Il vino dipinto. Intervista a Miky Degni
Intingendo il pennello nel vino, Miky Degni risulta essere un artista estremamente fuori del comune.
Recentemente è stato pubblicato il suo ultimo libro “Il vino dipinto” (Ronca Editore), nel quale emerge una forte e innovativa capacità comunicativa in grado di oltrepassare schemi pre-definiti, giungendo, in tal modo, a presentare il vino come forma d’arte.
Breve introduzione per lasciare, infine, spazio al nostro protagonista odierno.
Dipinge con il vino, come nasce questa idea?
Premetto che nasco come creativo per la pubblicità. pertanto, utilizzo il linguaggio dell’arte ma anche quello della comunicazione al fine di pubblicizzare aziende, marchi o servizi. In fondo non ho inventato nulla di nuovo, Andy Warhol lo faceva già negli anni ’50. Io però ho cercato di aggiungere qualcosa.
L’idea di dipingere con il vino è nata, in parte, per la passione che nutro verso la bevanda e poi perché ho trovato un modo alternativo, non convenzionale per spingere una delle nostre eccellenze riconosciute in tutto il mondo. Da qui l’intuizione di promuovere il prodotto con il prodotto.
Per cui ho trovato questo format narrativo per raccontare il vino in modo differente rispetto a una classica pagina di pubblicità.
Per i suoi lavori impiega carta d’Amalfi. Quali sono gli effetti del vino su di essa?
Il vino è mono cromatico, tutte le figure e i dipinti che creo hanno, quindi, una dominante che va dai rosa, ai rosini, ai marroni e a tutte le sue varianti cromatiche, in base a come utilizzo il nettare di Bacco.
Utilizzo la carta d’Amalfi perché è il supporto che reagisce meglio al vino, riesce ad assorbire in modo diverso rispetto alla classica tela da pittura e risponde, sicuramente, nella maniera che a me è più congeniale.
Quanto vino adopera per le sue opere?
In realtà ne basta pochissimo, con tre/quattro dita di vino posso fare un’opera da 50 x 70 cm. Ma non è mai la quantità che fa la qualità.
In funzione della tipologia di vino, come varia il colore? Con quale criterio lo sceglie?
Ci sono vitigni da Nord a Sud dell’Italia che possono cambiare la varietà cromatica del vino.
Io dipingo con vini che sono molto corposi, molto tannici (che deriva dall’acido tannico, contenuto in molte piante) In genere non c’è un criterio con il quale scegliere un vino, al contrario è il vino che sceglie me, magari in occasione di una cena, di una degustazione, di un evento o semplicemente per impulso olfattivo.
Da poco è stato pubblicato il suo ultimo libro “Il vino dipinto”, una raccolta di centosettanta immagini. Cosa può dirci in merito?
Ho fatto la prima presentazione nazionale in Sicilia, al Book Festival di Piazza Armerina organizzato da Damiano Gallo.
“Il vino dipinto” è la sintesi di tutto il mio lavoro sul tema del vino e della sua comunicazione. Un libro di oltre duecento pagine, un volume di grande formato che raccoglie centosettanta opere realizzate con i migliori vini d’Italia, con contributi testuali di artisti, sommelier, giornalisti, musicisti, con la prefazione del Prof. Stefano Pizzi dell’Accademia di Brera e un testo introduttivo della ex giornalista del Corriere della Sera Marina Martorana. Il libro è suddiviso in tre sezioni: la prima illustra i primi scarabocchi e le sue evoluzioni, la seconda riguarda i personaggi noti dello star system e la terza sezione gli ultimi dipinti inediti.
Era un obiettivo quello di riuscire a fare una pubblicazione su questa tematica perché nel nostro Paese non esiste una letteratura di questo tipo (e forse neanche al mondo) ed era un’occasione per raccontare, illustrare e mostrare come si può utilizzare il vino per fare comunicazione non convenzionale. Con il mio lavoro di creativo ho sempre cercato di andare oltre la classica pagina di pubblicità e oltre il marketing preconfezionato ribaltando le regole e, oserei dire che, a volte, le regole di quest’ultimo vanno sovvertite proprio per tirare fuori nuovi modi di comunicare. Forse questa mia modalità di operare è stata vincente, infatti nel 2022 sono stato premiato dal Club del Marketing e della Comunicazione come Top Communicator per la categoria “unconventional communication”.
Per i meno esperti: quale relazione intercorre tra creatività e comunicazione?
Nelle agenzie di pubblicità la creatività è il cuore pulsante della comunicazione. I brand, le aziende, i prodotti hanno sempre la necessità di essere comunicati in modo adeguato, e la creatività è sempre lo strumento per raggiungere il pubblico. Quando mi è possibile lo faccio utilizzando l’ironia in modo da suscitare la curiosità da parte dell’utente finale obbligandolo a riflettere su ciò che sta guardando.
Come sceglie i soggetti che predilige immortale?
Se si tratta de l’art pour l’art li scelgo istintivamente dalle persone che mi circondano, dalle frequentazioni, dall’empatia, da ciò che ognuno di loro mi trasmette. Se invece si tratta di realizzare un’opera per un un’azienda allora l’approccio cambia. L’opera deve essere funzionale alla sua comunicazione.
Per concludere le chiedo: in un’opera, le componenti tecnica ed emotiva, come riescono a convivere in modo equilibrato tra loro senza che l’una prevalga sull’altra?
Le rispondo con uno dei miei aforismi: “Nel mio lavoro non mi interessa la tecnica, ma la poetica”. Ora, a parte questa sintesi che illustra il mio pensiero, ovviamente è necessaria anche la tecnica, che però darei per scontata. Quando non c’è una committenza la cosa che più mi attrae è la possibilità di lasciarsi guidare dall’istinto del momento, senza regole. In fondo l’arte è l’ultimo baluardo in cui si può osare, dove è ancora possibile disobbedire. E io ahimè, nacqui disobbediente…