“Ospedali dipinti“, quando l’arte diviene strumento di cura. Intervista a Silvio Irilli
Reparti che si tramutano in percorsi emozionali, ambienti in grado di emozionare che divengono parte di una cura.
Dialogo, oggi, con Silvio Irilli, artista noto a livello internazionale che ha trasformato i reparti di trenta ospedali tra i quali il reparto di radioterapia oncologica pediatrica del Policlinico Gemelli in vere e proprie opere d’arte le quali, animandosi insieme ai piccoli pazienti, fungono da ulteriore strumento curativo.
Ancora una volta, dunque, viene sottolineata l’importanza dell’arte quale strumento terapeutico partendo da un’ unica verità: il paziente non è un numero o un caso da seguire, ma una persona con le proprie paure, dubbi e sensazioni.
Iniziamo raccontando il progetto “Ospedali Dipinti”. Come nasce?
Il progetto “Ospedali Dipinti“ nasce circa dodici anni fa, dopo una prima richiesta che arrivò dal Policlinico Gemelli di Roma per allestire un corridoio del reparto di radioterapia oncologicadedicato ai bambini. La richiesta mi colpì molto.
Furono realizzatedelle pannellatureche rappresentavano il mare e i delfini che ebbero un bellissimo riscontro sui bambini.
Quali effetti ebbero su bambini e medici?
Facilitarono l’approccio dei medici sui bambini perché questi ultimi si distraevano, per loro era come non essere in ospedale, era come non essere dentro a un acquario.
Il riscontro, dunque, fu positivo.
Sì. Altri ospedali, mi chiesero la stessa impostazione.
Decisi allora di creare un vero e proprio progetto che chiamai Ospedali Dipinti con un concetto fondamentale: non chiedere mai, assolutamente, un centesimo alla sanità pubblica e agli ospedali.
Le opere, di grandi dimensioni, dovevano essere finanziate da onlus, fondazioni e aziende private.
Così è stato e devo dire che proprio questo è stato il grande successo del progetto, sono finanziamenti che vengono visti in poco tempo, c’è immediatezza e trasparenza che ha generato tanta fiducia tra le parti.
Ciò che mi colpisce di Ospedali Dipinti è che si forma sempre una grande squadra.
È vero che io sono l’artista che crea l’opera, però la firma più importante è quella di coloro che permettono la realizzazione del progetto che abbraccia il paziente in un momento molto delicato.
Cambiamo faccia ai reparti, li tematizziamo e creiamo un percorso emozionale lungo di essi.
Come scegli quanto vuoi dipingere? Ma soprattutto, come vengono decisi i colori che, peraltro, sappiamo avere un senso secondo la psicologia?
Ogni opera e il contenuto viene condivisa e valutata insieme ai medici, perché ogni reparto ha una patologia diversa e, quindi, si vanno ad ascoltare le tematiche migliori che possono essere rappresentate in quel reparto.
È anche vero che, nell’arco degli anni, sono sempre stati due gli argomenti maggiormente richiesti e che consentono l’interazione tra il paziente e l’ambiente: il mare, sviluppato anche per gli adolescenti, con versione cartoon per l’infanzia accompagnato da Capitan Delfino e la Sirenetta Sofia, e il bosco incantato per i bambini.
Un aspetto molto importante per me è dare luogo a un’influenza sul paziente, tutto ciò che viene creato non deve dare l’impressione di essere solo decorativo, ma deve andare oltre l’aspetto estetico.
In alcuni reparti pediatrici, io vado a costruire un aspetto gioioso perché nel tema del mare inserisco una mappa del tesoro e, dentro ogni opera, vengono inseriti una serie di elementi che i bambini vanno a ricercare per riportarli nella mappa. Terminata questa parte al bambino viene consegnato l’attestato di coraggio.
Questo consente di interagire anche con le associazioni che operano a livello di volontariato.
Per quanto riguarda i colori, è un aspetto istintivo mio.
È importante rendere caldo l’ambiente.
Cerco di utilizzare colori che trasmettono gioia.
In che modo l’arte influisce sulla componente emotiva? Perché di questo si tratta.
Ciò che è stato riscontrato a livello è che risveglia le sensazioni positive, quelle cellule che dentro al nostro corpo possono essere sollecitate da quel punto di vista.
Questi ambienti artisticamente trasformati con questi scenari che danno profondità, serenità ed emozione, su pazienti che hanno aspettative di vita di pochi mesi o sei mesi o un anno, hanno visto raddoppiarne l’aspettativa di vita.
Questi riscontri fanno capire come le nostre sensazioni e le nostre emozioni se sollecitate di sorpresa, portate in altre dimensioni che, anche per pochi istanti, possono fare sognare contribuiscono e affiancano l’aspetto di terapia.
Quali benefici ne derivano a livello psicologico? Benefici che, come spiegava poc’anzi, vanno anche a migliorare l’aspettativa di vita.
Una ricerca mirata fatta al Policlinico Gemelli mi ha molto sorpreso.
Sinceramente, non mi sarei mai aspettato questo tipo di riscontro.
