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Frammenti dell’io. Intervista a Andrea Trisciuzzi.

| Mara Cozzoli |

Andrea Trisciuzzi assolve le proprie fragilità addentro mirabili pienezze plastiche, che liberano la verità del cambiamento…
L’autore romano, nel 2013, inizia a perdere la vista; ciò lo destabilizza, dapprima, per fortificare, poi, la realtà di una nuova personalità.
Nascono, così, atti scultorei, la cui natura è eteroglossa: dettagli materico/cromatici sposano l’intuizione e i sensi, in particolar modo, il tatto, sublimandosi in assoli peculiari e mutevoli.
Le opere coinvolgono nella verità di una viva mutazione, espressa attraverso le sublimi nozze di molteplici e intensi frammenti: l’uno artistico appare al ciglio donando, indi, all’osservatore, inesauribili istanti di meraviglia.

Il 2013 per te è un anno particolare.
L’impatto con quanto accaduto ha dato forma alle tue opere.
Raccontati e presentati.

Il 2013 è l’anno della sconfitta e della rivincita. È l’anno in cui la Retinite Pigmentosa mi ha messo al tappeto, dopo quarantadue anni di dura lotta, ha vinto. Mi ha tolto la mia autonomia ma soprattutto la mia creatività per come la conoscevo, come posso creare se non vedo? È stato l’anno più buio in tutti i sensi. La mia nera disperazione, si è trasformata prima in rossa rabbia, il rosso poi ha preso la forma di un fuoco, il fuoco mi ha scaldato ed è entrato in me bruciando i vecchi schemi composti da parametri che non erano più misurabili. Cosa mi rimaneva? Come dice il vecchio detto ‘Nella vita molto spesso rimane solo una cosa da fare…raccogliere i cocci e ricominciare.’ I ‘cocci’ per me sono creati dalla memoria e la creatività è immaginazione, nulla mi poteva frenare dall’immaginare e dunque a memoria avrei anche potuto portare in forma materica un’idea. Ho lasciato che le mie mani mi guidassero, dopo quarantadue anni di attività potevano certo avere una loro storia da raccontare. È stato come un ricongiungimento con un vecchio amore che non si è mai dimenticato e che si è sempre amato. Sentire le forme che prendevano vita sotto i miei polpastrelli mi ha ridato vita e io ho dato vita in cambio. È un flusso perpetuo di dare e avere con la materia che si trasforma. I famosi ‘cocci’ li ho associati a tessere di un puzzle, un puzzle che non é schematico se non lo si può vedere, ma un puzzle che rappresenta la vita in divenire, alcuni pezzi ci vengono dati altri dobbiamo crearli ed altri ancora si formano da soli con la nostra energia. È così che é avvenuta la rivincita contro una malattia che mi aveva tolto tutto, e tutto mi sono ripreso…un pezzetto di puzzle alla volta.

Dove non arriva la vista assumono fondamentale rilievo altre capacità sensoriali…

Il tatto ovviamente nel mio caso ha preso il posto della vista. Le mie mani hanno lavorato molto come se sapessero che un giorno sarebbero dovute andare da sole e si sono allenate per la gara più esigente e stimolante mai fatta. Sono il filo diretto fra il mio io interiore e il mondo esterno, il mio terzo occhio.

Nel 2021 ri-sorge “La sfera di Tiche”.
Tessere di un puzzle vanno a comporre una sfera, pezzi che, una volta incastrati tra loro, appaiono dare risposte ai perché di un’esistenza.
Quale messaggio di cela dietro tale opera?


La sfera di Tiche é la mia trasformazione materica del fato. L’antica Dea della Fortuna Tiche veniva spesso associata a qualcosa di misterioso, per il filosofo Boezio era quel qualcosa contro cui la volontà umana nulla può fare, per Aristotele la fortuna è una particolare forma di caso, una causa accidentale nelle cose, per me é l’unione fra varie energie dunque congiunzioni e scelte che portano ad un esito piuttosto che un altro. La forza di volontà é una di queste energie, il non vedere ma guardare lontano, un ossimoro reale per me. Ho immaginato come potrebbe essere il mio diario, le tessere che mi sono state date, quelle che ho raccolto durante la mia vita, quelle che si sono formate grazie all’energia creata dall’unione di alcune di loro e perché no anche dal fato o dalla Dea Tiche che ha voluto darmi alcuni numeri vincenti. La sfera non é perfetta, come non lo é la vita, ma é perfetta nelle sue imperfezioni. Nonostante la sfortuna, mi ritengo fortunato di poter continuare a creare e dunque a vivere.


