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Saudade. Intervista a Stefano Pierotti

| Mara Cozzoli |

A 30 anni dalla scomparsa di Ayrton Senna, il Comune di Imola,  ha  ricordato il grande Campione brasiliano con un nuovo progetto dell’artista Stefano Pierotti ( autore del monumento dedicato a Senna, inaugurato 27 anni fa e posto all’interno del Parco delle Acque Minerali ) che si snoda in due fasi.
La prima consiste nella produzione di un’opera, dal titolo “Saudade: il volto di Senna” che raffigura il volto di quest’ultimo realizzato con la tecnica dell’Iron pictures.
La seconda è costituita da una mostra allestita nella Salannunziata, dal titolo “Da ‘a Ayrton Senna’ alle ‘Iron pictures’ – Stefano Pierotti: la memoria e l’orizzonte.
Dialogo, oggi, con Stefano Pierotti.


Come nasce l’idea di dedicare una mostra a Senna?

Circa un anno fa, Vinicio Dall’Ara, nonché curatore di questa mostra, mi chiese di ricordare Ayrton attraverso una mia esposizione che raccontasse anche il mio percorso artistico dopo il primo monumentoall’ Autodromo di Imola.
Ciò che ne è derivato è stata, dunque, una retrospettiva che parte proprio dalla quella scultura realizzata ventisette anni fa.

Un anno di duro lavoro…

In realtà non è stato un anno di duro lavoro, ne abbiamo parlato per un anno, ma poi l’organizzazione è durata tre mesi.
C’è da dire, sì, la mia testa ci lavora da un anno.

Ho visto il suo ritratto di Senna, perché ha scelto proprio quell’immagine rispetto alle tante che giravano? Cosa le trasmetteva?

Ho fatto due ritratti di Senna, uno è presente nella Salannunziata dove è situata la mostra, poi ho realizzato un altro grosso ritratto.
Mi aveva colpito, in modo particolare, questa foto di Ercole Colombo perché era intensa, lo sguardo di Senna era rivolto al futuro, all’orizzonte, un orizzonte che, probabilmente, sentiva non esserci.
Nei suoi occhi ho visto l’infinito.
Ovviamente, ho chiesto l’autorizzazione al fotografo che è stato molto contento che realizzassi questo pannello.
Ho scelto di posizionarlo in una zona marginale, diretta ai cittadini e non al rumore della Formula Uno.Ho voluto assecondare quella che secondo me sarebbe stata la volontà del pilota dal lato umano incredibile.


Una zona, quindi, che riesce a generare una relazione intima tra Senna e il suo pubblico.

Esatto.
Poi, all’Autodromo c’era già una mia scultura e replicare, nuovamente, in questo luogo non mi andava.
Pensi, avevo chiesto, addirittura, di poter collocare la mia opera dentro una fabbrica dismessa.
Il comune ha preferito una sua proprietà, la facciata di un muro.
Ho accettato perché comunque è una zona popolare che mi piace ed è coerente se inserita in un discorso generale.

Cosa la lega al campione brasiliano? Se ha scelto di ritrarlo qualcosa le ha dato.

Sì, il legame è dato da questo suo aspetto umano, questa contraddizione che aveva tra il mondo che frequentava (Formula Uno, soldi) e quello che vedeva con i suoi occhi, mi riferisco alla povertà del Brasile, ai bambini.
Questo mi è rimasto sulla pelle.
Non si può solo pensare a soldi, fama e gloria.
Una volta, Senna, terminò così un suo discorso relativo ai problemi della vita: “Sono molto lontano dalla maniera di vivere che mi piacerebbe vivere”.
Mi rimase impressa e la porto dentro tutt’ora.
Fu un personaggio che ha dato tanto, non solo all’automobilismo, ma anche a chi approccia allo sport.


Penso che in quel suo sguardo malinconico è racchiuso tutto il senso della sua vita: il passato e il suo presente.

È vero.
È uno sguardo che cerca qualcosa che si è perso ma che ricerca anche qualcosa che non c’è.
Il significa della parola “saudade” è malinconia, che non è solo una tristezza rivolta al passato o al presente, è la ricerca di qualcosa che non esiste.

Quanto studio c’è stato da parte sua per eseguire il ritratto di questo personaggio? Diciamo la verità, non si tratta solo di copiare una foto. Questo particolare, spesso, sfugge.

La mia opera non è né un murales, né un pannello intero dove sono andato a lavorare, sono sette pezzi, sette particolari che poi ho unito e rifinito su un materiale in ferro.
Ho dovuto saldare, realizzare prima una struttura meccanica vera e propria, di carpenteria.
C’è, dunque, un lato artistico ma anche artigianale e tecnico che mi porto dietro dai miei studi: io sono perito in costruzione navale.
Quest’ultimo elemento è legato alla tecnicità, alla manualità, a un mestiere.


Cos’è per lei Saudade? Cosa rappresenta questa mostra sia a livello personale che professionale?

A livello personale è un contributo a Senna, Imola e a tutti coloro che gli sono affezionati.
A titolo lavorativo, faccio lo sculture, e uno investe su ciò che fa.
Questa opera è una novità per me perché è grande quanto un murales ma riportata su lastre di ferro scomposte e composte come se la nostra anima si scomponesse e ricomponesse.
L’artista ha delle idee, investe sul futuro sperando di portare a casa qualche altro lavoro.


Cosa le lascerà questa nuova esperienza?

Mi porterò dietro un po’ di tristezza, un’emozione che, peraltro, fa parte di me.
Ho ricordato una persona che non c’è più, spero che tutto questo lasci qualcosa agli altri e non a me.
Attraverso la scultura vorrei regalare nuove emozioni a chi guarda.

Quanto ha sentito questa mostra?

Tanto. Ho accettato subito quest’idea.
Era tanto che non facevo una personale. Era la prima volta che rimettevo in mostra il mio percorso.


Allora, proviamo a trarre un bilancio.

Un bilancio è presto per farlo. Non amo fare bilanci, sarà quello che sarà.
La programmazione è logica, ma l’artista pensa in modo illogico. I bilanci li fanno le banche, le aziende..
Regalare un emozione per me è il risultato più grande.


In conclusione: c’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

Arrivo ad oggi che sono stanco, sono stati tre mesi di fretta.
Le persone non si immaginano cosa significa mettere in piedi una mostra di scultura e realizzare nuove opere da portare.
Questo è un aspetto che pochi conoscono e apprezzano.
La gente vede la fine, ma quello che sta dietro sia fisicamente che mentalmente, il vivere in tensione ad esempio, non lo considerano.
La tensione è dovuta al fatto che quanto stai creando potrebbe non rispecchiare ciò che volevi , vi sono anche difficoltà tecniche.
Per realizzare questo ritratto che è enorme ( 4,30 m x 3,30 m ) mi è stato prestato uno spazio grande da un amico fabbro.Occorre scegliere i colori che durino nel tempo, tenere conto delle problematiche derivati dagli agenti atmosferici, realizzare una struttura che sia solida e resistente.
Il tempo corre e si arriva sempre all’ultimoC’è la paura di sbagliare, che l’opera si rovini durante il trasporto, nonostante le mille attenzioni che dedico all’imballaggio o che le corde che ho utilizzato per legarla rovinino la superficie.
Vorrei che si capisse che dietro c’è tanta ansia e tanto lavoro.

E tanto studio del materiale da utilizzare, soprattutto.

Sì.

Mara Cozzoli

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