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Assistente Materna. Intervista a Sonia Ferrarini, ostetrica.

| Mara Cozzoli |

Con il 2024 entrerà, forse, in vigore, una nuova figura “professionale” denominata “Assistente materna“.
Una figura che, in base alle poche direttive e informazioni trasmesse dall’attuale Governo, risulta essere estremamente discutibile in quanto fonte di punti interrogativi.
Si evicence, inoltre, che non è stata ben studiata.
Per meglio capire di cosa stiamo parlando dialogo, oggi, con Sonia Ferrarini, ostetrica.

Lei è un’ostetrica. In cosa consiste il suo ruolo?

Il ruolo dell’ostetrica è quello di promuovere e tutelare la  salute della donna, in campo sessuale/riproduttivo e dell’età evolutiva durante tutte le fasi del ciclo vitale, nel percorso nascita (gravidanza, parto, puerperio) fino al climaterio-menopausa.
Si tratta di una professionista sanitaria che agisce in completa autonomia assumendosi  la responsabilità dell’intervento assistenziale rispetto agli eventi naturali/fisiologici, ed è per questo motivo che pur occupandosi di cura è prevalentemente  esperta/o di fisiologia. Gli  ambiti operativi di competenza dell’ostetrica/o sono  l’area ginecologica, neonatale ed ostetrica, dove gioca il suo ruolo prendendosi cura della persona da un punto di vista clinico, di supporto oltre che educativo ed informativo.

Spieghiamo qual è il suo percorso formativo e, sopratutto, a quale modello si ispira,

In Italia per conseguire il titolo abilitante alla professione di ostetrica/o (Dottore in Ostetricia) è prevista la frequenza di un corso di studi universitario di durata triennale a numero chiuso, ossia il Corso di Laurea in Ostetricia per accedervi è richiesto il diploma di scuola media superiore quinquennale.
Dopo il conseguimento della Laurea di primo livello l’Ostetrica/o può sviluppare le sue competenze frequentando dei Master della durata di un anno o conseguire la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche (D.M. 8 gennaio 2009) di durata biennale, la cui finalità è far acquisire al professionista competenze disciplinari avanzate nell’ambito del management, della formazione e della ricerca. E’ previsto inoltre il Dottorato di ricerca per diventare esperte nell’attività di ricerca ostetrica per chi possiede la Laurea Magistrale.
Il modello assistenziale a cui si ispira la professione ostetrica è quello Bio-Psico-Sociale, che considera la persona nella sua globalità e dove le  componenti mente-corpo e condizioni socio/ambientali interagendo tra loro, sono in grado di influenzare positivamente e/o negativamente lo stato di salute della donna, del neonato/a e della famiglia.

Perché l’ostetrica di famiglia e di comunità, è un servizio che non è stato poi portato avanti?

A mio avviso, una delle ragioni principali che impedisce di mettere a sistema questo importante servizio, è sicuramente legato ai tagli trasversali di risorse economiche subiti negli ultimi anni dal SSN, portando inevitabilmente a cercare soluzioni alternative ed inappropriate come quella dell’ ”assistente materna”.
L’Ostetrica/o di comunità, è la figura chiave che offre cure di prossimità nell’ambito delle cure primarie, garantendo la continuità assistenziale a donne e famiglie (midwiferycare) nel percorso nascita.
Opera in rete integrandosi con le strutture ospedaliere e con i servizi territoriali, specificatamente nei consultori, negli ambulatori, nelle scuole, negli ambienti di lavoro, nonché a domicilio, promuovendo la prevenzione e cura a salvaguardia della salute individuale e collettiva.
L’implementazione su scala nazionale del modello di “Ostetrica di famiglia e di comunità risponde  in modo appropriato e sicuro ai bisogni emergenti di salute a donne, famiglie e collettività. Questo modello è possibile solo attraverso l’assegnazione di un numero adeguato di ostetriche all’interno delle Case di comunità, dove attualmente la professione ostetrica è prevista solo in ambito consultoriale con funzioni che si integrano con l’ostetrica di comunità ma diverse tra di loro.
La Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica (FNOPO) già dal 2021 chiede una riorganizzazione della rete consultoriale, con Consultori familiari (CF) incrementati nel numero, come indica (ISS 2019) e con adeguamento di personale ostetrico (almeno 2000 unità solo per gli attuali CF).

