Tutti all’inferno, l’alchimia nella Divina Commedia. Intervista a Giorgia Sitta.
“ Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita”.
È questo il noto verso con cui si apre la Divina Commedia.
Costituisce non solo l’incipit al primo Canto dell’Inferno, ma dell’opera presa nel suo complesso.
Il sommo Poeta nell’ambito di una lettera al Convivio, ammette la possibilità di una lettura non lineare, ma osservata secondo diverse angolazioni, seppur, a prevalere rimane pur sempre l’elemento spirituale.
Giorgia Sitta, psicologa clinica, in “ Tutti all’inferno. L’alchimia nella divina commedia” edito LeDueTorri, offre al lettore un’interpretazione che oltrepassa la traduzione letteraria e simbolica che tutti ormai conosciamo.
Seguendo principi alchemici, accompagna l’uomo alla scoperta di sé, del proprio talento e all’assunzione delle proprie responsabilità.
Buongiorno dottoressa Sitta, come prima cosa, le chiedo di presentarsi ai nostri lettori e a coloro che ancora non lo conoscessero.
Buongiorno Sig.ra Cozzoli, sono psicologa e mi occupo in particolare di alchimia e psicologia esoterica. L’amore che ho per queste due discipline nasce dalla mia ricerca interiore iniziata a metà degli anni 90, che ho studiato e sperimentato nella mia vita quotidiana e che da diversi anni sono anche il filo conduttore della mia vita lavorativa.
Lei è anche studiosa di mitologia e, rifacendomi al suo saggio, di alchimia, vorrebbe spiegare ai meno esperti in materia, quale relazione intercorre tra questi campi e la psicologia?
La mitologia e le “vicende” degli Dei descrivono perfettamente il comportamento umano, è un modo di guardare la nostra realtà con un occhio distaccato. Se pensiamo alle “storie d’amore” che si trovano nella mitologia greca, non sono per nulla diverse da quelle che ritroviamo, ancora oggi, nella nostra società. Se leggiamo superficialmente un mito, ci viene da sorridere e da pensare che siano storie più o meno belle, ma irreali, se lo stesso mito, lo leggiamo attentamente e con occhio allenato alla simbologia, scopriamo che sta raccontando una vicenda umana e molte volte, all’interno della stessa storia è contenuta anche la “risoluzione” del problema. Quindi possiamo leggere i libri di mitologia come dei testi di psicologia.
Lo stesso identico discorso vale per l’alchimia, anche se gli studi da affrontare sono molto più complessi e criptici. L’alchimia insegna la purificazione dell’essere umano, sia dal punto prettamente fisico, ma soprattutto dal punto di vista della personalità, per arrivare a manifestare la propria vera Essenza.
Come nasce l’idea di dare un’interpretazione alchemica della Divina Commedia?
Nasce da Dante, non certo da ricercatori come me. Lo stesso Poeta ha definito la sua opera polisensa, cioè con più significati e il meno conosciuto di tutti è sicuramente è quello anagogico, cioè spirituale, ma che lui stesso aveva detto che era il significato più difficile da scoprire.
Dante faceva parte del Fedeli d’Amore, una confraternita di ricercatori, fondata a Bologna dal Guinizzelli, che tramite la poesia, parlavano di anima e spirito.
Se l’alchimia è, in senso stretto, la trasformazione della materia, nel suo testo, la componente alchemica è che la trasformazione interiore dell’uomo, attraverso appunto un viaggio, che per Dante fu iniziatico, per noi ha il fine della ricerca del Sé.
Anche per noi è un viaggio iniziatico, che ha come fine la manifestazione del Sé, nella vita quotidiana. Dante ha diviso la sua opera in tre Cantiche, che sono esattamente le tre fasi principali dell’alchimia: Nigredo, Albedo e Rubedo. Noi pensiamo che la quando l’alchimia parla della trasmutazione del piombo in oro, sia una trasformazione della materia, ma in realtà è una metafora per indicare la trasformazione dell’uomo: il piombo della personalità deve essere “trasmutato” in oro del Sé, dell’Anima.
In “Tutti all’inferno” è molto esplicita quando definisce la Selva Oscura non come un luogo, bensì uno stato d’animo, l’attimo di smarrimento dell’uomo. Come si manifesta?
La selva oscura è il nostro inconscio, è il mondo sotterraneo che ci abita e che ci agisce, e noi esseri umani ne siamo inconsapevoli. Freud giustamente ha detto che ogni uomo ha un 90% di inconscio, questo significa che la maggior parte delle azioni e dei nostri pensieri sono dettati da questo mondo sotterraneo inconscio, ma che si manifesta nella vita di tutti i giorni. Lo stato infernale, è quindi vivere una vita senza la consapevolezza di se stessi.
La Selva Oscura, pone chiunque innanzi ai propri limiti. Secondo lei, quanto questi ultimi spaventano e impediscono all’uomo di raggiungere la beatitudine, intesa come serenità verso se stessi, gli altri e la vita?
