Crepet al Privacy Day Forum: urgente tutelare i minori dagli effetti negativi dei social.
Secondo un rapporto del CRC Usa quasi il 30% delle adolescenti statunitensi ha preso seriamente in considerazione il tentativo di suicidio. In Italia, il Garante per l’infanzia sollecita le istituzioni a “trovare il coraggio di alzare a 16 anni l’età minima” per l’accesso ai social network.
Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni per incoraggiare gli utenti a utilizzare i social network in modo responsabile e a proteggere la loro privacy nelle loro relazioni online, e benché sia ormai risaputo che la condivisione dei propri dati personali sul web esponga a seri pericoli come furto d’identità, cyberbullismo, e altri fenomeni che fomentano odio e discriminazioni, la maggior parte delle persone, soprattutto i giovani, continuano spensieratamente a sbandierare online selfie e informazioni che li riguardano senza curarsi troppo di proteggere la propria sfera privata. E gli effetti derivanti da un uso irresponsabile dei social media potrebbero essere ancora più preoccupanti di quanto si pensasse fino a poco tempo fa, perché nei giorni scorsi il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha pubblicato un rapporto in cui l’agenza federale del Dipartimento della salute degli Stati Uniti ha evidenziato che quasi tre ragazze adolescenti statunitensi su cinque (57%) si sono sentite costantemente tristi o senza speranza negli ultimi due anni, e quasi una giovane su tre (30%) ha preso seriamente in considerazione il tentativo di suicidio. E anche in Italia i dati forniti dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù non sono meno allarmanti con un aumento del 75% dei tentativi di suicidio trai giovanissimi nel periodo della pandemia.
Commentando queste preoccupanti tendenze riguardo il possibile collegamento con l’uso dei social media, il Prof. Paolo Crepet, psichiatra, educatore, saggista e opinionista, spiega: “Siamo arrivati all’apice degli effetti negativi di un uso smodato e incontrollato dei social. Se una ragazzina si fa un selfie e lo posta perché il mondo lo veda, a contare è solo la sua rappresentazione visiva, tutto il resto passa in secondo piano. Il punto è che si è perso il senso del limite. Si sta assecondando il cinismo di certe aziende che fatturano trilioni di dollari sfruttando l’immagine dei nostri figli. È ora di mettere un argine. I social in realtà dovrebbero chiamarsi a-social, visto che predicano assoluta solitudine.”
Sotto il profilo legale, il GDPR provvede tutele specifiche per i minori, e anche se in Italia l’età minima per accedere ai social è attualmente 14 anni, nelle scorse settimane il Garante per l’infanzia ha sollecitato il governo italiano “a trovare il coraggio di alzare a 16 anni l’età minima per il consenso digitale al trattamento dei dati dei minorenni senza l’intervento dei genitori”.
Anche se si tratterebbe indubbiamente di un passo avanti, d’altra parte secondo Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy, neanche l’innalzamento dell’età a 16 anni potrebbe essere una misura sufficiente per mettere pienamente al riparo i giovani dai rischi che corrono sui social:“Ovviamente, raggiunto un maggiore di livello di maturità l’utente sarà maggiormente in grado di proteggersi, ma in realtà quella con i social network è una battaglia impari, perché essi si avvalgono di potenti mezzi di persuasione, come ad esempio i dark pattern, che di fatto ingannano gli utenti invogliandoli a fornire con un semplice click i loro consensi e a prendere decisioni dettate dall’impulso che, se si prendessero il tempo per riflettere, probabilmente non prenderebbero con la stessa facilità. Non a caso i garanti europei di recente hanno pubblicato delle linee guida per aiutare gli utenti a riconoscere questi trabocchetti e ad evitarli. Come fu fatto a suo tempo per le sigarette relativamente ai danni sulla salute che può comportare il fumo, così una soluzione efficace sarebbe che, prima di postare un contenuto sensibile, gli utenti visualizzassero un avviso sui concreti rischi che corrono se decidono di procedere con la pubblicazione.”
La generalizzata rinuncia alla privacy sui social network da parte della maggior parte degli utenti, ai quali paradossalmente sembra non interessare che si tratta di un diritto fondamentale e una norma di buon senso per chiunque si affacci su internet, sarà al centro del dibattito al prossimo Privacy Day Forum in programma il 25 maggio con la partecipazione di Paolo Crepet.