Noi folli…
Vedo passare dei filmati di abusi, di sevizie, di umiliazioni ai danni di persone che in quel dato momento si trovano sole, indifese, nelle mani di carnefici, che traggono godimento, dallo scaricare le proprie istanze aggressive, al fine di utilizzare il potere, per una effimera autoaffermazione oscura, rinforzando il pensiero egoico verso anche una sorte di autoassoluzione.
Persone che, per svariati motivi, lasciano agire le parti istintuali distruttive, senza che la ragione riesca a bloccare questi folli actintg out, come se, anche chi opera e si pensa diverso dalla “follia”, esprimere vissuti conflittuali e inesprimibili attraverso la parola e comunicabili solo attraverso l’agito.
“In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia. Quando uno è folle ed entra in un manicomio, smette di essere folle per trasformarsi in malato… (F. Basaglia)
Ho estrapolato alcune frasi da “Conferenze brasiliane” scritte da Franco Basaglia nel 1979, che fanno riflettere, come follia, ragione, buio e luce siano elementi presenti in ognuno di noi, che nella vita si alternano e producono stati emotivi che influiscono sul nostro umore e sulle scelte che facciamo.
Molte lotte sono state intraprese per la chiusura dei “manicomi”, ma in realtà, cosa è cambiato?
Sicuramente le strutture sono meno fatiscenti, hanno cambiato la denominazione, ma al loro interno viene sempre privilegiato lo “stato di malato”, con regole, con limitazioni, dove sono “altri “che possono decidere per noi … e se noi, non abbiamo la forza di ribellarci, cosa succede?
Ogni individuo deve essere considerato una persona che ha diritto di essere protagonista della sua vita, con interventi improntati sulla centralità e dignità del soggetto, con potere decisionale, soprattutto, quando le fasi acute del malessere si sono equilibrate.
Ci sono alcuni esempi di eccellenza, dove si è compreso che le strutture residenziali devono essere delle case e non dei di reparti ospedalieri, dove oltre alle cure sanitarie e farmacologiche, sono fondamentali l’accoglienza, la relazione, l’accettazione del pensiero dell’altro anche se disgiunto dal nostro e il rispetto che dovrebbe essere il primo valore di chi opera nel settore.
Purtroppo l’umanizzazione delle strutture deve sempre fare i conti con l’economia, con personale non formato, con turni stressanti, personale sotto organico e nonostante i grandi discorsi che spesso vengono effettuati, dove tutti concordano sui massimi sistemi, le persone-pazienti sono costrette ad esempio a cenare alle 18.00 ad andare a dormire alle 20.00… La persona-paziente in realtà è una slot machine che eroga in modo sicuro denaro.
Poche riflessioni, ci sarebbe molto da analizzare, molti interrogativi irrisolti, ci vorrebbe una maggiore formazione e non solo informazione per gli operatori, supervisioni sull’operato e forse, da parte delle autorità sanitarie, maggiori controlli non solo burocratici ma relativi alla vita delle persone e alla gestione di queste strutture e perché no… l’obbligo delle telecamere, al fine, forse, di evitare che si possano ripetere atrocità come quelle commesse recentemente sui pazienti dell’istituto Psichiatrico Don Uva di Foggia.