La sfera di Tiche

Spesso mi sono trovata a osservare “Il ciclista” (scultura realizzata in resina nera): vi ho letto la dura corsa, il sacrifico, la passione e il lungo percorso di un individuo, che sfreccia veloce verso il traguardo ovvero la realizzazione dei propri sogni, indipendentemente da quali essi siano.
Vorrei spiegassi quale senso le attribuisci.

Il ciclista è la mia creazione preferita, non dovrei dirlo forse, ma é la scultura che meglio rappresenta il mio sentire. Con lei sono riuscito ad unire in un unico movimento forza, coraggio, bellezza e speranza che non deve morire mai, rappresentata dalle due ruote unite che riportano al simbolo dell’infinito. Ho sempre amato lo sport perché è purezza. La rappresentazione dei vari sport per me é stata e continua ad essere una sfida, trasformare la purezza in forma dinamica e semplice, come lo sport stesso.

Il ciclista

Una pedana e due schermitori nel corso di un assalto.
Mi immergo nella concretezza della scena e penso alla conflittualità insita nell’animo umano.
Con ogni probabilità però è altro che volevi comunicare..


L’animo sportivo puro non vuole mai ferire, é competizione allo stato puro, si vince solo grazie alle proprie capacità fisiche, ma soprattutto mentali. La forza di volontà é il motore, il fisico la carrozzeria per questo ho voluto unire l’uomo al mezzo, nel caso del ciclista con la bici, nel caso degli schermisti con il loro fioretto, come un estensione di loro stessi. Nessun mezzo ci porta veramente lontano senza la nostra volontà, e piegare, estendere e unificare il mezzo alla nostra volontà come espressione di noi stessi che ci permette di essere  “Spirito in Movimento”  che è il motto dei Paralimpici nei quali mi riconosco e sto lavorando per omaggiarli con tutto il mio cuore.

Sei uno scultore, allora ti chiedo: a livello emotivo, cosa caratterizza questa forma d’arte rispetto alla pittura?
Quale potere la contraddistingue?

Sono due forme meravigliose che viaggiano in parallelo e che a volte si uniscono, molti artisti hanno talento in tutte e due le forme e si esprimono magnificamente senza distinzione. Io in passato mi sono espresso anche con la pittura i colori possono trasmettere in maniera, molto immediata, anche se sempre personale stati d’animo e sensazioni. Ho quasi sempre però aggiunto qualcosa di materico anche se si limitava al colore stesso, la ricerca di tridimensionalità anche nel bidimensionale. La vista é il mezzo con cui la maggior parte di noi apprezza l’arte, ma non é certamente l’unico senso con cui si esprime. Nel mio caso ovviamente non posso più fare affidamento alla vista e dunque i colori non sono più un mezzo espressivo che posso guidare completamente… andrei veramente alla cieca. Allora mi viene spontaneo aggiungere la materia alla tela come guida, la mia opera su tela ‘Materia Prima’ infatti riflette esattamente questo. Se dovessi veramente identificare ‘un potere’ che ha la scultura per me è il potere di poter creare anche a occhi chiusi.

Gli schermidori



Quale significato ha, per te, vivere e respirare quotidianamente l’atto di creare?

Creare per me è vitalità.

Infine, se dovessi scolpire il futuro, quindi il divenire, l’evoluzione, quale soggetto o oggetto utilizzeresti?

La luce, un futuro fatto di tanta luce.

Frammenti dell’io, collettiva d’arte a cura di Maria Marchese e Valeriano Venneri

Inaugurazione

Giovedì 27 Gennaio 2022 presso “QUO IMMOBILIARIA”, Calle Canalejas 13, nella città di Alicante (ES).

Chiusura

Mercoledì 27 aprile 2022.

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Mara Cozzoli

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