Illusione Cosmica. Intervista a Pietro Pinnarò.
Volgere lo sguardo al cielo stellato, ascoltare la musicalità donataci dalla natura, ascoltarne i profumi, porsi domande sul senso della vita, entrare in contatto con il proprio intimo per condurre colui che osserva alla scoperta di sé e, infine, navigare attraverso mondi che, forse, neanche esistono.
Dialogo, oggi, con Pietro Pinnarò.
Iniziamo con una tua presentazione. Raccontaci il tuo percorso artistico.
La mia vita artistica inizia nel lontano 1970.
Già da ragazzo cercavo di conoscere i punti più belli del mondo dell’arte, frequentando gallerie, artisti e musicisti che, nel corso del tempo, sono anche arrivati a suonare alla Scala di Milano, vedi Romano Pucci che è il primo flauto.
Questo per farti capire come sono nate la mia vena culturale e artistica.
Ho focalizzato la mia attenzione, dal punto di vista umano, sempre, al bello: i colori, l’esistenza dell’uomo e la sua aderenza territorio che, molte volte, ho narrato nei mie viaggi paesaggistici e
“Colori Mediterranei ” è stato il mio primo dipinto.
Dopo quarant’anni di lavoro mi sono evoluto dal punto di vista figurativo: forme astratte, mi sono inventato una figura femminile attraverso una reminescenza di un ricordo che ho avuto da bambino.
Ho fatto tante mostre, ho girato tantissimo e i miei quadri si trovano in gallerie e fondazioni importanti.
Infine, sono stato uno dei primi a portare i murales nella mia città, Legnano: avevo, difatti, da poco partecipato a un concorso internazionale presentato da Andrea Verdet a Calampiso, a Trapani.
In seguito, il proprietario del ”Teatro Galleria ” a Legnano mi ha permesso di affrescarlo.
Nel totale avrò fatto 150 mostre e sono nella Fondazione Avis, sempre a Legnano, con un murales di 10 metri.
Hai parlato del colore, proviamo a parlare della potenza posseduta da quest’ultimo come forma comunicativa.
Secondo me il colore ha una forza comunicativa legata al sentimento, all’umanità, a quanto abbiamo e siamo dentro.
Rappresenta la sensibilità di guardare la bellezza.
Quante volte ci siamo chiesti dove essa sia? Ecco, lei, è dentro di noi. Dobbiamo avere occhi per guardare gli orizzonti che ci stanno vicino, perché è di essi che stiamo parlando e, oggi, è questo che descrivo, sono orizzonti che vanno oltre l’occhio dell’essere umano.
Ho sempre dipinto ciò che è aderente all’uomo e il colore è comunicativo perché fa viaggiare quest’ultimo, oltre a camminare insieme a me.
In queste forme nuove che chiamo ”Illusioni Cosmiche ” sono illusioni perché se guardi qualsiasi angolo della tela ci puoi trovare quello che vuoi e immaginarlo come vuoi.
Viaggi con me nello spazio, sono viaggi immaginari, in luoghi sconosciuti, forse scomparsi o forse ancora presenti.
Ho sempre guardato il cielo e quanto si muove nello Spazio in modo fantastico. Così mi sono avvicinato alla mia forma espressiva.
Utilizzi molto la mitologia come titolo delle tue tele.
Sì. Pensa al mito di Andromeda, Pitagora e molti altri.
Ho scelto Pitagora perché penso sia stato uno dei primi matematici e fisici nell’antichità della Grecia a dire che la Terra è sferica.
La sua unicità della conoscenza, per quell’epoca, va considerata un risultato scientifico notevole.
Quindi, ho voluto omaggiare con i miei quadri la mitologia greca: da Andromeda, Socrate, Platone, Pirro.. volevo navigare il mondo passato e guardare in questo orizzonte lontano dall’occhio umano, nell’interiorità, quindi. Questo è ciò che sono riuscito a fare attraverso il cromatismo.
Sei riuscito a scavare nell’intimo, non solo delle persone ma anche delle cose.
