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Da piccolo soffrivo d’insonnia e l’arte mi dava modo di creare. Intervista a Alessandro Grimoldieu, scultore.

| Mara Cozzoli |

Laureatosi in Comunicazione, media e pubblicità, Alessandro Grimoldieu inizia a dedicarsi all’arte orafa, salvo poi optare per il cambiamento, lanciandosi nell’arte fine a se stessa.
Una ricerca artistica  quella del giovane autore che trova origine nel Transumanesimo, movimento culturale  incentrato su una visione- rivoluzione ottimistica della condizione umana nel segno del progresso scientifico e tecnologico.

Iniziamo raccontando quello che è stato il suo percorso artistico.

In realtà non ho avuto un vero e proprio percorso artistico, nel senso di studi.
Sono laureato in comunicazione, media e pubblicità allo IULM e poi ho preso la specialistica in fashion design in Brera.
Sin da bambino l’arte mi appassionava ed era anche un modo per impegnare quei tempi che avevo vuoti nel corso della giornata.
Da piccolo soffrivo d’insonnia e mia mamma non sapeva cosa fare per tenermi impegnato perché io non volevo assolutamente dormire.
L’arte mi dava modo di creare e io ho sempre avuto una mente molto creativa.
Ho potuto così sperimentare diversi strumenti artistici: disegno, creta, tempere, olio… all’epoca li chiamavo lavoretti che mi tenevano impegnato mentre mia mamma si riposava perché, praticamente, dormivo due ore a notte.
Questa cosa me la porto, ancora adesso, dentro.

La sua arte è diventata, dunque, una sorta di terapia.

Esatto. È stato un modo per curare l’insonnia, per impiegare il tempo in modo funzionale, utile e rilassante.


Con quale forma d’arte ha esordito?

Non sono partito da subito con la scultura in quanto l’approccio più semplice è costituito da disegno, tela e pittura.
L’esordio, per come lo intendo io, è avvenuto però con la scultura perché durante i miei studi universitari ho aperto un’ azienda di design specializzata nel mondo dei gioielli che ho iniziato a lavorare con l’antica tecnica della cera persa, dando origine a micro sculture che venivano poi fuse in diverse leghe metallurgiche.
Dalla parte orafa ho poi spostato il mio focus sull’arte fine a se stessa, non creando più sculture “indossabili” come le chiamavo io, ma opere d’arte non funzionali…il gioiello era troppo legato al mercato fashion, alla moda.

Come nasce questa scelta, questo sconvolgimento?

Perché sono sempre stato, un pochino, a cavallo tra moda e arte, due elementi che nella mia vita vivevano di pari passo.
Paradossalmente, quando facevo i gioielli mi sentivo di fare sculture, adesso mi sento di fare sculture che sono anche gioielli a loro volta indossabili; sono maschere.
C’è sempre stato questo duplice aspetto in me.
L’idea di passare all’arte è nata dal fatto che sentivo il bisogno di staccarmi da ogni commerciabilità, da ogni negozio o canale di vendita che non fosse una galleria.
Volevo che il mio lavoro fosse apprezzato per la poetica che lo caratterizzava, ora posso maggiormente spiegarne il motivo, il pensiero che vi sta dietro.
Prima era difficile perché le persone guardavano solo il “contenitore” tralasciando il contenuto.


Passiamo, allora, a “Persona Personae”, una serie di maschere con una filosofia alle spalle.

“Persona Personae” è una collezione di maschere che ho realizzato, inizialmente, con cera stampata con penna in 3D, il lavoro è comunque manuale ma realizzato con un materiale più tecnologico ed innovativo.
In seguito, ho deciso di fonderle con la tecnica della fusione a cera persa, che è una lavorazione antichissima nell’arte orafa.
Di base ho voluto unire il passato con il futuro perché secondo la mia poetica viviamo in un eterno presente sfuggente.
Ad esempio, già in quest’attimo che le sto parlando, le mie parole sono diventate passato e quello che sto pensando di dirle è futuro.
Il presente è solo un istante in cui si vive ed è bello, secondo me, convogliare nell’attimo l’unione tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro.
Inoltre i soggetti e e tematiche sono legate al Transumanesimo, un movimento culturale progressista, con una visione ottimistica verso il progresso tecnologico, indispensabile più volgiamo lo sguardo verso il futuro.


Cosa vogliono indicare queste maschere? Che, in parte, richiamano anche alla poetica pirandelliana stravolgendone in parte il significato.

