Skip to main content
Milano più sociale. Periodico di informazione online

Dall’aggressione subita a Barletta, alle aggressioni ai sanitari. Intervista a Fabrizio Pregliasco.

| Mara Cozzoli |

Dallo spiacevole episodio che lo ha coinvolto a Barletta, alle aggressioni a danno dei danni sanitari per giungere, infine, all’attuale situazione del Sistema Sanitario Nazionale.
Dialogo, oggi, con Fabrizio Pregliasco,Direttore Sanitario IRCCS Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio e Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano.


Lo scorso agosto, a Barletta, nel corso della premiazione al suo ultimo libro “I super Batteri. Una minaccia da combattere” scritto a quattro mani con Paola Arosio, libro di cui, peraltro, abbiamo parlato anche nel nostro giornale, è stato protagonista di un episodio poco piacevole.
Cos’è successo?

Ritengo che quanto accaduto sia un po’ la punta dell’ice-berg di una situazione che sto evidenziando e subendo.
Come ha sottolineato poc’anzi, ero a Barletta per motivi non legati al Covid in quanto avevo preso un premio per il mio libro, un testo di divulgazione scientifica scritto con Paola Arosio sull’antibiotico-resistenza, un libro divulgativo al cui interno si trovano storie di persone il cui fine è raccontare al pubblico questo problema una questione, dunque, che sta emergendo e che guarda al futuro perché c’è il rischio di non avere antibiotici.
Ero uno dei premiati delle varie categorie.
La posizione era facilitante perché mi trovavo in un anfiteatro romano più basso, quindi, rispetto alla superficie.
Chi ha lanciato, ha lanciato dall’alto verso il basso, in una struttura conica.
Io avevo due fari puntati e non vedevo nulla. 
Parlavo del libro e, ad un certo punto, è venuto da sé che la conduttrice mi facesse una domanda sull’andamento attuale del Covid.
Mentre rispondevo ho sentito un botto, non c’erano polizia o vigili urbani e, di conseguenza, non si è capito chi sia stato e da chi sia arrivato.
È però evidente che il fatto sia circostanziato e che il richiamo al Covid ha fatto agire queste persone.

La sua esposizione mediatica le ha cambiato la vita, in molti le sono grati altri invece…

Sì, molte manifestazioni sono positive nel senso che la gente mi chiede i selfie, mi ringrazia, ma c’è anche, un piccolo numero di persone molto rumoroso.
Recentemente: ero in un parcheggio a Milano e una persona mi ha chiesto dove poteva pagare il biglietto e dove poter parcheggiare.
Io gli indico il luogo e questo mi ringrazia, quando però si è accorto che ero io, ha iniziato a insultarmi dicendomi che di me aveva una disistima totale e che ho rovinato l’Italia.
Sono arrivato al punto che non prendo più neanche la metropolitana.
Fino ai sassi erano stati solo insulti verbali.

Come spiega tutto ciò? Cosa evidenzia questo agire da parte della gente?

Sicuramente, questo clima accende i riflettori sulla sofferenza economica, ma anche sanitaria che durante il Covid abbiamo sofferto tutti.
Quindi, io e altri colleghi siamo diventati un po’ dei pungiball rispetto all’acuire di questa situazione.
C’è anche la voglia di dimenticare quel passato che, per certi versi, è naturale.

In quei momenti ci sono state anche strumentalizzazioni politiche.

Sì, ed è triste che questo avvenga in relazione a decisioni di sanità pubblica, sicuramente difficili, che è stato necessario prendere.
Credo che il Covid abbia fatto vedere una cosa angosciante, mi riferisco al fatto  che i cittadini hanno ascoltato opinioni diverse da parte di esperti, cosa normalissima, soprattutto in fase iniziale.
Il cittadino, secondo me ha, giustamente, pensato che se neanche noi non ci capivamo nulla era un problema.
Quest’angoscia ha fatto prendere atto che la natura ci frega e noi la inseguiamo.

Passiamo all’approccio alla vaccinazione, un operazione molto difficoltosa. Perché?

Da quando nel 1800 è stata introdotta la proposta vaccinale è sempre stato difficile raccogliere l’adesione di tutti.
Non è così immediata la percezione di utilità del vaccino rispetto al farmaco perché se ho mal di testa prendo un farmaco e risolvo il tutto avendone anche un beneficio diretto il vaccino, invece, è una cosa più aleatoria e, quindi, il cittadino non sa se effettivamente gli serve.
Questo strascico negativo si evidenzia in modo pesante nei chi ha fatto divulgazione o ricerca scientifica.