L’inferno è una vera e propria “trappola” perché se da una parte è faticoso e destabilizzante rendersi conto dei propri limiti e altrettanto vero che questa condizione permette di non prendersi mai la responsabilità fino in fondo di ciò che di accade. Scoprire le proprie fragilità è doloroso, ma prendersene la responsabilità è estremamente faticoso, quindi per molte persone l’inferno diventa una condizione conveniente, so quali sono le mie difficoltà, ma non le risolvo, perché affrontarle significherebbe non avere più giustificazioni per non fare, per non cambiare il mio mondo.
Per quale motivo è necessario conoscere l’Inferno che si muove dentro?
È necessario e fondamentale, perché altrimenti si vive una vita non piena, non soddisfacente, non gioiosa, ma soprattutto perché non si può fare esperienza terrena dell’Anima.
Come ben spiega, il malessere, non avviene per caso. È un processo che nasce nell’anima, al termine del quale, quest’ultima fa una richiesta precisa.
Dobbiamo abituarci a vedere i malesseri fisici, psichici ed emotivi, come un richiamo dell’anima, a prenderci cura di noi, a metterci al centro della nostra vita, a “ribaltare” la visione della nostra quotidianità. La nostra anima, pretende la nostra decisione di essere felici e pretende la dedizione a questo scopo.
Per meglio spiegare, invece, il concetto di responsabilità utilizza la vicenda di Paolo e Francesca, amanti sfortunati, che incolpano un libro della loro situazione, senza mai fermarsi ad analizzare se stessi e il loro agire. Ed è proprio la mancata assunzione di responsabilità che impedisce all’uomo di fare quel passo che lo porterà al di fuori degli stati di cui parlavamo poc’anzi. Vuole spiegarci questo concetto? Quali sono le principali scuse che un individuo si racconta?
Dobbiamo ragionare in modo diverso da quello abituale legato al concetto di caso. Non esiste il concetto di caso, nella psicologia esoterica. Ciò che ci accade, serve per insegnarci sempre qualcosa e il nostro compito è scoprire l’insegnamento contenuto negli eventi significativi della nostra vita. Essere responsabili significa quindi comprendere profondamente questo concetto: ciò che mi succede ha un senso evolutivo, tutto sta nell’accettare questo paradigma di visione della vita e non pensare che esistano situazioni ed eventi casuali. Le scuse quindi principali che gli individui si raccontano sono quelle legate appunto al caso, al fatto che le cose succedano senza motivo, che le cose avvengono perché così è la vita.
Cosa accade attraversato lo stadio infernale? Quale strada per non ricadervi?
Attraversato l’inferno si entra nel purgatorio, cioè uno stato di consapevolezza dell’essere umano che sa che è responsabile di ciò che accade nella vita. Sottolineo la parola responsabilità, che non vuol dire colpa, ma bensì significa io ho la possibilità di scegliere come vivere gli eventi della vita. Non sono “risucchiata” emotivamente e psicologicamente da ciò accade, ma bensì, nonostante tutto ciò che accade, io posso vivere il mio stato interiore di consapevolezza e pace.
La strada per non ricaderci è tenere a bada la superbia: il credere di aver definitivamente risolto un aspetto della propria vita, o pensare di essere migliori degli altri perché si sta percorrendo una strada di consapevolezza è il modo migliore per ricadere all’inferno.
Quanto è difficoltoso per l’uomo imboccare la via che conduce al cambiamento?
Non esiste una strada più difficile, perché richiede amore, dedizione e costanza ogni singolo giorno della nostra vita.
Perché si è propensi ad alzare le barriere difensive?
Perché il lavoro su di sé mette a nudo, porta a vederci per quello che siamo, nel bene e nel male.
Inoltre dobbiamo sempre ricordare che tutti gli esseri umani hanno una parte nel proprio inconscio, che non desidera cambiare, perché ciò comporta la perdita delle certezze interiori, che invece si mantengono quando la vita procede in automatico. In alcune situazioni possiamo stare molto male, ma almeno ci garantiscono briciole d’amore, abbandonare queste dinamiche di sofferenza, comporta anche la perdita delle certezze che si hanno.
Pensavo alla pandemia che ci ha colpiti. Tra le conseguenze, la psiche di molti è entrata in crisi.
Si è effettivamente realizzato quanto descrive nel suo saggio?
Ciò che voglio dire è: il lock-down, ci ha imposto l’ascolto di quanto, magari, da tempo si agitava dentro e forse, non volevamo ascoltare?
Per alcune persone sì, il lockdown ha portato ad un ascolto interiore profondo e di conseguenza alcuni hanno preso decisioni importanti e hanno fatto cambiamenti importanti.
La maggioranza però no, invece che usare ciò che accadeva come momento introspettivo, sono stati presi dall’angoscia e hanno messo in atto ancor più comportamenti compulsivi, senza la benché minima coscienza di ciò che stanno facendo e di cosa stanno portando avanti.
In conclusione, un ringraziamento speciale alla Dottoressa Sitta per quanto ci ha donato.