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RIFLESSIONI PER RIFLETTERE.

Qualche sera fa, su una piattaforma per scuole di cucina amatoriali, ho seguito alle 18.30 in ”LIVE” un’oretta di Q&A (= domande e risposte) con un noto pasticcere milanese.
Proprio perché la sua fama è indiscussa da anni, ho voluto porre domande a cui tenevo molto. Debbo dire che sono rimasta delusa non per il contenuto della risposta (che già sapevo), ma sull’elaborazione della stessa, ossia su come io l’ho percepita. A me è arrivato il messaggio che sì, era importante la mia domanda, ma che io dovevo accettare una non-risposta.
Mi è venuta, allora, alla mente la recente polemica innescata dalle dichiarazioni della Littizzetto a “Che Tempo che Fa” sulla scuola e sugli insegnanti. (La Littizzetto sostiene che l’insegnante bravo sa “entrare in sintonia” con i suoi allievi). 
Non è mia intenzione entrare nei dettagli della problematica. Se le faranno causa sarà lei a rispondere. Quello che stasera mi è venuto automaticamente in mente è come io ho vissuto alcune relazioni con gli insegnanti miei e dei miei figli.
Quando leggo un libro classico o sento i miei nipoti ripetere poesie dei miei tempi, ho in mente la mia professoressa di Letteratura delle superiori. Per spiegare, teneva aperto il libro di letteratura e leggendo i paragrafi del testo in questione, rileggeva semplicemente quanto scritto a lato dagli editori. Lo rileggeva magari più volte, pensando che così facendo sarebbe stato per noi più comprensibile. In classe, sicuramente era impossibile non distrarsi. Quelle ore erano un’imposizione anche per i più meritevoli. Se rileggo gli stessi testi oggi con i miei nipoti, trovo che mi è mancato il gusto del capire lo scrittore, dell’amare e ricercare qualcosa che lo scrittore voleva dirci.
Intorno ai miei vent’anni, ho seguito per cultura personale un corso di pronto soccorso presso un Ente religioso di Milano. Ricordo spiacevolmente le lezioni del giovane medico. Mi sembrava di non capire nulla e di non essere in grado di capire nulla del mio corpo. Dall’infermiera ho invece appreso bene a fare le iniezioni e le prime medicazioni.  Ero felice di essere in grado di capire.
Nel tempo ho fatto altri corsi legati alla medicina. La riflessologia mi ha dato molto e ad oggi, dopo quasi quarant’anni ancora mi piace mantenere un legame con il mio istruttore di riflessologia.
P,rima di Natale mio figlio, disabile intellettivo da sempre ed io siamo andati a salutare la sua maestra delle elementari.
Lei ha superato gli ottanta e mio figlio quarantasettenne ha ripercorso con lei alcuni momenti della vita scolastica. Lui le è molto affezionato e ogni volta, pur parlando quasi sempre degli stessi momenti, si sentono a loro agio.
È grazie a lei se lui ha imparato a leggere e a scrivere. All’epoca sembrava un’impresa con poca speranza. Lei ha conservato per tutti questi anni dei fogli dei suoi alunni e ce li fa vedere. Mi ha anche letto una mia lettera di ringraziamento indirizzata a lei e alla sua classa V prima degli esami di fine ciclo elementare.
L’altra settimana mia nipote doveva memorizzare L’infinito di Giacomo Leopardi. Mi ha chiesto di aiutarla perché lo stile poetico era per lei difficile. Il giorno dopo l’interrogazione, mi ha detto che recitando la poesia davanti alla classe, si ricordava la gesticolazione che io avevo fatto per facilitare la memoria. 
Quello che io posso affermare per esperienza è che non servono tanto i contenuti per imparare, ma quanto si riesce a fare passare il messaggio, anche a chi è impossibilitato o carente di nozioni specialistiche.
L’interazione è sicuramente il segreto e purtroppo tanti, chiamati ad insegnare, non si rendono conto che questa è la chiave di un così bel mestiere. 

Pavan Giuseppina

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