Più in generale si sta registrando un aumento dei casi di aggressione ai sanitari. Quanto influiscono la riduzione di risorse o servizi?

Noi pretendiamo i servizi ed è una bella cosa perché il nostro Sistema Sanitario non è da poco.
Se andiamo in Paesi confinanti con l’Italia, non c’è universalità e gratuità.
SI tratta di un diritto previsto e che vogliamo tutt che, purtroppo, non  sempre si riesce ad ottenere, in parte per ragioni di natura economica in parte per carenza di personale, un dinamica questa che non riesce appunto a garantire quanto richiesto, soprattutto nei punti più sensibili come il Pronto Soccorso in cui, spesso, peraltro, ci vanno persone che non dovrebbero andarci perché non hanno alternative e  perché non vi sono servizi intermedi.
Il Covid ha sottolineato, ad esempio, che in condizioni di emergenza  il dualismo medico di famiglia, solo soletto, un atomo disperso nel mondo e ospedale inteso come Pronto Soccorso sono i due livelli in cui il cittadino può ottenere assistenza.
Il medico di famiglia da solo, con orari limitati  in aggiunta al fatto che i medici di famiglia sono anche pochi, rende difficile la situazione perché mancano sistemi di vicinanza e approccio e, soprattutto, di presa in carico dei soggetti più fragili che sono tanti, circa il 30% della popolazione e che assorbe il 70% dei costi, soffre e vive male per l’assenza di servizi intermedi.
Circa la carenza di personale, i medici mancano.
Nello sono circa 30 mila e va detto che più che mancare sono mal distribuiti in funzione della specialità… tutti vogliono fare l’oculista o il dermatologo che, per carità, servono, ma nessuno vuole fare il medico d’emergenza per via di aspetti economici e di qualità di vita.
La crisi si risente sul personale d’assistenza, gli infermieri che sono la voragine e l’elemento fondante dell’organizzazione dei servizi.
L’aggressione avvenuta a Foggia secondo me va oltre, a mio avviso è stato un vero e proprio atto criminale mafioso, non è l’interessato che picchia perché attende un famigliare o è agitato perché ritiene che il malato non è assistito bene, questa è stata una spedizione punitiva, una problematica sociale che si sviluppa: punire i medici perché una giovane donna è mancata.

Forse, come dicevamo prima c’è questa pretesa che la medicina sia infallibile.

Esatto.
C’è questa perdita di rilievo dell’attività sanitaria, un tempo andavamo dal medico che ci diceva prendi la pillola gialla, ora tante cose sono in crisi, è in crisi quello che vogliamo, sono in crisi anche il consenso informato e l’adesione.. ci vuole tempo ed è chiaro che se non c’è tempo perché le risorse sono limitate rischiamo di firmare il consenso informato nella pre-sala anestesiologica del blocco operatorio.
I casi di pestaggio, racchiudono in sé tanti elementi: aspettativa, delusione, rabbia e difficoltà del personale che, adesso, fa anche corsi per schivare le botte e per ridurre il contenzioso rispetto a un comportamento più empatico.
Come primi interventi i Ministeri hanno proposto controlli e telecamere che è un pannicello caldo rispetto all’emergenza.

Non risolve il problema nella sua materialità.

Infatti.

Secondo lei, tutto questo disagio, fino a che punto può giustificare questi atti violenti?  E mi riferisco non solo a quelli che hanno toccato lei, ma anche quelli relativi ai sanitari in generale.

In un contesto civile non è giustificabile perché, a questo punto, cambia il patto ed è come succedeva nel passato remoto: se il paziente sopravviveva il medico veniva omaggiato, se moriva veniva ammazzato pure lui.
Insomma, si crea un rapporto tribale.
Viene messa in gioco la coesione sociae un ruolo rischia di diventare all’americana, del tipo se hai i soldi va bene altrimenti ti arrangi.
In tal modo, viene facilitato il passaggio alla diseguaglianza perché un Pronto Soccorso aperto 24 h su 24 ce lo scordiamo.
Paghi, mi fai vedere la carta di credito e ti faccio passare dall’ingresso controllato che apri, appunto, solo con la carta di credito.
Poi, magari, un esempio esagerato, il rischio  è che  la protesta di un famigliare perché vede l’anziano lasciato nel corridoio finisce con l’arresto in fragranza solo per aver alzato il dito e sottolineato che da dieci ore quest’ultimo non veniva cambiato.È sempre un equilibrio tra tanti elementi.

