Perché?
È passata una settimana dalla cattura di Matteo Messina Denaro, fino ad ora ho preferito il silenzio, un tombale sguardo rispetto al susseguirsi di avvenimenti, per giungere, infine, a considerazioni.
Nel caos generato a livello mediatico le verità sono due: uno dei più feroci criminali è stato consegnato alla giustizia e la mafia, nonostante il colpo subito, continua ad essere parte integrante della nostra società.
In questi giorni ho assistito al peggio a cui mai avrei pensato di dover assistere: la metamorfosi di un fatto di cronaca, storicamente rilevante a livello sociologico e giuridico, in una scandalosa mossa marketing dettata dal narcisismo di coloro che, cavalcando argomenti che esulano da specializzazioni professionali e bagaglio culturale, giungono ai tanto riconcorsi minuti di celebrità o all’essere presenti, per forza, in modo compulsivo, obiettivi da centrare a tutti i costi, dimenticando un “piccolo“ dettaglio: fare informazione, a qualunque titolo, implica avere la consapevolezza di maneggiare un potente strumento di comunicazione dal quale deriva l’assunzione di responsabilità circa termini ed espressioni utilizzate.
I comuni cittadini sono stati bombardati da farneticazioni e insinuazioni conditi, in quanto diversamente non poteva essere, dalla giusta dose di mistero che tanto affascina.
“Non è la vittoria dello Stato, la cattura è avvenuta dopo trent’anni”, “Si è consegnato solo perché malato e stanco“, “ Il nuovo successore è pronto a prendere lo scettro, è stato già designato“: affermazioni dal rumoroso suono di una valanga che, scorrendo verso il basso, travolge con la voce dell’incompetenza anni di instancabile e duro lavoro, del quale conosciamo solo le battute finali.
Perché nessuno si è posto le seguenti domande: “Chi era e chi è Messina Denaro? In quale contesto si è evoluto questo personaggio? ” .
Mi chiedo: “Perché abbiamo permesso all’inettitudine informativa di primeggiare? Perché, salvo pochi, nessuno ha focalizzato l’attenzione sulla reazione delle nuove generazioni, sulle cui spalle è caricato l’onere di blindare il degrado nel quale stiamo cadendo? ”.
A questo vespaio si aggiunge il rammarico di aver constatato che, in troppi, non hanno compreso che fare antimafia non ammette errori e dilettantismi.
Un’ ultima certezza è ancora vivida: sarebbe il caso di cedere il passo a coloro che possiedono giuste nozioni in termini contenutistici, ammettendo con onestà intellettuale l’inidoneità a trattare determinati argomenti.
Come qualcuno insegna: la coerenza con se stessi, è un buon inizio.
La pazienza è terminata.
Al prossimo disgustooso show.