. Questo fatto è molto legato alle aspettative.
Quindi, la paura di essere presi in giro, di fare brutta figura, di non essere all’altezza delle richieste, i cui insegnanti affermano che non possono fermarsi se qualcuno è in difficoltà perché devono andare avanti con i programmi ministeriali, la sensazione di molti ragazzini è di stare nel mezzo di una corsa e si ti fermi sei perso: tutti ti travolgono, tu rimani ultimo e non riesci più a recuperare.
In passato ne vedevamo pochi, casi sporadici: da settembre ho già visto tre casi con sindrome Hikkomori, cioè minori che stanno svegli di notte e dormono durante la giornata, stanno chiusi dentro la propria stanza, non escono neanche per andare in bagno e fanno i loro bisogni in camera, non mangiano a tavola con il resto della famiglia, ma si fanno portare un vassoio innanzi alla porta della cameretta. Alle 23/24 quando tutti dormono prendono il vassoio e si nutrono.
Un ragazzo che avevo in cura, qui a Macerata, aveva inchiodato la tapparella perché non voleva vedere passare un raggio di sole.
Negli ultimi due anni c’è stato un aumento di oltre il  30% di malattia psichica in età evolutiva che, già, negli ultimi dieci/ undici anni, viaggiava intorno all’undici per cento.
Quando mi sono laureato io, quindi, negli anni 80′ la psichiatria non la vedevamo neanche, avevamo solo casi di epilessia, ritardi mentali, oggi, per la stragrande maggioranza dei casi affrontiamo patologie psichiatriche.
Vi è stato un capovolgimento di fronte.



Questo ci parla anche di un cambiamento non solo della società, ma anche nello sviluppo neurofisiopsiologico del bambino?

Sì, i bambini di oggi hanno una maturazione cerebrale diversa rispetto a quella di cinquanta- cent anni fa. C’è stato un cambiamento epocale nella maturazione e nello sviluppo delle aree cerebrali.
Il cervello di un bambino, ora, matura, in modo diverso rispetto a cento anni fa.
Questo perché gli stimoli ambientali sul cervello hanno subito modifiche.
Lei si immagini, i telefonini, la tecnologia, la televisione, il cinema che stimolano molto le aree visive. I bambini di fine 800′ venivano per lo più da zone rurali, quindi venivano portati nei campi mentre la mamma e il papà lavoravano. Cosa vedevano questi bambini? Venivano stimolati da una siepe, da un ruscello, dalle galline.

Prenda un bambino di due anni dei giorni nostri a cui diamo un telefonino o lo piazziamo davanti alla TV e provi a pensare alle migliaia di immagini visive che cambiano rapidamente.
La stimolazione così forte delle aree visive che una volta non c’era, ha cambiato radicalmente le modalità di sviluppo del cervello di un bambino che, appunto, come già detto, si evolve sulla base degli impulsi che gli arrivano attraverso i sensi: visivi e uditivi, gli odori, forse un po’ meno.
Lei deve considerare che le aree anteriori contengono la parte relativa all’astrazione, all’immaginazione e alle funzioni esecutive, molto importanti per il nostro cervello, mentre quelle posteriori sono relative al reclutamento degli stimoli visivi.
Ora i nostri giovani sono meno sviluppati sul canale verbale perché la scuola di oggi da lo stimolo verbale, ma nel resto della giornata questo non avviene: i bambini non leggono più, se ascoltano musica devono avere un’immagine che li fa sognare. Quindi, si basa tutto sul versante visivo, c’è uno sbilanciamento in favore delle aree visive e a sfavore delle aree anteriori.
Le aree anteriori che sono quelle che maturano  meno velocemente sono proprio quelle del pensiero umano.
Queste nuove generazioni stanno crescendo con grande capacità di tipo visivo e di coordinazione, ma hanno poche capacità sul versante dell’astrazione, del pensiero e della creatività. Inoltre c’è anche una ricaduta a livello di controllo degli impulsi. Infatti, Il controllo degli impulsi in un cervello maturo è dato dalle aree anteriori e non da quelle posteriori, tanto meno, nella maturazione vengono sviluppate le aree anteriori, tanto meno ci sarà la capacità di autocontrollo di questi soggetti che diventeranno aggressivi e impulsivi. Alla fine, questo problema psichiatrico, può essere spiegato con il fatto che la parte anteriore del cervello funziona sempre meno e questi ragazzi hanno sempre meno strumenti per poter affrontare l’ambiente che li circonda.