Posso dirle che, prendendo come riferimento i bunker di radioterapia, i bambini (parliamo anche di bambini di tre anni) quando entrano e devono coricarsi su quel lettino rigido con intorno l’ accelleratore che deve andare a colpire, nel buio, in modo preciso le cellule tumorali, devono tassativamente stare fermi.
Ovviamente, i bambini difficilmente stanno fermi e, molto spesso, venivano addormentati con anestesia.
Grazie all’opera, cioè il sottomarino, al piccolo prima di entrare nel bunker viene raccontata una storia e lo fa immedesimare nel capitano di quel sottomarino.
In tal modo, il medico viene ascoltato con maggior fiducia.
Il bambino si corica sul letto e immagina che intorno a lui stiano nuotando delfini per proteggerli dal male che è rappresentato dallo squalo immaginario che, poi, è la malattia.
Questo ha permesso di escludere la parte invasiva dell’anestesia.
È esatto dire che, attraverso l’arte, in quel momento il bambino non pensa alla realtà che sta vivendo?
In parte, i bambini hanno la percezione di quanto sta accadendo, ma nel loro inconscio la percezione della gravità è minima. Chi ha davvero l’esatto quadro della situazione è il genitore.
Se noi siamo bravi a mettere a disposizione dei piccoli questa fase di gioco, anche in quella fase loro affrontano tutto in modo giocoso.
A volte, dopo essere stati nell’acquario che ho creato, dopo essere tornati a casa, chiedono ai genitori quando possono tornarci.
Questo è importante perché si toglie loro l’idea di stare dentro un ospedale.
Il percorso curativo, diviene effettivamente un gioco.
Sì, ed è una cosa che si vede immediatamente. Quando stavamo terminando la realizzazione della sala giochi, i bambini erano fuori e ci chiedevano: quando finite?
Quando sono entrati i loro occhi si sono spalancati.
Si sono messi subito a giocare.
Quello che mi spiegavano i medici è che prima, quando le mura erano grigie, i bambini trovavano difficoltà a uscire dalle loro stanze, perché essendo anche in una condizione fisica non buona un po’ si vergognano, con la realizzazione dell’Isola del Tesoro, il bambino quando il medico va a visitarlo in stanza, chiede a quest’ultimo di visitarlo sull’Isola del Tesoro.
Quanto la hanno emozionata questi bambini e quanto la ha emozionato il percorso artistico che sta portando avanti? Rientriamo nel concetto di umanizzazione delle cure.
Prima lavoravo per giornali e televisione, questa situazione ha cambiato totalmente la mia visione della vita.Ero un tipo molto introverso, me la prendevo per le sciocchezze.
Entrando a contatto con queste realtà, il mio modo di guardare e vivere le cose ha subito una metamorfosi.Ho trovato la serenità interiore.
Ho conosciuto direttamente situazioni dolorose.
Ho instaurato rapporti speciali con i parenti e le associazioni che, spesso, sorgono in memoria delle persone care che sono mancate per terribili e incurabili malattie .È un’esperienza molto toccante.
Dalla fase in cui progetta, a quella in cui arriva alla realizzazione, quanto tempo passa? Niente nasce da un giorno all’altro, dietro c’è tanto studio e lavoro.
C’è tanto lavoro, ma anche una piccola magia.Le opere non vengono dipinte direttamente sulle pareti degli ospedali, perché altrimenti occorrerebbe chiudere i reparti e ci vorrebbero anche dei mesi.
Io agisco come fa un sarto: prendo le misure dettagliate degli spazi, dopo di ché rientro in studio e inizia la parte artistico-operativa di creazione e immaginazione, una fase molto lunga, a volte, richiede uno o più mesi se è un reparto completo.
La magia sta nel fatto che l’opera è stampata suprodotti certificati e sanificabili.
Quando arriviamo la mattina se il reparto è tutto bianco, la sera è completamente trasformato con la grande sorpresa di tutti perché non sporchiamo e non diamo fastidio a nessuno: siamo fantasmi che portano magia.
Quindi, la parte più lunga è quella di studio e realizzazione.
Per concludere le chiedo: c’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
Questo progetto si muove a trecentosessanta gradi perché emoziona e sta vicino a pazienti e famigliari, affianca il medico, una figura eccezionale, professionisti che sono grandissime persone.
C’è un ampio coinvolgimento, non sono mai per l’io ma per il noi.
Amo condividere e poter coinvolgere.
Sono orgoglioso perché questo progetto è seguito anche dal nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella , dalle Istituzioni e dalla stampa internazionale. In questo momento un bambino ricoverato sta affrontando la malattia in una stanza bianca, grigia: il mio obiettivo e portare a lui il colore e cercare di continuare a farlo sognare il prima possibile.
Presto lo faremo con un grande progetto per il Sud Italia dove insieme all’Associazione ABC Amici dei Bimbi in Corsia con “Il Mare in Corsia“ trasformeremo il Reparto di Pediatria del Policlinico di Messina per poi tornare al Nord e realizzare un altro grande progetto insieme all’Associazione OBM “Sognare a Colori” per il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Buzzi di Milano, dove i bambini lotteranno per la vita che, mi auguro, possa essere a colori.