La colpa non può essere addossata al personale e questo è difficile da spiegare.

È chiaro, però a volte ci si mette anche il personale perché stressato…sono tanti gli aspetti.
Poi se uno è anche demotivato, come possono esserlo gli infermieri che vengono pagati un tozzo di pane, la voglia di fare può ridursi.

Perché le aggressioni fisiche o verbali il cui scopo è far valere le proprie ragioni ( e qui mi riferisco ai No-Vax) anche quando queste ragioni sono state smentite dalla scienza, stanno aumentando?
È una reazione alla paura?

C’è una contrapposizione perché c’è una perdita di autorevolezza delle istituzioni.
Chi è fuori dal coro, è quello che racconta la verità anche quando essa viene nascosta, questo è il meccanismo di una quota di complottisti che dicono che il sistema non funziona perché vogliono ammazzarci, il pronto soccorso non funziona perché vogliono ammazzarci piuttosto che ci inoculano un siero pericoloso e lo sanno e lo fanno apposta.

Il tutto è anche indice dell’epoca in cui viviamo.

Sì, perché non è solo un fatto italiano.
I social, in questo senso, aiutano perché sono divisivi e polarizzano.
I social network vivono di confronto e, come nei talk show, il confronto più aspro è quello che più appassiona.

Insomma, i social sonolo specchio della realtà.

Certo.

C’è da dire esiste la libertà di contestare ma con dati scientifici e certi alla mano, non con dati inventati.

Non ci credono, dicono che nascondiamo i dati, che non sono veri.
È impossibile un confronto. Qui è: i dati sugli eventi avversi li nascondete.
Loro sono convinti che ci sono, perché li hanno visti sui social, ma non li dimostrano.
Leggono sui social di morti improvvise che, fondamentalmente, ci sono sempre state ma di cui prima non sapevano nulla.

Come si riesce a creare dati fasulli? Lo fanno anche i siti web.


Sono informazioni volutamente costruite come ciliegine, magari andando a leggere e interpretando in modo decontestualizzato quelli che sono i risultati reali.
In sintesi: si va a guardare alcuni elementi, ma con una visione ideologia rispetto a quanto viene presentato e descritto.
C’è, dunque, una manipolazione parziale dell’informazione o addirittura bugie inventate.
Esistono anche pseudo articoli pubblicati da pseudo riviste scientifiche destinate a lettori poco esperti, privi di tutti i meccanismi di controllo che sono previsti per le riviste scientifiche più serie che non accettano qualsiasi cosa, sto parlando delle “riviste predatorie”,  in cui per pubblicare devi pagare e pagando ti fanno pubblicare qualsiasi cosa senza una verifica preliminare e valutazione da parte di esperti.

È il classico caso del “credo al dato che più mi fa comodo”?

Certo e, soprattutto, comunicato in forma di slogan e uno slogan “semplifica” la vita
La realtà, invece,  è variegata e molto più lunga e complessa da spiegare.

Per concludere, anche io voglio farle la domanda di rito: a che punto siamo con il Covid?

Il Covid c’è e rimarrà tra noi.
Siamo in un ambito di convivenza perché, purtroppo, questo virus avendo questa capacità di modificarsi ci frega e frega l’immunità ibrida che tutti noi abbiamo acquisito nel passato perché tutti noi, orma,i ci siamo vaccinati, infettati o infettati e poi vaccinati.
Ora il virus è anche più buono, è meno letale, ma ammazza quelle cento persone a settimana con andamenti ondulanti come quelli di un sasso nello stagno.
Ogni sei mesi arriva la variante nuova e, quindi, il rialzo dei casi.
È vero, nella gran parte delle persone sane e giovani la malattia è come l’influenza, magari blocca sul lavoro e fa stare male per qualche giorno, miete però vittime tra i fragili e gli anziani.
L’approccio è l’esigenza per loro di richiami vaccinali per rinforzare le difese immunitarie e tamponi faringei per poter usare, in particolare, negli anziani l’antivirale giusto che oggi è disponibile per evitare effetti più pesanti.

Quanto mi sta dicendo è indicativo del fatto che i vaccini hanno funzionato.

Sì, hanno funzionato.
Ovviamente, non hanno un’efficacia del 100%.
Hanno dato ottimi risultati nel ridurre gli effetti più pesanti della malattia come la morte e l’ospedalizzazione.



Mara Cozzoli

Leggi tutti gli articoli