Per quanto mi riguarda il Covid ha materialmente dato origine a un disagio che questi ragazzi nutrivano da molto tempo, accentuato, poi dalle chiusure.

Certamente, basta guardare le percentuali. Se negli ultimi 10 anni c’è stato un trend costante del 12/13% di aumento di patologie psichiatriche in età evolutiva e negli ultimi 2 anni abbiamo raggiunto il 37% di casistica vuol dire che il Covid ha evidenziato un problema presente da anni.
Purtroppo però, a front di questo aumento le scuole di neuropsichiatria in tutta Italia hanno sfornato una novantina di psichiatri infantili su tutto il territorio nazionale ciò significa che a partire dagli ultimi dieci anni abbiamo una carenza tale di neuropsichiatri che nessuno può più affrontare tali problematiche.
Da noi, nelle Marche, nei servizi pubblici non ci sono  quasi più neuropsichiatri inantili.
Così aspettiamo che i ragazzi compiano i 18 anni per farli rientrare nel circuito della psichiatria adulti. Questo è il punto.

Quello che le chiedo, a questo punto è: a Livello Istituzionale, dunque Stato e Regioni, è possibile aprire un dialogo per far comprendere la gravità della situazione. Come devono agire le Istituzioni? La situazione è grave.

Le Istituzioni, intanto, devono prendere coscienza del problema: questa ultima generazione deve essere aiutata. Un’altra grave difficoltà, sempre più grave, è quella delle dipendenze. Ragazzini che il sabato e la domenica si sballano prendendo pasticche, fumando cannabis e bevendo fiumi di birra, che danneggiano il cervello: nessuno ne parla, nessuno spiega a questi ragazzi come queste porcherie compromettono in modo irreversibile corpo e cervello.
Le leggi che impongono la vendita di super alcolici a minorenni vengono infrante quotidianamente: basta recarsi al supermercato con un amico maggiorenne.
Ho avuto, qui, in clinica, anni fa, una ragazzina in coma etilico a undici anni.

Quali sono i principali disturbi del comportamento in età evolutiva?

Oltre a quelli già citati, vi sono i disturbi esternalizzanti, nel quale il sintomo è evidente: agitazione e aggressività.
I disturbi internalizzanti più comuni: ansia, depressione e attacchi di panico.
Arrivano da me ragazzini di dodici /tredici anni che hanno, addirittura, tre attacchi di panico al giorno, che non riescono a vivere una vita serena all’interno di un ambiente. Una ragazza di sedici ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra mentre faceva in DAD un compito in classe.
Possibile che una madre non si sia mai accorta del malessere della figlia? Ma continua a descriverla come la ragazza più felice e serena del mondo?


Questi ragazzi, ci mandano dei messaggi, anche piccoli, magari. Sta a noi adulti saperli cogliere.
Che poi sia un tentativo di suicidio, un disturbo della condotta alimentare.. beh, è la punta di un ice-bearg: la manifestazione di un disagio nella sua materialità

C’è tanta depressione, ragazzi che si tagliano e amano vedere il sangue uscire dalla propria ferita, perché quel dolore è maggiormente sopportabile della sofferenza psichica. Mentre la lametta taglia la carne provano un senso di felicità… vedono quel sangue e si sentono vivi.  
Attraverso il taglio si riempie quel senso di vuoto, si elimina il dolore psichico.
Tutto ciò ci dice che siamo vicini all’insorgenza di un disturbo piscotico.







Mara Cozzoli

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