domenica, Luglio 7, 2024
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Towards the light. Huang Cheng Yuan

Dall’8 al 30 giugno 2024, l’artista taiwanese Huang Cheng Yuan sarà protagonista della mostra Towards the light nelle sale del Museo Scalvini di Desio.
Promossa da King Space Gallery e a cura della storica dell’arte e giornalista Daniela Pronestì, con la collaborazione di Cristiano Plicato direttore del Museo Scalvini, l’esposizione vede riunite nelle quattro sale del museo all’interno di Villa Tittoni otto imponenti tele della serie The power of the universe realizzate tra il 2018 e il 2024 e presentate con un allestimento che integra la visione delle opere con alcuni stralci di poesie dell’artista.
Anche il titolo Towards the light è tratto, infatti, da un componimento poetico di Huang nel quale il racconto della genesi dell’ispirazione artistica si accompagna ad immagini che suggeriscono una progressiva illuminazione interiore.
«Tutta l’opera del taiwanese – spiega la curatrice Daniela Pronestì – è un continuo richiamo al bagliore di luci che ampliano la percezione della realtà, consentendo all’artista di vedere oltre e attraverso se stesso e l’apparenza delle cose».
«Nel mondo agiscono poteri invisibili che regolano la nostra vita come una polvere» scrive Huang. Intercettare queste forze misteriose, riconoscerne la presenza sia in natura che dentro di sé, è un aspetto centrale nella sua opera, almeno quanto importante è per lui raggiungere in pittura lo stesso equilibrio che insegue nella vita.
«Pensiero, metodo, esperienza sono aspetti che mi accompagnano nel mio lavoro – dichiara Huang – anche se non sempre bastano ad ottenere il risultato che vorrei. Ogni opera comprendere sia il bene che il male, la luce e l’ombra, ma è solo dall’armonia tra spinte opposte che può nascere qualcosa di buono, in pittura come nella vita».
«Più l’artista sperimenta le proprie debolezze – continua la curatrice –, conosce i propri limiti – “uso la pittura per misurare la profondità del mio cuore” afferma l’artista –, più la sua visione interiore si amplia e gli permette di percepirsi come “corpo spirituale” che fluttua nello spazio, sfida la gravità, attraversa il tempo ritornando indietro, all’origine del tutto, o si proietta nel futuro (I’m in the future), immaginandosi come creatura cosmica (A flower of the galaxy) o pura luce».
La presenza di un elemento architettonico a suddividere la scena in più “finestre” oppure ad ambientarla in uno spazio con pareti e fughe prospettive, indica la compresenza di dimensioni speculari – interno/esterno, corpo/spirito, percezione/coscienza – che convivono raggiungendo un equilibrio.
«Lo stesso bilanciamento è ottenuto distribuendo le figure in maniera simmetrica – chiarisce Pronestì – con una centrale protagonista e due laterali comprimarie. In particolare, l’opera The past, present and future on the crest of waves / The origin of the universe rappresenta quattro figure che accerchiano un uomo seduto al centro, unico elemento fermo in una scena per il resto dinamica. Vi si riconoscono alcune citazioni michelangiolesche dalla Creazione della Sistina, con Adamo a destra e l’indice del Creatore che dall’alto punta verso la figura centrale; a sinistra, l’atmosfera del quadro cambia anche coloristicamente, con il verde a prevaricare l’azzurro – il passaggio dalla dimensione celeste a quella terrestre – e due figure, una delle quali, quella abbozzata, non ha più nulla di “divino” ma incarna una forza malevola, “il peccato che intasa lo spirito umano da migliaia di anni” scrive l’artista».
«Siamo di fronte ad una rappresentazione dell’eterna lotta tra bene e male – chiosa la curatrice –, salvezza e dannazione, quei “poteri invisibili” di cui parla l’artista e che nella sua concezione non vanno combattuti ma accolti. Al centro di tutto – ci ricorda Huang – c’è la possibilità per l’essere umano di scegliere se rimanere nell’oscurità della carne, dell’istinto, oppure evolvere verso un’interiore fioritura spirituale». «Su quel sentiero metafisico – scrive l’artista – alla fine delle nuvole, si trova il paradiso che desidero». E altrove aggiunge: «Ricomincio da lì». Dalla luce, dalla spiritualità, dalla coscienza di sé. E dall’arte che respira all’unisono con la vita.
La mostra, che si avvale del patrocinio del Comune di Desio, con la gentile collaborazione della galleria Artistikamente di Pistoia e la sponsorizzazione di Fattorie Betti, verrà inaugurata sabato 8 giugno alle ore 17.30 alla presenza dell’artista, della gallerista Chris Lu di King Space Gallery, della curatrice Daniela Pronestì, del direttore del Museo Scalvini Cristiano Plicato e delle autorità cittadine.
Aperta al pubblico fino al 30 giugno, l’esposizione sarà visitabile dal giovedì alla domenica dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 18:00 con ingresso libero.


Chi é Huang Cheng Yuan?

Nato nel 1968 a Shih Fen, nella contea di Tainan (Taiwan), Huang Cheng Yuan si forma al Taiwan National Art College, dove si diploma nel 1991, per poi completare gli studi al Fontbonne College in Missouri nel 1998. Rientrato in Taiwan, inizia la carriera di docente in diversi corsi universitari portando avanti parallelamente un’intensa attività espositiva sia nel proprio paese che in Cina, Corea, Malesia, Stati Uniti ed Europa (Germania), all’interno di gallerie d’arte, musei, centri culturali e fiere internazionali. Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti in questi anni, si ricordano in particolare il premio come migliore artista internazionale in occasione della New York Art Expo nel 2021 e nel 2018, e il premio nel 2003 per la Youth Art work of Taiwan Exhibitions.
Le sue opere fanno parte di prestigiose collezioni museali in Taiwan e in Cina. Molto legato al paese d’origine e al ricordo del padre contadino, Huang Cheng Yuan ha attraversato un primo periodo nel quale, subito dopo il diploma al Taiwan National Art College, si cimentava in una pittura “selvaggia, energica e colorata”, come lui stesso dichiara. L’incontro con i valori estetici e filosofici dell’arte occidentale ha condotto la sua pittura verso più ampi orizzonti espressivi, portandolo, in particolare, ad abbracciare la tecnica del “non finito”, dello schizzo, dell’abbozzo, come linguaggio che a tutti gli effetti gli consente di sperimentare nuove possibilità espressive e nuovi materiali nella fusione di cultura d’Oriente e cultura d’Occidente.
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