“Echi del silenzio“, mostra personale di Cristina Sirizzotti per spiegare la violenza psicologica.
Si è conclusa lo scorso venerdì 6 dicembre “Echi del silenzio “, mostra personale di Cristina SIrizzoti svoltasi presso gli Spazi di ChiAmaMilano.
Un’ esposizione nel quale attraverso quattordici opere l’autrice è andata ad esplorare i meccanismi che si celano dietro la violenza psicologica, sottolineandone quelle che possono essere le disastrose conseguenze.
L’allestimento, che ha seguito una logica ben studiata, ha svolto la funzione di supporto alla delucidazione rispetto a un fenomeno estremamente complesso, coadiuvando a creare una perfetta fusione tra arte e informazione.
Artista poliedrica che si spinge ad utilizzare tecniche differenti e da sempre aperta a una sperimentazione che ingloba tanto il figurativo quanto l’astratto, ha narrato il cortocircuito emotivo che affligge le vittime di tale forma di violenza attraverso un perfetto e bilanciato uso del colore il quale ha svolto la funzione di voce narrante.
Ogni corpo, ben strutturato all’interno dell’opera e incarnante la tensione corpo-spirito, nel suo posizionamento e nella dimensionalità che assume rispetto alla tela è in grado di esprimere il processo di dolore, ma anche di presa di coscienza e relativa riappropriazione dell’identità perduta.
Importanti a creare uno stato di empatia nel fruitore sono, inoltre, gli sfondi che, opera per opera subiscono un decisivo passaggio da tonalità cupe e fredde a calde ed energiche.
Mentre in “Timidezza“ è posto in evidenza l’effetto frullatore che imprigiona la donna, la cui postura suggerisce l’atto di dissimulazione della realtà da parte della stessa che, lacerata nella propria autostima, giunge all’isolamento sociale, con “Violence“ l’amputazione dell’arto , l’esangue tintura della cute e il volto del quale l’espressione è appena percepibile in quanto saggiamente sfumata di rosso intenso, divengono indicativi di stanchezza fisica, frattura psichica e annullamento della dignità.
Un intreccio pittorico nel quale emergono paura e vulnerabilità nel sentirsi nelle mani dell’altro ma che, al contempo, diviene simbolo della vivificazione di un contesto sociale che tutto soffoca.
A tal proposito, la presenza di “Lucifero“ assume una duplice valenza.
Sotto un primo aspetto si tramuta nella personificazione della colpa collettiva che giustifica la brutalità attraverso il silenzio, un apparato che, pur di mantenere il controllo, abbassa lo sguardo innanzi all’intrinseca sofferenza.
D’altro canto incarna l’uomo dominante, le cui ali assurgono a emblema delle capacità insite in quest’ultimo di risucchiare la vita e la mente, un uomo il cui sistema di valori è completamente malato e ogni parola è veleno, ogni promessa è menzogna.
In “Autoritratto in pop art“ la situazione è completamente ribaltata.
Al centro la donna moderna che indossate le vesti di una guerriera, a seguito di un duro percorso di conoscenza di sé stessa, acquisisce forza interiore e, manifestando la complessità delle sue sfaccettature, affronta ogni sfida.
La protagonista si qualifica attraverso la scelta cromatica e ogni colore rappresenta una caratteristica della sua unicità: essere madre, professionista, amica, sognatrice.
Ciascuna parte di sé è una risorsa, fonte di resilienza che le permette di superare ogni difficoltà.
La sua potenza non è solo nel fisico, ma anche mentale ed emotiva.
Non è una sopravvissuta, bensì una vincitrice capace di riscrivere ogni giorno la propria storia con passione, audacia e speranza.
“È stato un onore per me poter rappresentate attraverso le mie opere le esperienze e le emozioni di donne che hanno subito la violenza sulla propria pelle“ dichiara Cristina Sirizzotti “le storie che mi sono state raccontate sono piene di dolore ma anche di resilienza e hanno ispirato ogni singolo dettaglio delle mie creazioni. Desidero ringraziare quelle donne che con coraggio hanno condiviso con me le loro esperienze, permettendomi di dar loro voce attraverso l’arte. Questo progetto è stato un omaggio alla loro forza e alla loro determinazione, costiutendo un passo verso una maggior consapevolezza“.
Video e montaggio a cura di Benny