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Infertilità maschile e denatalità, necessità di interventi urgenti. Intervista a Carlo Foresta

| Mara Cozzoli |

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che, attualmente, l’infertilità colpisce una coppia su sei.
Da un recentissimo report presentato al Statistic All – Festival della Statistica e della Demografia si stima che solo il  Veneto entro il 2033, avrà perso circa 45 mila abitanti causa crollo delle nascite di circa 10 mila. Per meglio approfondire l’argomento dialogo, oggi, con Carlo Foresta già Professore Ordinario di Endocrinologia Università degli Studi di Padova, Studioso Senior Università degli Studi di Padova, Presidente Fondazione Foresta Onlus e già Membro Consiglio Superiore di Sanità.


In generale, quali sono le principali cause di infertilità?

È utile tenere presente che la specie umana non ha un alto potere riproduttivo, parliamo di un 25% di possibilità di incorrere in una gravidanza con un rapporto sessuale avuto in coincidenza con l’ovulazione della donna.
Questo dato suggerisce che non bisogna allarmarsi alle prime difficoltà, c’è un tempo fisiologico necessario e soprattutto non deve essere sottovalutato il fattore psicologico.
In alcuni casi, dopo continui tentativi potrebbe prevalere un senso di impotenza e di fallimento che tendono però a logorare il rapporto perdendo quella dimensione di intimità e di gioco importante per la sessualità. Se collettivamente quando si parla di gravidanza subito ci si collega all’universo femminile, è stato evidenziato in molti studi come lo stress incida su diversi parametri seminali maschili in termini di diminuzione del conteggio di spermatozoi e di motilità.


Da un discorso generale, passiamo al discorso preso nella sua singolarità.

Perché gli uomini hanno problemi di infertilità? Quali sono i fattori rischio?

In molti casi, i motivi dell’infertilità maschile sono attribuibili a fattori di rischio modificabili come  cattivi stili di vita, abuso di alcol, droghe, fumo, alimentazione scorretta, sedentarietà, obesità e scarsa attività fisica. A tutto ciò vanno aggiunte anche quelle situazioni che aumentano la temperatura dei testicoli come pantaloni troppo stretti, l’abitudine di far la sauna, l’utilizzo di dispositivi elettronici in prossimità dell’apparato genitale. Persino l’aumento delle temperature terrestri può avere un effetto penalizzante per la fertilità, lo stress termico potrebbe anche provocare danni al DNA spermatico.
Nei paesi più sviluppati vengono considerati fattori di rischio anche l’inquinamento ambientale, derivante da quelle sostanze chimiche utilizzate in svariati prodotti di uso quotidiano, soprattutto se a contatto con alimenti, oltre ai pesticidi usati per le coltivazioni.


Per quale motivo l’infertilità maschie ad ora non è ancora riconosciuta come una condizione comune e grave?


Oggi sono sempre di più le coppie che si rivolgono ai centri di fecondazione assistita, spesso senza una precisa diagnosi dell’infertilità del partner maschile, ma la PMA non può essere la risposta predefinita all’infertilità maschile e il trattamento del maschio infertile deve basarsi prima di tutto sulla terapia per ripristinare la fertilità. Purtroppo ad oggi si pensa ancora all’infertilità di coppia come un problema strettamente femminile, ma i numeri dicono altro: le cause dell’infertilità sono da attribuire nel 40% dei casi alla componente maschile della coppia, nel 40% dei casi alla componente femminile e nel 20% ad entrambe. Alterazioni ormonali, tubariche, patologie uterine e malattie sistemiche o genetiche sono le principali cause d’infertilità femminile. L’infertilità maschile è associata a molte condizioni tra cui patologie del testicolo, ostruzioni delle vie escretrici, alterazioni genetiche, infezioni, varicocele, criptorchidismo, alterazioni endocrine, tumori testicolari, oltre ai sopracitati fattori di rischio modificabili.


Che relazione intercorre tra fertilità e malattie cardiovascolari e metaboliche?

La corretta funzionalità endocrino-riproduttiva del maschio è un processo finemente regolato dagli ormoni sessuali, e la ridotta funzionalità testicolare, l’ipogonadismo, è tra le principali cause di infertilità. Gli ormoni sessuali svolgono però anche funzioni metaboliche, non è infatti infrequente che il paziente ipogonadico sia anche obeso o con sindrome metabolica, esponendosi quindi a un maggior rischio cardiovascolare. Un importante fattore di rischio per l’infertilità e per altre disfunzioni dell’apparato sessuale su cui si può intervenire precocemente, è rappresentato dall’aumento di peso corporeo e da uno stile di vita sedentario, associato ad abitudini alimentari non corrette. Oggi è ben documentato che l’obesità è di per sé un fattore determinante l’ipogonadismo, cioè la minor produzione di testosterone, che, a sua volta, incide negativamente sulla fertilità. Non bisogna trascurare il fatto che l’inattività motoria e l’eccesso di massa grassa sono responsabili dell’insorgenza e dell’aggravamento di numerosissime malattie, quali diabete, sindrome metabolica e cardiopatie, che hanno un grande impatto sulla salute generale e frequentemente sono anche responsabili di alterazioni patologiche di interesse ginecologico ed andrologico.


