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Progetto “Prevenzione andrologica permanente nelle scuole“. Intervista a Carlo Foresta, professore ordinario di endocrinologia presso la scuola di medicina di Padova.

| Mara Cozzoli |

Nei giorni scorsi sono stati pubblicati gli esiti della ricerca condotta da Fondazione Foresta Onlus di Padova tramite un questionario distribuito a 4.383 studenti tra i 18 e i 20 anni (1.781 maschi e 2.592 donne, età media 18,4 anni) frequentanti istituti delle scuole superiori del Padovano, all’interno del progetto “Prevenzione andrologica permanente nelle Scuole”.
I dati raccolti hanno evidenziato un aumento del disagio tra i giovani che si manifesta con un maggior senso di solitudine, con l’incremento di comportamenti a rischio come fumo e droghe e un’informazione poco approfondita sulla sessualità.
Dialogo, oggi, con Carlo Foresta già Professore Ordinario di Endocrinologia Università degli Studi di Padova, Studioso Senior Università degli Studi di Padova, Presidente Fondazione Foresta Onlus e già Membro Consiglio Superiore di Sanità



I dati presentati dalla Fondazione della quale lei è Presidente evidenziano un fenomeno in corso da anni e che ora è definitivamente esploso: il disagio giovanile.
Tenendo sempre presente che ogni storia va considerata nella sua unicità, quali sono i fattori scatenanti di questo disagio?

Già nel 2021 post-lockdown avevamo colto un momento di disagio giovanile molto importante, che emergeva da determinati comportamenti come la depressione, l’isolamento di tipo sociale, la dipendenza dalla pornografia, l’autoerotismo.
In una società sempre più digitalizzata, con genitori sempre più anziani (e spesso separati), con internet a fare la parte del maestro-genitore anche nella sfera sessuale, i giovani si sentono sempre più soli e meno preparati ad affrontare con serenità la propria crescita e le relazioni interpersonali.

Cosa si intende per comportamenti a rischio? Quali agiti, seppur piccoli, non devono mai essere sottovalutati dagli adulti?


I dati raccolti hanno evidenziato un aumento del disagio tra i giovani che si manifesta con un maggior senso di solitudine, con l’incremento di comportamenti a rischio come fumo e droghe e un’informazione poco approfondita sulla sessualità. Soprattutto nella sfera sessuale si evidenziano le carenze educative e i modelli educativi di riferimento di questa generazione, che già in età scolastica manifesta un ventaglio di comportamenti a rischio che ne mettono a repentaglio la salute: rapporti non protetti e partner multipli (19% e 14% rispettivamente), malattie sessualmente trasmesse (2,2%) e un frequente ricorso alla pillola del giorno dopo nelle ragazze (39%).

Tra gli elementi è emerso, inoltre, un cambiamento nella costituzione familiare.  Come si è evoluto questo nuovo contesto e in che misura influisce sulle problematiche giovanili?

La prima cosa che è emersa dai questionari è che con l’andare del tempo la costituzione familiare è cambiata. Rispetto al 2005, i genitori sono più anziani: l’età media della madre quando il ragazzo ha 18 anni è di 50,7 e quella del padre è 54 anni. In pratica, il giovane vive in una famiglia dove c’è stato un salto generazionale. Questo è un dato importante perché un conto è avere un genitore di 40 anni e un altro è averne uno di 50 o anche più.  I genitori di questi ragazzi oggi diciottenni, hanno vissuto in un contesto sociale e familiare completamente diverso da quello in cui crescono oggi i loro figli: un ragazzo ogni cinque è figlio di persone separate o divorziate, questo vuol dire che fin dalla prima fase dell’adolescenza questi giovani si trovano a vivere una situazione ansiogena, che sfocia nell’uso di ansiolitici e antidepressivi, ma soprattutto nella richiesta di un supporto psicologico.

Parliamo dell’importanza del dialogo tra figure genitoriali e figli. Secondo lei, perché è sempre meno presente?

Il 18 per cento dei ragazzi sono figli unici: vista l’importanza della socializzazione all’interno di un nucleo familiare, e la sempre minor presenza dei genitori a causa delle ben note motivazioni socio-economiche che li tiene lontani dal nucleo familiare per la maggior parte della giornata, non sorprende che nell’era della digitalizzazione i giovani cerchino nuovi riferimenti per socializzare, e soprattutto con il lock-down il peso del digitale ha sovvertito le classiche relazioni interpersonali de visu. Se a questo aggiungiamo una sempre maggior frequenza di separazioni e divorzi, non sorprende la mancanza di dialogo genitori-figli.

DCA, dipendenza da cyber sex, isolamento sociale e autolesionismo. Quali sono i sintomi, in che modo si può prevenire tutto ciò, ma soprattutto come si deve intervenire?


Qui il discorso è molto complesso ed abbracciare queste tre manifestazioni del disagio con un unico suggerimento di prevenzione e intervento non è facile. I sintomi vanno sicuramente colti dall’osservazione dei comportamenti a rischio sopra citati e, in generale, una miglior informazione dei rischi associati a certi comportamenti a rischio è il primo passo per una corretta prevenzione.

Sessualità e affettività: un tema estremamente importante.  Proviamo a spiegare il legame che intercorre tra questi due elementi.

Affettività e sessualità sono i pilastri fondamentali delle relazioni. Questi due fattori si influenzano reciprocamente e, perché si crei un legame saldo tra due persone, è necessaria la presenza sia di un senso di sicurezza che della passione sessuale. Eppure, diverse teorie e ricerche empiriche sostengono che attaccamento e sessualità siano sistemi distinti e addirittura in conflitto tra loro, e sicuramente l’astrazione delle relazioni interpersonali nell’era della digitalizzazione e dei social esaspera la distanza tra queste due sfere, soprattutto laddove la sessualità è osservata attraverso lo sguardo della pornografia.

Quali sono le conseguenze di una sessualità mal vissuta?

Il disagio nella sessualità può avere un effetto di trascinamento del disagio anche in ambiti non correlati alla sessualità stessa, tramite una minor autostima e un aumento quindi dei già noti comportamenti a rischio.

Infine le chiedo, perché l’educazione sessuale all’interno di un nucleo familiare rimane ancora un tabù? Quale ruolo la scuola può svolgere in tale ambito?

Le evidenze scientifiche mostrano come una corretta educazione sessuale e un’abitudine alla visita andrologica e ginecologica fin dalla giovane età permettano una diagnosi precoce di molte condizioni patologiche, e quindi, in molti casi, una prevenzione primaria e secondaria della salute sessuale e riproduttiva. I risultati della nostra ricerca mostrano, una volta ancora, quanto sia importante aprire un dialogo con i ragazzi su temi che il mondo degli adulti continua a trattare come tabù. La necessità di un ascolto attivo che preveda la partecipazione dei giovani diventa, quindi, un tassello fondamentale per invertire certe tendenze che rappresentano fattori di rischio importanti.

Mara Cozzoli

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