Una delle maschere che ho realizzato è proprio dedicata a Pirandello e l’ho intitolata “Uno, nessuno, due“.
È una maschera con due volti, uno dei quali è posizionato sulla fronte nel punto dove è concentrato il chakra del terzo occhio.
Il significato di quest’opera è legato sia a Pirandello che alla duplicità dell’individuo: maschile e femminile,  Yin e Yang che coesistono nella nostra vita.
L’occhio è posizionato sulla fronte in quanto indica la parte cerebrale, nella posizione in cui si apre il terzo occhio, prende voce la parte più spirituale e il legame con Pirandello in realtà è dato dal fatto che tutti indossiamo una maschera; questo nel mio caso ha una valenza positiva e non negativa.
La maschera, molte volte, viene vista in modo negativo, affermare che una persona sta indossando una maschera equivale, spesso, a dire che la persona in questione non sta mostrando la sua vera essenza.
La mia domanda è: “sarà vero che noi abbiamo una sola vera essenza?”
Secondo me no, perché l’anima è fatta di tante sfaccettatura, noi siamo fatti di svariate parti della nostra essenza che sono quelle che io chiamo maschere e che io vedo in modo positivo, certo alcune possono essere negative perché sono maschere connesse a paure e incertezze, maschere di odio o condizionate da esperienze traumatiche che abbiamo avuto in passato.
Ci sono però maschere che ci hanno permesso di crescere e confrontarci.
Le maschere costituiscono una sorta di dialogo interiore che l’individuo ha con se stesso.
Per me sarebbe limitante definire l’essere umano come una singola persona, in quanto possiede una moltitudine di pensieri e sfaccettature.
Secondo me, la maschera è utile anche a livello sociale, ad esempio a un colloquio di lavoro ci dobbiamo comportare in certo modo e quindi la indossiamo ma non lo facciamo in modo negativo, bensì per rispetto ed etica sociale.
La consapevolezza di indossare una maschera è fondamentale per una crescita individuale: riconoscere le proprie maschere, anche quelle più brutte, ci aiuta a correggerle, distruggerle o fortificarle…a saperle gestirle.
Indossare una maschera non significa nascondersi ma, materialmente parlando, se si vedesse per strada una persona che ne indossa una, essa sarebbe più esposta.


Qui entriamo in quella che è la valenza psicologica del suo lavoro, e questo è molto importante.

Sì, assolutamente.
Ogni maschera di Persona Personae rappresenta un lato e una parte di me, ma anche di quello che ho notato nei più comuni comportamenti umani psicologici.
Il lavoro dietro a Persona Personae è una caratterizzazione psicologica delle maschere.
Tra le tante è presente Pinocchio che, secondo me, rappresenta l’innocenza del bambino e la bugia bianca, il mentire in modo non cattivo ma perché la società ti porta a farlo.
Pinocchio è una sorta di metafora della società odierna, lui è portato ad allinearsi a un comportamento che è socialmente considerato cool, dunque si lascia adescare e influenzare dal Gatto e la Volpe, dal Paese dei balocchi, perdendo la sua innocenza e, alla fine del romanzo, diviene un umano fatto di imperfezioni.
All’inizio le bugie di Pinocchio erano buone, piano piano, diventano bugie sempre più cattive date dalla vicinanza con la società malsana in cui si è ritrovato.
Altra maschera dalla duplice valenza è Il Satiro che ricorda la figura di un caprone in riferimento ai baccanali in onore a Dioniso e racconta l’eccesso, la goliardia, i piacere e il divertimento.
Può essere vista in modo negativo, ma secondo la mitologia greco-romana Dioniso era semplicemente la divinità del divertimento, del vino, dell’ebbrezza, quindi al lasciare emergere i proprio lati oscuri e la propria natura carnale, componente anch’essa dell’essere umano.


Tra le innumerevoli sue opere c’è Apollo, un ‘opera legata alla bellezza.

Sì, che tra l’altro è l’opera con cui ho vinto la Biennale del Museo Scalvini di Desio
Apollo è portatore di bellezza e luce, Apollo guidava il carro che portava il sole irradiando di luce il mondo.
Nella nostra realtà la luce è considerata bellezza del resto, le cose per essere apprezzate devono essere illuminate, nel buio totale non si vede niente, nemmeno le ombre.
Apollo incarna anche la vittoria, la vittoria della luce sulle tenebre.
Questa maschera vuole raccontare come la bellezza può salvare il mondo dall’oscurità, il ritorno alle origini, alla bellezza nel suo significato canonico può suscitare nell’osservazione un emozione che lo libera dai pensieri negativi.
Ciò che noi riconosciamo come bello è confortevole, quindi l’idea di Apollo è di portare luce e bellezza attraverso l’arte.


In generale, cos’è per lei la bellezza?

Questa domanda è molto difficile

Lo so…

Secondo me la bellezza è tutto e niente nel senso che la bellezza è dettata tantissimo dai canoni sociali, dal periodo storico in cui viviamo e da quello che la massa pensa sia bello, promuovendolo tale.
La bellezza è sempre democraticizzata, nonostante io sostenga che esista della bellezza oggettiva che può non sedurre, ma sicuramente essere riconosciuta da tutti.
Prenda le sculture del periodo classico, per me quella è una bellezza che può piacere o non piacere ma, secondo il nostro imprinting storico, è considerata canonicamente bella.
Avendo una storia così lunga che è stata tramandata nel DNA degli esseri umani si è consolidata molto di più rispetto a un taglio di capelli che può essere considerato oggi bello e domani non più.
Determinati tipi di bellezza sono oggettivamente belli.
Poi ci sono altre forme di bellezza che sono soggettive perché dettate dal contesto socio-culturale o da stimolazioni visive e sensoriali che abbiamo sperimentato.

Quindi, per concludere: metaforicamente, è possibile indossare la bellezza come fosse una maschera?

Sì la si può indossare.
Una persona deve riempirsi di bellezza e questo non deve essere solo un fattore estetico.
Bisogna emanare bellezza, ma la prima cosa è imparare ad amarsi quindi a trovarsi belli per come si è.
Sempre legandomi al Transumanesimo, sono  un forte sostenitore del cambiamento fisico ed estetico in base a come questo possa far sentire meglio una persona tenendo conto del suo personale concetto di bellezza.
Sono pro chirurgia plastica se una persona la utilizza per sentirsi bene con se stessa e non per adattarsi a una moda o per piacere agli altri.
Questa è la cosa più importante: sentirsi bene con se stessi ed amarsi.


Scatti Fotografici di Arianna Bonucci

Mara Cozzoli

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