Sì, alla fine io esploro e esteriorizzo il mio mondo interiore.
Do una visione che porta le persone a guardare dentro, ma parto sempre dal mio mondo.
Sai, ho voglia di guardare sempre di più cosa accade a una stella, oggi sappiamo cosa succede quando si avvicina al sole ed entra nel sistema solare, ovvero collassa e in questo suo collassare tutti i frammenti e le polveri si espandono nello spazio e danno una luce cromatica particolare che, a seconda della mia conoscenza fantastica, in qualche modo si riflette sulla Terra.
Esiste un criterio con la quale scegli i colori da utilizzare?
Sì, diciamo che io mi amalgamo con parsimonia. È istintivo tutto quello che sulla Terra avviene con il colore, ma i dosaggi come io li stendo non sono causali ma ben studiati, perché l’arte ha la sua fisicità, la sua conoscenza e le sue regole.
Io compongo con equilibri cromatici.
Quindi, vi è un incrociarsi di tecnica e componente emotiva.
Sì, esatto.
Questi due elementi camminano di pari passo, parallelamente.
Quando guardi le mie illusioni cosmiche, la stesura cromatica avviene su un supporto che io mi sono inventato: per cui io compongo ancora con le mani e le spatole e, dunque, tutta la compressione cromatica, avviene con le mie mani, qualche luce o riflesso però lo aggiungo con strumenti tecnologici.
Però i pezzi sono tutti fatti a mano.
Se, invece, dovessi chiederti: cos’è la creatività?
Secondo me costituisce una forma di sensibilità e conoscenza del nostro mondo interiore che ci porta a scavare, donare e comunicare con coloro che hanno voglia di comunicare, donando qualcosa a livello emotivo.
Ti è mai capitato che, rispetto a quanto volevi esprimere, al fruitore arrivava altro?
Certo. Io direi che questo è importantissimo.
Quando espongo spiego proprio questo: ognuno di voi con la vostra sensibilità e nel viaggio che farete dentro al mio viaggio, vedrete o immaginerete piccole particelle della tela che sono comunicative per voi, che non solo vi emozioneranno, ma emozionerete quando racconterete quanto avete visto.
L’arte, conseguentemente, ci permette di entrare in contatto con noi stessi…
Sì.
Proviamo, allora, ad approfondire il nesso che lega arte, psicologia e spiritualità. Sappiamo che esiste un filo rosso.
Per me, questo filo rosso sono le passioni, le cose che ho visto da ragazzino come ad esempio l’Etna con la sua forza vulcanica.
Piccoli accorgimenti in cui inserisco un punto rosso è un elemento della nostra vita, delle nostre passioni.
Se avessi davanti a te un giovane artista che vuole seguire la tua strada. Come lo indirizzeresti?
Gli consiglierei due cose: la prima di guardare con attenzione l’artista che sta guardando, ma la seconda che è la più importante, che poi è quello che ho fatto io, è guardare nelle proprie tasche e non in quelle altrui se vuole trovare la propria originalità e il proprio linguaggio.
Cosa intendi per linguaggio?
Intendo che chi guarda un quadro per conoscenza non dovrebbe guardare la firma, ma la forma: da qui si capisce chi ne è l’autore.
C’è poi il linguaggio del colore e se l’artista è giovane, sicuramente, se ha delle qualità, lo troverà.
Per comprendere questo settore, secondo te, occorre avere forti basi di storia dell’arte?
Guarda, io credo che sono attinenze che dobbiamo avere.
Conoscere il mondo e il passato dell’arte è fondamentale, altrimenti rimaniamo a digiuno.
Occorre avere la conoscenza del mondo prima e di quello attuale.
Un pizzico di cultura non basta mai.
Sacrosanta cultura che viene calpestata…
Esatto, essa è un viaggio che facciamo.. prima ho citato Pitagora per fare capire quanto è stato importante in quel momento storico.
Tra l’altro, evidenziando ciò, mi porti a capire che l’arte non è solo creatività ma anche matematica, numeri..