Quali test sono necessari al fine di una corretta diagnosi?

Per quanto riguarda invece l’iter medico occorre fare una approfondita anamnesi che contestualizzi le abitudini e le pregresse malattie, un esame obiettivo clinico, un esame del liquido seminale e in alcuni casi l’approfondimento diagnostico richiede la valutazione degli ormoni, test infettivologici, test genetici e test immunologici. Nello specifico durante l’anamnesi vengono approfondite possibili infezioni croniche, prostatiti, varicocele, criptorchidismo, ipogonadismo endocrino, ostruzione delle vie seminali; l’abuso di farmaci, l’esposizione a sostanze tossiche, solventi presenti in vernici, esposizione a metalli pesanti o a radiazioni e temperature elevate. Le malattie trasmissibili come la clamidia e Papillomavirus e batteri, sono invece determinanti perché lesionano e ledono la qualità dello spermatozoo non rendendolo più fertile. Lo spermiogramma, test per valutare lo stato di salute degli spermatozoi, serve invece a rilevare situazioni di oligospermia (ridotto numero di spermatozoi), azoospermia (assenza di spermatozoi), astenospermia (ridotta motilità degli spermatozoi) e teratozoospermia (difetti nella forma degli spermatozoi).


Soffermiamoci sui trattamenti. Come si procede confermata una tale diagnosi?

La comprensione dei meccanismi che hanno indotto una alterazione qualitativa o quantitativa degli spermatozoi, e quindi l’infertilità, consente di individuare trattamenti specifici che possono migliorare il potenziale di fertilità del soggetto. Abbiamo a disposizione farmaci che possono essere utilizzati sulla base dei risultati dell’iter diagnostico: trattamento ormonale, trattamento con antibiotici o antivirali, antinfiammatori, fluidificanti per le secrezioni, interventi di nutraceutica. Oggi le tecniche di riproduzione assistita consentono di poter cercare la paternità anche in condizioni di molto rari o assenti spermatozoi nel liquido seminale, poiché il recupero, anche di pochi spermatozoi, mediante ago aspirato o biopsia testicolare, può dare risultati di gravidanza attraverso l’inseminazione in vitro. Questa possibilità non esclude, anzi richiede tutto il percorso diagnostico, poiché anche i rari spermatozoi possono trarre ampio giovamento nella loro strutturazione dopo trattamenti specifici di patologie che si individuano nel percorso diagnostico.

È possibile prevenire? Se sì, quale percorso occorre seguire?

La prevenzione primaria, cioè la sensibilizzazione della popolazione ai fattori di rischio, e quella secondaria per la diagnosi e trattamento precoce di condizioni che possono danneggiare la salute riproduttiva e sessuale dell’uomo e della donna sono fondamentali.
L’origine della maggior parte delle patologie andrologiche e ginecologiche è spesso legata al delicato periodo dell’adolescenza e dello sviluppo puberale. Durante l’adolescenza iniziano ad acquisirsi cattive abitudini quali fumo di sigaretta e assunzione di alcolici che sono fattori di rischio diretto (in quanto dannose per spermatozoi e ovociti) e indiretto (in quanto rappresentano comportamenti associati inevitabilmente ad un calo dell’auto-protezione ed un aumento delle pratiche di sesso non sicuro). I giovani e gli adolescenti sono infatti una popolazione a rischio di contrarre infezioni sessualmente trasmesse, soprattutto per la scarsa conoscenza dell’argomento, il che può portare spesso all’autodiagnosi e all’autoterapia con trattamenti incompleti. L’applicazione di una adeguata strategia preventiva consentirebbe di abbassare con successo le elevate percentuali di infertilità riscontrate negli ultimi anni e consentirebbe un netto miglioramento della salute generale e riproduttiva dell’individuo e della popolazione. Ma in questo quadro l’attenzione verso la salute riproduttiva e sessuale è bassa ed i controlli clinici e di screening sono ancora a livelli di copertura insufficienti, soprattutto tra i giovani e tra i maschi. Si pensi che ancora ad oggi solo il 10-15% dei ragazzi ha fatto una visita andrologica nell’età di transizione.

Mara Cozzoli

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