Detto questo spostiamoci su questa nuova figura professionale, l’assistente materna. Di cosa si tratta?

Ancora non si sa molto rispetto a questa nuova figura, recentemente però su diversi organi di stampa e reti televisive è stata divulgata la notizia che il Governo abbia  previsto uno stanziamento per il 2024, per l’istituzione di una nuova figura non sanitaria, “l’assistente materna”, che dovrebbe accompagnare le madri nei primi sei mesi di vita dei neonati. L’idea è quella di un rapporto personale diretto tra questa figura e la madre: non solo videochiamate e telefonate, ma anche assistenza a domicilio.

Perché sorge sovrapposizione di competenze con l’ostetrica?

La proposta di istituzione di questa nuova figura non tiene conto delle competenze, dei ruoli e delle funzioni attribuite dallo Stato italiano al profilo professionale dell’ostetrica.
Così come sottolineato nella nota inviata al Ministro della Salute dalla FNOPO (settembre 2023), “Le cure post-natali nel dopo parto, rappresentano il “core” dell’attività ostetrica nell’ambito della continuità  delle cure del percorso nascita (territorio-ospedale-territorio). A fronte delle succitate caratteristiche professionali, universalmente riconosciute e acquisite attraverso il percorso accademico, restiamo sconcertate e indignate di fronte al fatto che il decisore possa immaginare di poter creare nuove figure professionali che vanno tra l’altro a sovrapporsi per competenze a quelle già esistenti”.

Chi andrà a formarla e quanto durerà il percorso formativo?

Dalle poche notizie raccolte, è chiaro che non sarà una figura sanitaria e che non avrà bisogno di una laurea ma di un corso di formazione della durata di sei o nove mesi, non saprei dire a chi sarà affidata la sua formazione, ancora non si ho informazioni al riguardo.
Le modalità operative saranno in parte stabilite con le Regioni: per ora l’idea è un servizio a richiesta delle madri che disporranno di una ventina di ore per i primi tre mesi dalla gravidanza estendibili fino a sei mesi. L’auspicio del governo è di avere tre assistenti materne ogni 20mila abitanti, curiosamente lo stesso numero di abitanti che secondo la norma vigente, prevede l’istituzione di almeno una sede consultoriale sul territorio (1 CF ogni 20.000 abitanti), attualmente però sul territorio italiano è presente un consultorio familiare ogni 35.000 abitanti (ISS 2019).
il numero di risorse ostetriche necessarie alla sola copertura dei Servizi territoriali è di 2.000 unità (ISS 2019), a fronte delle 20.000 ritenute indispensabili per la copertura di tutti gli snodi organizzativi in ambito materno infantile.

Questo percorso è sufficiente per poter operare in contesti fragili?

Per rispondere a questa domanda è necessario sottolineare che il gold standard delle cure post-natali nel percorso nascita, è rappresentato dalla visita domiciliare in puerperio (home visiting), nel corso della quale l’ostetrica osserva e promuove la fisiologia, con una visione olistica della persona, individuando situazioni potenzialmente patologiche, di fragilità/disagio e di rischio sociale attivando altri professionisti che compongono le équipe multidisciplinari del percorso nascita, come lo Psicologo/a, il Ginecologo/a, l’Assistente sociale e/o il Pediatra di Famiglia.
Da questo si evince chiaramente  che l’assistente materna non può rappresentare una risposta sicura ed appropriata in questo particolare momento della vita della donna/coppia e che solo il modello di continuità delle cure nel percorso nascita può assicurare.