Altroché, l’arte è quasi tutta matematica.
La matematica ci ha portato a conoscere lo spazio in un modo diverso da come lo potevano conoscere i nostri genitori o i nostri avi.Attraverso la ricerca di Einstein e di Tressler abbiamo capito come gira l’universo.
La matematica è una componente che si muove al fianco dell’artista.
Data la tua esperienza, quali caratteristiche deve avere un artista?
L’artista deve avere un pizzico di fantasia perché quest’ultima fa viaggiare la mente, deve essere un grande osservatore ed avere un spruzzo di spiritualità.
Questi sono tre elementi basilari.
Approfondiamoli.
Quando parliamo di spiritualità significa che dentro di sé si ha uno stato gioioso o un tormento, qualcosa che si vuole dire ma non si è grado esprimerlo a voce perché ci sono motivi interni o esterni: non intendo la spiritualità come fattore vicino alla Chiesa.
Ognuno vive il proprio mondo secondo la propria genia, qualcuno ha la forza di esprimerlo, scrivendolo con l’inchiostro, la pittura o la musica.
Io sono un buon osservatore e mi piace ascoltare il vento, in montagna, nel mezzo di un bosco di pini: il vento si alza lentamente ed entra tra gli aghi dei pini e crea un’atmosfera musicale che non hai idea.
Mi sembrava di ascoltare l’aria di Verdi… senti rumori strani e li associ alla musica.
Penso che i primi suoni arrivino dall’alto, per questo guarderò sempre in alto, a prescindere da quello che verrà.
Tradurre questa musicalità in immagini, spostarla su una tela è qualcosa di onirico.
L’arte, per altro, è un potente strumento terapeutico, abbraccia diversi campi.
Sì, difatti, la psicologia. Ho creato laboratori artistici per ragazzi disabili, li ho vissuti e a loro volta essi vivevano questo momento con una felicità che non ha eguali. I laboratori si trovavano a Legnano e Parabiago ed erano diretti da me: 20 anni di volontariato, passavo con loro ogni lunedì pomeriggio.
La funzione del colore diviene terapia.
Io dico sempre, non so sei d’accordo con me, in questi tempi, nei quali si fa fatica a leggere, se le parole non arrivano, arrivano le immagini.
Certo, la terapia è questa. Subentra il trasporto, ci sono davvero tante cose in quello che vediamo durante la giornata.
Da poco una stella è entrata nel sistema solare e parte di coda è stata frantumata, beh, io immagino i colori che ha lasciato nello spazio e mi piacerebbe poterli vedere.
Però, mentalmente, a livello fantastico penso già a quanto è successo.
La visione che riesci ad avere è stupefacente.
È la fantasia e questo devono avere i ragazzi.
Se non si può viaggiare in questi mondi, abbiamo signora fantasia.
E se si perde la fantasia, si perdono i sogni e le speranze… soprattutto, in questo momento, nel quale sta proliferando il disagio giovanile.
Esattamente, stiamo vivendo una condizione sociale pazzesca.
Mi guardo intorno e tocco con mano. Da quando ero ragazzo è cambiato tanto, un po’ la globalizzazione, un po’ altri fattori hanno inciso molto: i ragazzi sono più liberi e se non hanno una cosa la devono avere per forza, non bisogna però generalizzare.
C’è un degrado sociale che tocca tutti e occorre avvicinare tutti i ragazzi che potenzialmente possiamo perdere.
Come può intervenire l’arte?
Può intervenire dal punto di vista dell’interesse che una persona ha, ci sono ragazzi che ancora leggono, scrivono e vanno a mostre, l’altra parte di essi, va stimolata con un lavoro congiunto di comunità, istituzioni e associazioni che devono intervenire.
Per quanto mi riguarda, possono adoperarsi avvicinando scrittori, poeti, pittori che, realmente, possono dare qualcosa di positivo ai giovani.
Sono certo che qualche ragazzo può essere recuperato.
Immagine in evidenza: Andromeda