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Maurits Cornelis Escher, un artista non catalogabile.

| Mara Cozzoli |

Incisore e grafico olandese, Maurits Cornelis Escher nacque a Leeuwarden nel 1898.
A tredici anni iniziò a frequentare la scuola superiore di Amtheim, non risultò però essere un allievo modello tant’è che,  proprio quei giorni furono per lui un incubo; unico raggio di luce le due ore settimanali di disegno.
Risale al periodo scolastico l’opera “L’uccello in gabbia” che, per quanto ne mostrasse il talento, non venne apprezzata da coloro a cui venne affidata la valutazione.
Nonostante ciò, il padre di Escher decise che il figlio dovesse ricevere un’educazione scientifica e divenire architetto, date le capacità artistiche possedute.
Nel 1920 si trasferì dunque ad Harlem per studiare architettura sotto la guida dell’architetto Vorrink presso la scuola d’architettura e arti decorative.
Lo studio di questa materia non durò molto,  infatti, in pochi giorni apparvero chiare le reali attitudini del ragazzo verso le arti decorative.
Cambiò percorso scolastico, ma solo dopo aver attenuto il consenso del padre: De Mesquita divenne  suo autorevole maestro.

Studente diligente si applicò al lavoro eppure, in quel momento, fu escluso dalla dicitura “artista”.
Così lo giudicarono H. C. Verkyrsen e De Mesquita: È troppo ostinato, troppo filosofico, troppo letterario; mancano vivacità e originalità, è troppo poco artista”.
Abbandonò la scuola d’arte nel 1922 conseguendo una buona formazione basica e non solo.
Lo stesso anno fece un viaggio in Italia dove passò inverno e primavera a Siena, città in cui sorsero le prime incisioni su legno di paesaggi italiani.
Ad affascinarlo, Ravello, città situata sulla costiera Amalfitana.
In questo luogo Escher scoprì paesaggi e architetture in cui elementi romani, greci e saraceni si intrecciavano tra loro.
In seguito al matrimonio, fino al 1935 visse in Italia, spostandosi attraverso Abruzzo, Campania, Campania, Sicilia, Corsica e Malta.
Soggiornò anche in Svizzera, per breve tempo, insoddisfatto dalla poca ispirazione derivante dai paesaggi: architettura asettica, priva di fantasia e monti simili a blocchi rocciosi senza vita.
Ancor oggi è definito artista non catalogabile.
Così testimonia egli stesso: ”Un giorno una signora mi telefonò e mi disse: Signor Escher, sono affascinata dai suoi lavori. Nella sua composizione “Rettili” ha raffigurato in maniera convincente la reincarnazione”. Escher rispose: ”Se lei crede di trovarvi ciò, sarà così”.
Materialmente ne è esempio la litografia “Balconata”: lo spettatore che si trova innanzi ad essa focalizza la sua attenzione sulla pianta di canapa  posta al centro del quadro.
Attraverso quest’elemento, cercò di inserire come tema principale del suo lavoro l’hascish per rendere comprensibile all’intelletto l’intento psichedelico dell’intera opera. Importante sottolineare che, quando la compose,  “haschisc” fu solo una parola tra le innumerevoli altre inserite nel vocabolario.

Secondo la critica i titoli che diede alle creazioni e gli oggetti che ebbero a tema, portarono ad interpretazioni certo profonde, ma che non coincisero con le reali intenzioni dell’artista; Escher considerò infatti eccessivamente drammatici titoli come “predestinazione” e “sentiero di vita”, così come il teschio all’interno della pupilla di Occhio.
Specificò quanto segue: ”Non ho mai voluto catalogare qualcosa di mistico :quello che alcune persone giudicano misterioso, non è altro che un consapevole o inconsapevole inganno. Ho giocato ad un gioco, mi sono sbizzarrito in immagini mentali con nessun altro scopo se non quello di indagare la possibilità della rappresentazione stessa. Tutto ciò che presento nelle mie opere sono notizie circa la mia scoperta”.
È riscontrato che, per un certo periodo,  gallerie di grafica, anche olandesi, non si dotarono di un’adeguata raccolta delle opere di quest’ultimo, in virtù della mancata considerazione dell’uomo come artista.
Ad interessarsi a lui, inizialmente furono fisici, matematici e cristallografi.

Se difronte ad un’opera d’arte moderna ci si chiede cosa rappresenti con Escher è diverso, del resto,  anch’egli ebbe sempre dubbi circa la sua presenza nell’ambito del mondo artistico.
Prima del 1937 non sarebbe stato difficoltoso giungere ad una precisa  collocazione, in quanto concentrato unicamente sulla pittura.

Tutto ciò che reputò bello si tramutò in schizzi e disegni, fino a essere convertiti in incisioni, fotografie e silografie.
Dopo il 1937, la dimensione pittorica assunse ruolo secondario: a colpirlo simmetrie, strutture matematiche e infinito, argomenti che finirono per ossessionarlo.
Si proiettò così alla scoperta di porte ancora chiuse.
Ci troviamo effettivamente al centro di trattazioni che racchiudono in sé proprie leggi da individuare e studiare alle quali, infine, è necessario e d’obbligo attenersi; in quest’universo non esiste il caso.
Nel momento in cui volessimo pensare all’artista come espressione di sentimenti, non potremmo applicare questo ragionamento a Escher, almeno a quello posteriore al 1937, in cui l’opera è caratterizzata da razionalità.
Ciò che lo imprigiona sono le idee su equilibrio, struttura e continuità, elementi che affiancarono lo stupore circa il modo in cui gli oggetti si possono riprodurre su una superficie: idee non formulate a parole, bensì espresse attraverso il lavoro.
Per tal motivo si considera la sua produzione “razionale” e letterale: manifestò per mezzo di un’immagine quello che avrebbe potuto tradurre con parole.

L’opera di Escher è rappresentata da una serie di stampe che hanno per oggetto paesaggi dell’ Italia del Sud e settanta opere di impronta matematica.
In questi settanta quadri non si ripeté mai, eccetto per opere eseguite dietro commissione.
Per meglio apprendere il suo lavoro, occorre giungere a un’attenta analisi di ogni singolo quadro e inseguito leggerli insieme, tutti e settanta come fossero un “diario di bordo” delle esplorazioni dell’artista.
La predilezione dell’uomo per il contrasto bianco/nero trovò origine nel prevalere del principio dualistico all’interno del suo pensiero, dualismo che costituì le fondamenta della personalità di Escher.
Alla cerebralità e cura minuziosa con la quale progettò la sua opera, si contrappose la spontaneità della bellezza della natura, della musica, degli accadimenti più quotidiani dell’esistenza e della letteratura.
Escher si spense nel marzo 1972, padrone di una tecnica che plasmò con immenso virtuosismo.

Mara Cozzoli

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