Perché si parla di assistente materna? E il padre? Cioè, non dovrebbe essere un servizio che include l’intero nucleo familiare?

Rispetto a questo, credo che la  dicitura “assistente materna”, sembra indicare l’offerta di servizi alla donna e non alla famiglia, escludendo il padre dalle cure neonatali favorendo un disequilibrio dei carichi di cura, ma soprattutto contribuendo negativamente alla parità fra uomini e donne con un’idea anacronistica di famiglia.
Inoltre, la letteratura scientifica (neuroscienze) afferma da tempo, che il coinvolgimento dei padri da subito nelle cure dei propri figli/e già a partire dalla gravidanza e nel corso dei primi mille giorni di vita del bambino/a, ha esiti positivi per lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo dei bambini/e, creando fin dall’inizio un forte legame affettivo migliorando la salute psico-fisica dei figli/e e della donna.

A chi risponderà questa figura?

Non saprei dire, ma sicuramentenon ai meccanismi di vigilanza e di controllo a cui la professione ostetrica è sottoposta da parte del Ministero della Salute e dell’Università.

Lavorerà in équipe?

Non saprei dire, l’auspicio è che questo non succeda per le ragioni sopra descritte

In Europa sono stati creati supporti alle famiglie. In cosa consistono?

I modelli nord europei a sostegno della maternità e della famiglia, che prevedono la presenza di figure di supporto, per un determinato periodo dopo la nascita, in grado di  rispondere ai diversi bisogni familiari legati soprattutto agli aspetti pratici come ad esempio: pasti, pulizie di casa, baby sitter, piccole commissioni etc…
Questa è un’importante forma di sostegno, alla quale il nostro Paese dovrebbe guardare con interesse, e che risulta essere indispensabile, nell’immediato dopo parto, soprattutto nel caso sempre più frequente di nuclei familiari privi di rete di supporto familiare.

Perché prima di creare nuove figure non vengono coinvolti ordini come quello degli Psicologi o la Federazione Nazionale degli ordini della professione di Ostetrica?

In effetti sembra incredibile come su temi così delicati di salute pubblica, non si sia pensato di  avvalersi del parere di esperti in materia, che potrebbero, attraverso un contributo qualificato ed autorevole, indirizzare le scelte della politica verso modelli organizzativi basati sulla ricerca e sulle evidenze scientifiche migliorando la soddisfazione materna e/o di coppia nell’evento nascita. È oramai cosa risaputa che il vissuto della donna incide positivamente sugli esiti di salute psico-fisica materna, neonatale e/o familiare (OMS -2016), ed è in grado di condizionare la possibilità di ripetere l’esperienza di nascita con effetti positivi sul tasso di natalità, tema di grande attualità rispetto al quale il nostro Paese rappresenta il fanalino di coda a livello Europeo ed Internazionale.

Per concludere, c’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

Per prima cosa, vorrei ringraziare Lei ed il suo periodico, per aver posto l’attenzione a questa importante tematica, rispetto alla quale dopo un iniziale clamore, sulla notizia è calato il silenzio più assoluto, ed anche per avermi dato la possibilità di raccontare chi è l’ostetrica, il suo percorso accademico ed i principi/modelli ai quali si ispira.
Concluderei dicendo che garantire il benessere fisico, psicologico e sociale a tutti i cittadini, alle donne ed alle famiglie, deve essere una priorità uguale su tutto il territorio nazionale a sostegno del contrasto alle diseguaglianze. È necessario quindi, non considerare più gli interventi sanitari e di welfare una spesa improduttiva, ma strumenti necessari al raggiungimento di obiettivi di salute pubblica a salvaguardia del nostro SSN, che mai come in questi ultimi anni si è trovato in così grande difficoltà, mettendo a rischio i principi Costituzionali ai quali si ispira (Art. 32 della Costituzione).

Mara Cozzoli

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