Matteo Vanzan racconta “Il surrealismo. The infinite madness of dreams”
Nel centenario del “Manifesto del Surrealismo scritto da André Breton nel 1924 ”Il Surrealismo: the infinite madness of dreams”, esposizione di oltre 60 opere dei principali artisti surrealisti allestita presso il Castello di Desenzano del Garda (Bs).con openingi sabato 23 marzo ore 10, si pone l’obiettivo di presentare un’estetica fondata sulle ricerche legate al sogno, all’inconscio, alla follia fino ad approdare al mondo dell’erotismo, del fantastico e del gioco.
Insieme a Matteo Vanzan, curatore della mostra, spieghiamo cos’è stato il surrealismo e non solo…
Una mostra che nasce nel Centenario del Manifesto del Surrealismo: raccontiamola.
Sì, esatto.
Quest’anno ricadevano i cento anni dalla scrittura e della pubblicazione a cura di Andrè Breton del Manifesto del Surrealismo.
Abbiamo, dunque, pensato di proporre all’amministrazione comunale, una panoramica generale su quello che è stato il surrealismo.
Non dobbiamo, infatti, mai scordarci che le opere d’arte sono arrivate in un secondo momento. Breton aveva teorizzato il surrealismo come una corrente letteraria che poi si è tradotta in altrettante poesie storiche.
Spieghiamo il Manifesto del Surrealismo ai meno esperti. Cosa dice?
Il Manifesto del Surrealismo non è stato altro che la teorizzazione scritta di tematiche che dovevano, in seguito, trovare riscontro nelle poesie e nelle opere d’arte.
Il tutto rispondeva al famoso automatismo psichico, cioè quel momento in cui un uomo o un artista scendevano sotto la superficie delle cose, quindi al di sotto la realtà, per indagare la libera espressione dell’inconscio, del mondo sogni, dell’eros e anche dell’inafferrabilità di un mondo sotterraneo e interno, che era indomabile.
D’altra parte, i sogni non li possiamo controllare.
Il tutto si riversa in un artista che, al di là di Salvador Dalì o Matisse, io considero il grande padre della pittura e dell’estetica segnica del Surrealismo: Max Ernst
Max Ernst inventa, infatti, il frotagge che è una tecnica attraverso la quale quest’ultimo sfregava la carta sulla superficie ruvida e otteneva questi segni che solo la sua immaginazione o il suo inconscio riuscivano a evocare dandogli un significato.
Questo è stato il Manifesto del surrealismo e il significato stesso del surrealismo.
Con alla base Sigmund Freud…
Sempre e solamente Sigmund Freud.
Quando Freud scrisse “L’interpretazione dei sogni” era il 1899, aveva già completato il suo trattato e doveva solo pubblicarlo, scelse però di aspettare il 1900 per procedere a pubblicazione.
Questo, dal punto di vista culturale e antropologico, è stato molto indicativo perché voleva dire che il nuovo secolo si apriva con una nuova indagine interna all’uomo.
L’inconscio e, la teoria psicoanalitica ne è la prova, può essere interpretato per conoscere noi stessi, le nostre problematiche, le nostre contraddizioni e i nostri limiti.
Tutto ciò è diventato un patrimonio per Breton e per tutti gli artisti surrealisti.
Altro grande teorico e tecnico è stato Giorgio De Chirico che con la sua metafisica, ai luoghi della mente, a quei silenzi assordanti, getta le basi per l’estetica surrealista.
Pensiamo alle opere di Salvador Dalì che sono intrise di surrealismo, ma è una piena metafisica che riprende anche la tecnica di pittura di Giorgio De Chirico che, peraltro, abbiamo in mostra.
Torniamo alla mostra. Sono esposte opere di collezionisti privati.
Quanto tempo ha impiegato e qual è il percorso che ha dovuto intraprendere per giungere al 23 marzo, giorno dell’inaugurazione?
La ricerca delle opera ha impiegato un anno e mezzo circa.
Dalla ricerca si è passati ai contatti con i collezionisti e, inseguito, al lavoro di conferma delle opere all’interno dello spazio espositivo.
Le opere sono state scelte in funzione di chiave di una chiave lettura per me molto importante: il segno calligrafico dell’artista.
Quando noi scriviamo, la firma o la parola scritte da noi sono fortemente identitari.
Non per niente abbiamo le indagini calligrafiche. Un noto psicologo ha svolto un lavoro di ricerca in cui spiegava la personalità dell’artista attraverso firma, incisioni e calligrafia.
È, dunque, il momento più libero che ha l’artista per dirci chi in realtà è perché il suo segno è identità surrealista.
Nella scrittura, ad esempio, l’analisi grafologica può portare in luce la presenza di un disagio e questo attraverso i segni, le dimensioni della scrittura stessa, la forma delle lettere e il rapporto con il foglio e i margini.
Infatti e, come dicevamo prima, non per nulla, il surrealismo nasce dalla scrittura.
Breton scrisse il Manifesto e chiamò poeti che scrivevano su un foglio di carta le loro poesie.
Quindi, è primariamente scrittura.
Dal punto di vista estetico, pensiamo a un quadro entrato nel panorama internazionale e conservato al MoMa di New York che è “La persistenza della memoria” di Salvador Dalì , se noi leggiamo l’opera da un punto di vista iconografico, vedremo che ogni forma inserita è racchiusa all’interno di una sottilissima linea di contorno.
Questa è l’estetica surrealista, quel segno calligrafico costituisce l’anima di Salvotor Dalì e poi trova piena espressione nelle incisioni fatte su carta che rappresentano la sua personalità.
Com’è struttura la mostra?
Non abbiamo voluto fare il solito dispiegamento di opere d’arte
Le opere, quindi, saranno tra le sessanta e le settanta accompagnate da poesie incorniciate e da un percorso didattico svolto in sintesi che spiegherà quali sono state le principali caratteristiche del surrealismo e il film d’autore.
Il surrealismo è stato uno stile di vita ed è stato anche svolto in letteratura, arti visive, in teatro e cinema.
La mostra vuole essere, conseguentemente, una mostra esperienziale che porti alla fine il visitatore a comprendere cosa è stato il surrealismo.
Il fatto che questa mostra sia stata proposta proprio per il centenario sottolinea l’importanza della preparazione culturale del curatore…
Io sono uno storico dell’arte e lo storico dell’arte è primariamente uno studioso che si occupa di ricerca.
Nel caso, per l’appunto del surrealismo, ho svolto un’indagine scientifica su cosa è stato il movimento.
Essendo una mostra d’arte, non può essere riempita di testi perché altrimenti diventerebbe un libro, ma viene svolta con una poetica romanzata per lasciare la libertà al fruitore di interpretare un opera o un percorso.
Se l’emozione è veicolata da troppe parole non sarebbe più libera, non sarebbe più pura.
Per concludere: c’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
Vorrei aggiungere che il surrealismo è stata, forse, l’unica corrente artistica ad avere valicato i suoi limiti storici.
È considerata l’ultima avanguardia artistica prima della guerre mondiali, poi la dispersione è stata inevitabile, si passerà all’informale che troverà, comunque, riferimento nel surrealismo e arriverà fino ai giorni nostri.
Una corrente artistica che ha avuto questa influenza, forse, è stata una delle correnti più forti che ci sono state nel Novecento.
Quindi, venite a vedere la mostra che chiuderà il 2 giugno.