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GIORNATA MONDIALE CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

Nel 2012, è stata istituita dalle Nazioni Unite la Giornata mondiale della tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminili, con l’obbiettivo di incoraggiare i governi, i membri della società civile ad intraprendere azioni concrete e a potenziare campagne di sensibilizzazione contro questa pratica.

Oggi ci sono almeno 200 milioni di donne al mondo che hanno vissuto il dramma delle mutilazioni genitali femminili con gravi conseguenze  sia fisiche che psicologiche.

Le mutilazioni genitali femminili sono eseguite principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età e comprendono diverse operazioni che prevedono la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni. Diverse sono le tipologie di mutilazione più o meno invasive che le donne subiscono, ma in qualunque modo è una violazione dei diritti umani, con la conseguenza di gravissimi danni fisici, talvolta irreversibili, oltre a pesanti conseguenze psicologiche.

Vengono effettuate tre tipi di MGF (OMS,1995): clitoridectomia: è la forma più lieve di MGF e comporta la sola asportazione del prepuzio clitorideo, chiamata “sunna” dalla tradizione islamica; escissione: contempla l’asportazione del prepuzio clitorideo e di parte o della totalità delle piccole labbra; circoncisione faraonica o sudanese: prevede l’escissione integrale del clitoride e delle piccole labbra oltre che l’asportazione parziale o totale delle grandi labbra;

Si parla di infibulazione quando l’apertura vaginale viene cucita e ridotta a un piccolo foro per consentire la fuoruscita di urina e sangue mestruale.

Generalmente la MGF viene praticata da persone con nessuna conoscenze medica o chirurgica, come le vecchie del villaggio chiamate “gedda” in Somalia o “daya” in Sudan, ma anche dalla nonna della bambina (arusa) o dalla madre stessa, ed ovviamente senza l’uso degli anestetici.

Se vogliamo proseguire a capire come avviene questo scempio possiamo dire che la pratica, sempre barbara, varia in base alle condizione economiche e culturali della famiglia delle bambine che dovranno subire tale tortura: gli strumenti usati  sono il bisturi o un rasoio, un coltello, una scheggia di vetro, una pietra appuntita, una scheggia di legno o di carbone ardenti.

I margini piagati della vulva sono tenuti accostati con gomma arabica, zucchero, chiara d’uovo o, addirittura con spine d’acacia. Per prevenire l’emorragia vengono usate poltiglie di erbe, caffè, fango, cenere, bianco d’uovo, sterco, ma anche catgut nei casi migliori.
Vi lascio immaginare le devastanti complicazioni che vanno dalla emorragia, setticemia, dismenorrea morte e tanto altro.

Le complicanze più tardive in genere consistono in: stenosi vaginale, ematocolpo, fistola retro-vaginale, infezioni ricorrenti delle vie urinarie, disuria, incontinenza urinaria, trasmissione dell’HIV, dispareunia, difficoltà nell’espletamento del parto.

Secondo il Centers for Disease Control and Prevention, negli Stati Uniti la pratica MFG, anzichè diminuire sembra sia addirittura triplicata negli ultimi anni, a causa anche dell’aumento di immigrati.

In Italia il numero preciso delle donne mutilate è sconosciuto perché mancano dati attendibili. Si è iniziato con la campagna di Emma Bonino negli Anni 90, intitolata «Non c’è pace senza giustizia», e poi si è arrivati con l’approvazione di una legge che prevede da 3 a 16 anni per chi pratica la circoncisione femminile. Tuttavia, le denunce sono state davvero pochissime e le campagne di formazione informazione irrisorie rispetto a quelle promesse.

E comunque i pochi anni di reclusione sono una bazzecola se pensiamo a quanto viene inferto a queste bambine e al sopruso che viene perpetuato in nome di riti di iniziazione. Saranno donne che avranno ripercussioni non solo da un punti di vista sessuale (argomento innominabile: il piacere femminile) ma di salute, di compromissione di un corpo dove l’uomo deve intervenire deturpandolo in nome di tradizioni obsolete e soprattutto torturando bambine e ragazze con conseguenze permanenti.

                                                                   Detto & Fatto

Credo che come società civile dovremmo fare molto per cercare di arginare un tale stupro. Il 6 febbraio è una giornata da ricordare insieme a tutte le altre dell’anno. Ricordare per non dimenticare e permettere a tutte le bambine di scegliere la propria vita!

Ganzetti Raffaella

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